Omelia (22-07-2018) |
Missionari della Via |
I discepoli ritornano dalla missione e condividono tutto quello che hanno detto e fatto. C'è la gioia, gioia che nasce dal trasmettere agli altri la nostra fede, perché più la condividi, più si accresce in te! C'è anche la gioia della fraternità, di quel sentirsi a casa, di quello stare bene insieme, possibile davvero solo quando al centro c'è Gesù. C'è anche quell'umiltà del dire ciò che si è detto e fatto, esponendosi al confronto, ai suggerimenti, anche alle correzioni, per crescere: in un mondo dove ci si atteggia da maestri, riscopriamo che la vera gioia è quella del farsi discepoli dell'unico vero Maestro. Vivere e amare sono un'arte che solo Dio ci può insegnare. Gesù con tanta tenerezza disse: venite in disparte e riposatevi un po'. È splendida la cura del Signore per i suoi, e in loro per ciascuno di noi. Ci aiuta a riscoprire l'importanza del silenzio e del riposo, per contrastare quel rumore continuo e quella frenesia della quale siamo un po' tutti vittime, nelle quali cadono più facilmente le persone di scarsa vita interiore: colmare col fare quello che manca nel cuore. Ma se tiri troppo la corda dell'arco, alla fine si spezza! Questa legge del silenzio diventa non solo una necessità psicologica ma anche un'esigenza dello spirito. Percorsi attraversati dai flussi continui di parole, di suoni, di emozioni, bombardati dalle immagini più affascinanti e spietate, lentamente non ci accorgiamo di non essere più padroni del nostro io, della nostra intimità. «Il filosofo Pitagora insegnava ai suoi discepoli che il sapiente non rompe mai il silenzio se non per dire una cosa più importante del silenzio» (G. Ravasi). Con il modo di vivere frenetico di oggi, quasi ci fa paura fermarci un po', curando la lettura, la meditazione, la preghiera, il riposo guai a "non fare!". ci ritroviamo a correre sempre, lasciando però indietro le nostre anime! Oppure far silenzio ci fa paura perché ci obbliga a guardarci dentro, a fare i conti con quelle difficoltà che non vogliamo vedere: ferite affettive, fallimenti, malattie inaccettate, incomprensioni e ingiustizie subite. Allo stesso tempo Gesù insieme agli apostoli si spende senza sosta per il bene delle anime e soprattutto ci rivela che le persone vengono prima delle cose che abbiamo deciso di fare. Tante volte andiamo in ansia se le cose non avvengono secondo i nostri schemi o le nostre priorità, Gesù invece ci insegna ad avere compassione e a saper discernere cosa viene prima. Tante volte se il coniuge vuole parlare e sentiamo che è nel bisogno, dovremmo avere la compassione di ascoltarlo e non anteporlo alla nostra occupazione e forse dovremmo essere compassionevoli verso la moglie che fa le faccende di casa e vorrebbe che qualcuno apprezzasse il suo faticoso lavoro che passa in sordina e così nella comunità religiosa dove un fratello può accusare la stanchezza e così a lavoro, qualsiasi lavoro facciamo dal cameriere al dottore abbiamo tante occasioni di essere compassionevoli verso colui che è insicuro e ci fa attendere, verso quello che non sa compilare un documento, verso quell'anziano il cui passo stanco non rientra nei nostri tempi di efficienze, verso l'ignorante o il litigioso. Questo principio vale insomma per tante occasioni di operare il bene che abbiamo nella vita. S. Giacomo ci direbbe: Chi dunque sa fare il bene e non lo compie, commette peccato (Gc 4,17). Quante omissioni di compassione esercitiamo nella quotidianità! Facciamo una riflessione sulla nostra disponibilità verso gli altri e impariamo a ritagliarci anche pochi minuti, ma ogni giorno, per fare silenzio, restando cuore a cuore con Dio, pregando, meditando la Parola, riflettendo. Quello non è tempo perso; a star con Dio, non ci si perde mai, ci si "guadagna" sempre. |