Omelia (26-08-2018) |
diac. Vito Calella |
La scelta spetta a te È finito il discorso sul pane, fatto nella sinagoga a Cafarnao (Gv 6, 59). Ora è giunto il momento di fare una scelta libera di fronte al dono delle parole del Maestro e Signore della nostra vita. In altre parole: un appello alla nostra fede. La responsabilità della nostra risposta al dono di Dio che si auto comunica a noi, non solo a parole, ma soprattutto con i fatti è anche il messaggio che ci viene dalla prima lettura. Ci ricorda l'assemblea «degli anziani di Israele, dei capi, giudici e scribi» a Sichem. Giosuè interrogò tutti i responsabili del popolo dicendo in nome di Dio: «Dite: chi volete servire?» La famiglia di Giosuè scelse di servire il Signore e ripudiare gli dei popoli vicini. Tutta l'assemblea decise: «Anche noi serviremo il Signore perché egli è il nostro Dio». Quella risposta venne dal ricordare ciò che Dio aveva fatto: l'opera della liberazione dalla schiavitù d'Egitto e il suo accompagnamento fedele in tutto il cammino per il deserto fino alla terra promessa. Ci vantiamo della nostra libertà di scelta e la pretendiamo come un diritto. Applichiamola alla nostra fede! C'è per noi la rivelazione del dono di gratuità offerto dal Padre, per mezzo del suo Figlio, Gesù Cristo, attraverso il suo corpo inchiodato sulla croce e il suo sangue versato per la remissione dei nostri peccati. Nel mistero pasquale c'è il dono gratuito della nostra vera liberazione, c'è l'offerta della salvezza che consiste nella vita eterna, cioè nel dono dello Spirito Santo, forza dell'amore gratuito capace di dominare tutti i condizionamenti del nostro egoismo. Il dono divino è gratuito, e proprio per questo, rispetta la nostra libertà, è un appello alla responsabilità della nostra personale risposta. Il dono delle parole di Gesù, confermate dall'evento della sua morte e risurrezione, è Parola che ci mette in crisi, Parola che ci pone di fronte alla scelta di affidarci al dono dello Spirito Santo, Parola che ci pone di fronte alla scelta libera della sequela di Cristo o del suo rifiuto. Le parole di Gesù ci mettono in crisi. «Molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: "Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?"». Segue la mormorazione a causa dello scandalo. Le parole di Gesù sono di inciampo alle esigenze appaganti del nostro egoismo, alle nostre scelte quotidiane dettate dalla paura, dal piacere e dal potere, che difendono il nostro "io". Un assaggio ci viene dalle mormorazioni di tanti cristiani di oggi, di fronte all'ascolto della Parola di Dio sulla vita matrimoniale, così come ci sono state presentate dalla lettera agli Efesini ascoltata in questa domenica. Ci mette in crisi il ritorno al Padre di Gesù? «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?» Ma chi ce lo fa fare a credere in Gesù, che non vediamo? Chi ce lo fa fare a seguire Gesù che non risolve tutti i nostri problemi quando lo invochiamo? Chi ce lo fa fare a scegliere una vita in perdita? Chi ce lo fa fare a uscire dalla logica comune di tutte le nostre relazioni basate sulla legge del "io do se tu mi dai"? Le parole di Gesù ci pongono di fronte alla scelta di affidarci al dono dello Spirito Santo. «È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita». La carne non giova a nulla: dire "carne" è dire esistenza umana, è dire la nostra umanità con tutte le sue capacità di autogestione, di autorealizzazione: «Non giova a nulla». Da soli non ce la facciamo a gestire la nostra esistenza conferendole un senso capace di darci pienezza di felicità, pienezza di dignità, rispetto profondo di noi stessi e degli altri. Siamo limitati, nonostante l'arma potente che abbiamo in noi della nostra libertà di scelta, a partire dalle nostre opinioni e aspirazioni. Da soli non ce la facciamo! «È lo Spirito che dà la vita!»: ecco la proposta del dono che ci viene dal Risorto ritornato alla casa del Padre. Ecco il dono divino di gratuità messo a disposizione perché le esigenze dure delle parole di Gesù si possano concretizzare nella nostra vita, per farci sperimentare nuove relazioni libere dalla mentalità corrente e dominante del "io do se tu mi dai". Nessuno può diventare discepolo di Gesù se non invoca ciò che gli è concesso dal Padre: il dono dello Spirito Santo. Le parole di Gesù ci pongono di fronte alla scelta libera della sua sequela, o del rifiuto. Le parole di Gesù non ci costringono, ma appellano alla responsabilità della nostra libertà. La fede è la nostra scelta affermativa di metterci alla sequela di Cristo. Oggi il Vangelo ci pone di fronte a due esempi opposti, che diventano simbolici per ciascuno di noi: l'esempio di Giuda e l'esempio di Pietro. Sta a noi decidere da che parte stare. La scelta di Giuda è una possibilità del rifiuto, dell'abbandono. Gesù ce lo dice chiaramente: «Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». L'evangelista Giovanni commenta: «Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. La scelta di Pietro è l'altra alternativa consegnata alla nostra responsabilità. «Disse allora Gesù ai Dodici: "Non è che volete andarvene anche voi?". Gli rispose Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio"». Custodiamo nel cuore e nella mente la risposta di Pietro, ma teniamo presente anche il dramma del rifiuto e dell'abbandono: la scelta spetta ad ognuno di noi. |