Omelia (15-08-2018)
don Luciano Cantini
Come le doglie una donna incinta

Il tempio di Dio che è nel cielo

le comunità cristiane del primo secolo sostenevano di non avere bisogno né di tempio, né di sacerdoti e né di offerte, perché Cristo era tempio, sacerdote e offerta. Per i romani dell'impero era impensabile una religione senza tempio, sacerdoti e offerte di cose o animali, per questo i cristiani furono ritenuti dei senza Dio punibili con la pena di morte. Il libro della Apocalisse fu redatto tra il 90 e il 120 dC, in pieno periodo di persecuzione, in quella situazione bisogna situare le immagini ricche e complesse che arrivano a noi con un linguaggio, mutuato dalla mitologia, dalle tradizioni orientali e dalla apocalittica giudaica che non ci è proprio, non facile da decriptare.


Un segno grandioso

I segni nel cielo avevano nella rappresentazione apocalittica una valenza di portata cosmica tale da determinare il corso della storia, sono indice che qualcosa sta cambiando, che è necessario mettere attenzione alla storia, agli eventi che ci coinvolgono. Questo valeva per la prima comunità su cui incombeva la persecuzione ma vale anche per noi oggi soffocati dalle insicurezze, offuscati dalle paure.


Una donna vestita di sole

Nell'identificare questa "donna" occorre essere molto prudenti, vi troviamo reminiscenze mitologiche della regina del cielo (cfr. Ger 7,18) signora del giorno e della notte, come la raffigurazione tipica del mondo orientale dei popoli e delle città (cfr: Is 1,8 in cui Gerusalemme è chiamata "figlia di Sion"). Nell'apocalittica giudaica le dodici stelle richiamano le tribù d'Israele. Nel medioevo, dunque molto tardivamente, si vide nell'immagine della donna la Vergine Maria. "La donna non è né Maria, né Israele, né la Chiesa, bensì è meno e più di tutti questi referenti" (M.E.Boring). Questa immagine riflette l'esperienza storica del Popolo di Dio lungo i secoli dall'Israele alla Chiesa, dalla schiavitù dell'Egitto ai nostri giorni.

Le doglie del parto non fanno presagire nulla di buono, anche san Paolo afferma: E quando la gente dirà: «C'è pace e sicurezza!», allora d'improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta (1Tes 5,3).

La scena è davvero drammatica, la donna che gridava per le doglie e il travaglio del parto fanno immaginare tempi lunghi e dolorosi, mentre - lo sappiamo bene - all'improvviso avverrà la nascita. La sofferenza è segno di un passaggio, una chiamata ad andare oltre, a non chiuderci nell'auto contemplazione fine a se stessa, né ad opporsi al divenire degli eventi. Guardiamoci intorno, non rinserriamoci nel buio della nostra esistenza, non è che chiudendo gli occhi sparisce la sofferenza dalla terra, la povertà e il dolore sono più vicini di quanto pensiamo ma con l'aiuto di tutti e la solidarietà anche il dolore e la sofferenza sono capaci di generare qualcosa di nuovo e di diverso.


Un figlio maschio

L'immagine cede i toni della drammaticità e della tragedia annunciata, la donna partorisce un figlio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro. Ecco, colui che è stato annunciato dai secoli (cfr. Sal 2,7-9), colui che è nato è già sul suo trono. Ciò che è passato è già nel futuro, non è ancora totalmente passato che già possiamo contemplare "Ora" che si è compiuta la salvezza. La comunità giovannea si trova davanti ciò che è già compiuto nel divenire incerto e fragile della storia difficile da affrontare. È proprio lei nella sofferenza del parto che continuamente genera il Messia, giorno dopo giorno, nel buono e nel bello che riesce a diffondere nella storia degli uomini, in ciò che l'umanità apprezza e in quello che il mondo non riesce a apprezzare, nella ostilità e nella incomprensione. Vivere l'esperienza cristiana non è senza rischio né senza travaglio.


Fuggì nel deserto

Il deserto è luogo della prova, ma anche della maturazione, è luogo della fatica nella sopravvivenza ma anche quello della liberazione, è luogo del nulla ma anche quello del Tutto, dell'assenza e della presenza di Dio. La comunità cristiana vive il suo deserto, nella costante verifica di se stessa e nell'affinarsi nel comprendere l'amore del Padre.