Omelia (22-07-2018)
don Alberto Brignoli
In disparte

Che bello, quando arriva l'estate! Soprattutto se riesci a staccare la spina anche solo qualche giorno per goderti un meritato riposo, magari anche in una località diversa e più amena da quella dove vivi abitualmente; magari in un luogo dove non faccia eccessivamente caldo, o per lo meno non ci siano afa, umidità e zanzare; magari in un alloggio, qualunque esso sia, dove non devi riordinare la stanza, fare il bucato, stirare con il caldo, "spadellare" per metà della famiglia...che buontempo! Peccato che duri poco (non esistono più le ferie di un mese al mare con tutta la famiglia...); peccato che passi tutto velocemente (a volte ci si impiega di più a fare il viaggio o a stare in coda al rientro che tutto il tempo della vacanza); peccato che a volte, dovendo fare la scelta obbligata di stare a casa, non riesci a rilassarti perché nonostante i paesi e le città si svuotino, gli unici che non vanno mai via sono gli imbecilli e i casinisti (quelli, cioè, che non hanno stagione, estate o inverno è lo stesso, va tutto bene, pure di rendere insonni le notti agli altri). Però, dai: è bello avere un periodo nell'anno - lungo o corto che esso sia - per ritirarci in disparte e riposare un po'. Fa davvero bene staccare la spina ogni tanto, anche se non sempre avviene in maniera equa (qualcuno la stacca "ogni" e qualcun altro "tanto"): ma nessuno nega i benefici del riposo.
Oggi, anche Gesù chiede ai suoi discepoli (che nel frattempo erano diventati "apostoli", perché stavano tornato da una missione, la loro prima missione) di "staccare la spina" e di mettersi un attimo in disparte per riposare un po', per evitare che ci vada di mezzo la loro salute (c'era un andirivieni di gente che impediva loro addirittura di trovare il tempo per mangiare...e ti credo, con tutti i miracoli che avevano fatto!), ma anche per far riposare la mente dalla gloria dei facili successi e dagli eccessivi entusiasmi della missione, con il rischio di rimanere un po' troppo al centro dell'attenzione e di dimenticare che, in fondo, erano comunque sempre "apostoli", "inviati", al servizio, e non padroni, della Parola.
In realtà, però, dietro questo "Venite in disparte" detto a loro da Gesù, si nasconde un tranello, un piacevole tranello, che aiuterà i Dodici a capire cosa significhi veramente "mettersi in disparte". Leggendo i versetti finali del brano che abbiamo ascoltato, e soprattutto con il brano di domenica prossima, riusciamo a capire che il riposo dei discepoli dura davvero poco: nemmeno il tempo di spostarsi con la barca da un lato all'altro del lago di Tiberiade (il punto più largo misura 20 km...) che il loro "luogo deserto e solitario" viene raggiunto da una "grande folla" definita da Marco "come pecore che non hanno pastore". E allora Gesù, preso da un sentimento che nella Bibbia gli umani non possono avere, ma solo Dio, quello della "compassione", dello stravolgimento viscerale tipico di una madre che porta in grembo un figlio, si mette a insegnare loro molte cose: e per fare questo, ha sicuramente bisogno dei suoi, perché poi - lo ascolteremo domenica, nella versione di Giovanni - si inventa anche di dare da mangiare a tutti... E tutto questo, nell'arco di poche ore, forse al massimo di una giornata: è già bell'e finita la vacanza dei Dodici? Non lamentiamoci, allora, se siamo costretti a fare vacanze "mordi e fuggi"!
Chiaramente, questo "Venite in disparte e riposatevi un po'" rivolto da Gesù ai suoi discepoli non ha il sapore del riposo fisico e mentale, che rimane comunque veramente necessario per affrontare meglio i periodi più duri dell'anno; Gesù ha un'altra preoccupazione, ossia quella di portare i discepoli "in disparte, in un luogo deserto", e la preoccupazione di Gesù è talmente importante che Marco la rimarca per ben due volte in pochi versetti. Il "tranello" di cui parlavo sopra è che Gesù vuole che i suoi discepoli si mettano in disparte per uscire dal centro dell'attenzione, per sottrarsi al chiarore abbagliante delle luci della ribalta, che impedisce di vedere il pubblico in platea e quindi di avere la percezione della realtà. Gesù vuole portare i suoi discepoli in un luogo deserto, solitario, ossia in una di quelle tante periferie esistenziali del mondo dove, in realtà, non troveranno il deserto, bensì la folla. Ma non sarà la folla plaudente ed entusiasta della platea, pronta a esaltare chi sta sul palcoscenico sotto i riflettori: sarà la folla assetata di Dio, affamata di Parola, affamata anche di pane, quel pane che verrà per loro moltiplicato da Gesù e distribuito dai discepoli.
Forse, in questo modo, i Dodici hanno imparato la lezione: non si tratta di prendersi o no periodi sacrosanti di riposo per stare in disparte rispetto alle attività quotidiane, a volte stressanti, a volte piacevoli, a volte sfiancanti perché deludenti. Si tratta piuttosto di tirarsi via dal centro della scena, dove essere apostoli che ammaestrano e fanno miracoli è gratificante, per andare nei luoghi solitari, nascosti, in disparte, dove vive un'umanità ai margini della storia che ha bisogno della nostra compassione.
Ma per fare questo, occorre avere gli stessi sentimenti del Dio di Gesù Cristo, che spesso, ci dicono i Vangeli, si ritirava da solo, in disparte.