Omelia (29-07-2018) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Lucia Piemontese A partire da questa domenica ascolteremo, suddiviso in brani, il capitolo sesto del Vangelo di Giovanni, dedicato al tema del Pane di vita. Oggi i primi 15 versetti, che presentano la narrazione del segno fatto da Gesù, la moltiplicazione dei pani. La scorsa domenica il Vangelo di Marco ci ha lasciati con lo sguardo di Gesù sulle folle, uno sguardo commosso perché erano come pecore senza pastore (Mc 6, 34). La liturgia inserisce a questo punto il Vangelo di Giovanni, ma senza interrompere la trama poiché anche seguendo quello di Marco avremmo trovato il racconto della moltiplicazione dei pani. Nel racconto di oggi, le coordinate del contesto sono fornite dalla narrazione: il luogo è il lago di Galilea e Gesù passò all'altra riva. Il tempo è che era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Queste due notazioni fanno trasparire subito uno sfondo pasquale, con l'esperienza dell'esodo dall'Egitto, la celebrazione della prima pasqua di Israele ed il passaggio all'altra riva del mar Rosso, la riva della libertà raggiunta grazie all'intervento potente di Dio. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli: la scena richiama anche nel linguaggio l'inizio delle Beatitudini (cf Mt 5). Gesù siede nell'atto di insegnare ai discepoli. E' importante notare, infatti, che il dialogo avviene fra Gesù e i suoi discepoli, i quali saranno profondamente coinvolti in quello che farà poco dopo. Allora Gesù, alzati gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo... Ci sono due azioni nel guardare di Gesù. La prima è che lo sguardo di Gesù è un alzarsi verso, esprime il suo essere in relazione ed anche la sua pronta disponibilità. Solo nell'episodio dell'adultera, di fronte agli accusatori ipocriti, Gesù chinatosi giù scriveva per terra (Gv 8,6). La seconda azione è un guardare nel profondo, è uno sguardo intelligente (intus-legere) che comprende bisogni e situazioni, non una semplice percezione visiva. «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova. Giovanni ci mostra un Gesù che si preoccupa di come sfamare tanta gente e che coinvolge nella sua compassione i discepoli. E' interessante confrontare questo con i racconti dei Vangeli sinottici nei quali leggiamo che sono i discepoli ad avvicinarsi a Gesù per dirgli di licenziare la folla affinché vada a comprarsi da mangiare nei luoghi vicini (cf Mt 14,15 e par). Incuriosisce la questione della prova: in che senso Gesù mette alla prova il discepolo? In cosa consiste questa prova? Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Filippo fa un rapido calcolo e conclude che anche se avessero una grande somma, non basterebbe per sfamare tutta quella gente. Filippo guarda al tanto che non posseggono. La sua risposta si condensa in due parole: non possiamo! «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?» Si fa sentire la voce di un altro discepolo dal carattere diverso, Andrea fratello di Pietro il quale interviene con entusiasmo e generosità. Andrea constata che qualcosa ce l'hanno, ma è troppo poco e quindi sono al punto di prima. Entrambi arrivano alla stessa conclusione. Gesù li ha voluti condurre proprio a questo punto, attraverso la sua prova. Però poi valorizza quel poco che hanno e compie su quei cinque pani le azioni dell'Eucaristia: Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Questa è una scena di abbondanza e di cura ad "oltranza". L'evangelista sottolinea la sazietà che sperimentano le folle, quindi non un boccone a testa ma ce n'è addirittura d'avanzo. Però, nonostante possa offrire pane a volontà, Gesù fa quella raccomandazione così particolare a che nulla vada perduto. Questo significa che il pane da Lui moltiplicato è prezioso di per sé, ma vuol dire anche altro. Infatti, quel pane va conservato per qualcuno, per altri da sfamare e saziare. Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Il numero dodici rimanda agli apostoli, i quali diventano i responsabili di questi canestri colmi del Pane di Gesù. Giovanni, a differenza dei sinottici, mette anche l'accento sul tipo di pane, pane d'orzo (vv. 9 e 13). * * * * * Filippo, Andrea, il ragazzo dei pani... noi Per cogliere uno dei messaggi del Vangelo odierno, dobbiamo sostituire alla parola "discepoli" un bel "noi" e al nome "Filippo" il nostro nome e così via. In altre parole oggi Gesù invita noi al dialogo con Lui su questa questione fondamentale: la fame dell'essere umano, il suo bisogno di essere sfamato. Nel contesto di un segno che prefigura l'Eucaristia e quindi il fatto che Gesù sfama noi, Egli ci coinvolge ad occuparci della fame