Omelia (05-08-2018)
Missionari della Via


Prosegue il discorso di Gesù sul pane vivo; domenica scorsa ha moltiplicato i pani, presentandosi come il Messia atteso: più profondamente, egli si presenta come Colui che nutre la fame dell'uomo, figura dei suoi bisogni più profondi, del suo bisogno di vita, di amore, di eternità. Oggi vediamo che le folle lo inseguono; dapprima non lo trovano quindi, dopo averlo trovato, quasi in tono di rimprovero gli dicono: ma quando sei venuto qui? Com'è che non ci hai avvisato?

Gesù sa che lo cercano non perché hanno capito il senso del miracolo, ma perché si sono fermati "alla buona mangiata"; perciò fa un invito ben preciso: Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Che significa? Certamente è giusto darsi da fare col lavoro quotidiano per avere di che vivere e "realizzare realizzandosi"; ma qui il Signore ci dice: cercate me al di sopra di tutto, datevi (ancor più) da fare per ciò che vi fa vivere per sempre.

E tu cosa cerchi al di sopra di tutto? Per chi vivi? Per che cosa vivi? Qual è il tuo obiettivo ultimo della vita? Se il lavoro, se i soldi, il piacere, la carriera diventano il tuo fine ultimo, stai rischiando di fallire: se al di sopra di tutto cercherai il Signore, la sua volontà, di fare del bene con le tue capacità, allora farai centro.

Dobbiamo cercare la santità al di sopra di tutto, cioè l'amicizia con Dio. E farsi santi è alla portata di tutti: la santità non consiste anzitutto nel fare cose straordinarie, ma nel lasciare agire Dio. È l'incontro della nostra debolezza con la forza della sua grazia, è avere fiducia nella sua azione che ci permette di vivere nella carità, di fare tutto con gioia e umiltà [...] C'è una celebre frase dello scrittore francese Léon Bloy; negli ultimi momenti della sua vita diceva: «C'è una sola tristezza nella vita, quella di non essere santi». Non perdiamo la speranza nella santità, percorriamo tutti questa strada!" (papa Francesco).

I giudei allora pongono una domanda: cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio? E Gesù: questa è l'opera che dovete fare: credere in me. Qui vediamo la tentazione di tanti: ridurre la fede a una serie di cose da fare. Le opere sono certo importanti, ma prima di fare qualcosa per Dio, Dio ci chiede di lasciarlo fare nella nostra vita, riconoscendoci bisognosi di lui, lasciandoci amare, perdonare, accettando che sia Lui a salvarci e a guidarci con la sua Parola. Quante volte facciamo tante cose, anche per Gesù, ma senza Gesù? Identificandoci con ciò che facciamo, per primeggiare, per sentirci a posto. O quante volte pensiamo che il tempo dedicato alla preghiera, alla meditazione della Parola sia tempo sprecato? Quante volte ci facciamo prendere, nelle parrocchie e nelle comunità, dalla febbre del fare?

Allora i giudei chiesero a Gesù: quale segno compi perché ti crediamo? I nostri padri hanno mangiato la manna che gli ha dato Mosè. E Gesù sottolinea: guardate che la manna non ve l'ha data Mosè, ma il Padre mio. E ora egli vi dà la vera manna, il vero pane del cielo che è una persona, discesa dal cielo per saziarvi. Dunque Gesù, avvicinandoci al mistero grande dell'Eucaristia, ci dice che questo "pane che viene dal cielo" è una persona: una persona che è pane. Sembra strano! Ci fa capire che è credendo in una persona che noi siamo saziati. C'è una persona in grado di colmare il nostro cuore. Credendo in questa persona, è saziata quella fame di senso che ci portiamo dentro: capiamo chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. È saziata la fame di amore: ci riscopriamo amati da sempre e per sempre, e questo amore entra in noi, ci sfama. È saziata la fame di eternità: mangiando di questo pane, diventiamo immortali. È saziata la fame di verità su Dio e su di noi.

Ecco allora che i giudei dicono a Gesù: Signore, dacci sempre di questo pane! E Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». Gesù si definisce come unico vero cibo per noi, come Colui in grado di saziare quella fame di vita, di amore e quella sete d'infinito che abbiamo dentro: Vivere l'esperienza della fede significa lasciarsi nutrire dal Signore e costruire la propria esistenza non sui beni materiali, ma sulla realtà che non perisce: i doni di Dio, la sua Parola e il suo Corpo. Tante offerte di cibo non vengono dal Signore ed apparentemente soddisfano di più... Impariamo a riconoscere il pane falso che illude e corrompe, perché frutto dell'egoismo, dell'autosufficienza e del peccato... Alcuni si nutrono con il denaro, altri con il successo e la vanità, altri con il potere e l'orgoglio. Ma il cibo che ci nutre veramente e che ci sazia è soltanto quello che ci dà il Signore. Gesù ci dona questo cibo, anzi, è lui stesso il pane vivo che dà la vita al mondo. Nell'Eucaristia si comunica l'amore del Signore per noi: un amore così grande che ci nutre con se stesso; un amore gratuito, sempre a disposizione di ogni persona affamata e bisognosa di rigenerare le proprie forze" (papa Francesco).

Sì, solo Dio sazia, non dimentichiamolo mai!