altrui. Gesù ci insegna ad usare gli occhi. Il suo sguardo è attento a cogliere i bisogni, non è distratto né indifferente, ma è intenzionalmente rivolto verso ogni persona. Se al tempo dei nonni, ci insegnavano a salutare la persona che si incrociava sulla strada, ora - nel tempo della spersonalizzazione del web - quando incontriamo un altro lo ignoriamo, spesso abbassiamo lo sguardo, restiamo indifferenti e chiusi in noi stessi. Gesù, invece, alza gli occhi e guarda nel profondo e ci vuole rendere partecipi del suo sguardo, ci vuole dare i suoi occhi per vedere bene. Gesù ci insegna oggi a guardare i volti, le rughe, le espressioni, le mani, i corpi, le assenze di sorriso, gli sguardi che chiedono aiuto laddove le parole non osano uscire e i cuori non riescono a sperare. Ci vuole compagni nel riconoscere la "fame" dell'altro che ci sta davanti. La seconda cosa che il Signore ci insegna è che dobbiamo renderci responsabili nei confronti della "fame" degli altri. Questa "fame" tra virgolette è sinonimo di molti bisogni e non solo di quello fisico del mettere qualcosa sotto i denti. Quello c'è, è evidente e va soddisfatto, ma ci sono anche le fami più nascoste, quella di affetto e amicizia, di stima, di relazioni buone, di comprensione, di sostegno, di consolazione, di rassicurazione. Gesù, con la sua domanda che mette alla prova, ci invita a guardarci dentro e a renderci disponibili in quello che siamo e abbiamo, ci scuote per farci uscire dall'egoismo e farci entrare nella solidarietà e, ancor di più, nel suo modo d'amare che si chiama carità. Gesù ci invita a vivere quello che mirabilmente dice san Paolo: Caritas Christi urget nos, la carità di Cristo ci spinge (2Cor 5,14). Il Vangelo ci mostra, poi, le misure del tanto (duecento denari cioè la paga di molti mesi per un operario) e del poco (cinque pani d'orzo) ma la conclusione a cui ci fa arrivare è che quello che abbiamo non basterebbe e che non dobbiamo preoccuparci del quanto. Gesù vuol portarci a questa consapevolezza: da soli non siamo in grado di sfamare proprio nessuno, non siamo in grado di colmare e soddisfare nessuna fame, neanche quella dei più vicini a noi. Questa nostra povertà può essere colmata solo da Lui. Per questo è bello e importante notare che Gesù chiede: dove potremo comprare il pane... Non dove puoi ma dove potremo. Gesù usa il plurale, perché sa che questo pane necessario agli altri lo possiamo provvedere solo insieme con Lui e Lui lo vuole provvedere con noi. Cinque pani d'orzo: un pane da poveri Il ragazzo che non ha nome ha cinque pani d'orzo. In questo c'è tutto il senso di una povertà. Il pane d'orzo, infatti, era il pane dei poveri e degli schiavi. Il numero ha il significato di "alcuni" (cf Lc 12,6; 1 Cor 14,19) e però fa riferimento anche alle dita della mano e quindi alla sua possibilità di essere aperta o chiusa, in atto di donare o trattenere. Affidiamo a Gesù la nostra povertà ed avremo in custodia un canestro sempre pieno. i frammenti custoditi Che bella la cura di Gesù per i frammenti! Ma cosa significa? Non è certo un semplice risparmio degli avanzi. Ci viene subito da pensare all'attenzione che prestiamo ai frammenti eucaristici, ma c'è anche altro nella linea di lettura che stiamo seguendo. Intanto dobbiamo notare che questo invito di Gesù a non perdere nulla si trova solo nel IV Vangelo. Proprio nello stesso capitolo 6 di Giovanni leggiamo: Ora, questa è la volontà di Colui che mi ha mandato: che nulla vada perduto di ciò che mi ha dato, ma io lo risusciti nell'ultimo giorno (Gv 6,39), ma anche in altri testi è espressa l'attenzione del Signore a non perdere nessuno (cf Gv 17,12; 18,9) o a cercare ciò che era perduto (cf Lc 19,10). Ecco allora che in questi frammenti che non devono andare perduti dobbiamo ancora vedere la cura di Gesù per l'umanità, per i frammenti di umanità e per l'umanità che va in frammenti, in pezzi sotto il peso di tante difficoltà e tentazioni. Per ogni frammento di umanità è pronto e custodito un pezzo del Pane di Gesù. Le altre letture Nella prima lettura, l'episodio del profeta Eliseo - oltre ad offrire una prefigurazione antico testamentaria dell'Eucaristia - mette in luce l'abbondanza straordinaria che sprigiona dall'azione di Gesù: là 20 pani per cento persone, nel Vangelo 5 pani per cinquemila. La seconda lettura invita a conservare l'unità dello spirito, e insiste sull'essere uniti in un solo corpo, nella fede, nella speranza e nell'opere. Le parole di Paolo ci aiutano a comprendere che Eucaristia e comunione tra fratelli sono una cosa sola: non si realizza davvero la Comunione eucaristica se allo stesso tempo non si realizza quella fraterna. |