Commento su Gs 24,1-2.15-17.18; Sal 33; Ef 5,21-32; Gv 6,60-69
La liturgia di domenica scorsa continuava ad esporre il messaggio del Cristo quale pane disceso dal cielo. Gesù si rende conto che le folle non hanno ancora capito qual sia la differenza fra il cibo che dura in eterno e la manna che finisce.
Nel vangelo Gesù ci ricorda che solo chi mangia il suo corpo e beve il suo sangue rimarrà sempre con lui e avrà la vita eterna. "Chi mangia il mio corpo e beve il mio sangue Io lo risusciterò nell'ultimo giorno, perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda".
Gesù ci invita a nutrirci del suo corpo sotto forma di semplice pane quotidiano, per entrare in comunione con lui, e attraverso la sua Parola per comprendere il mistero di questo pane, dato dal Padre, affinché il Cristo, suo Figlio, rimanga sempre nel mondo.
Cristo è tornato al Padre, ma attraverso l'eucarestia vuole rimanere accanto ad ogni uomo per condividere il suo cammino e diventare compagno di viaggio e guida per ciascuno.
L'uomo di oggi potrebbe comprendere qual è il valore del pane del cielo se solo non fosse distolto da altre mille cose ed avvenimenti che lo portano lontano da tutto ciò che appartiene al Signore e conseguentemente all'anima.
Così noi, per credere nel Cristo disceso dal cielo, siamo chiamati a nutrirci di Gesù e solo così potremmo liberarci dalle schiavitù terrene e dar spazio allo spirito che è in noi.
La liturgia di questa domenica ci propone la sequela di Cristo quale sicurezza per una vera vita cristiana: seguire Cristo è il vero modo per vivere appieno la nostra esistenza nella gioia e nella speranza. Molti discepoli, dopo il discorso del Cristo che si dona quale pane disceso dal cielo, lo abbandonano perché non riescono a comprendere come possa essere possibile "mangiare il suo corpo e bere il suo sangue", ma soprattutto perché la Parola di Gesù indica una via da seguire che comporta anche rinunce, sacrifici, a volte anche cose non piacevoli ma preziose per la nostra crescita nella fede e nella conoscenza di Gesù. Solo se conosciamo una persona possiamo amarla e seguirla e così anche per il Cristo. I santi lo hanno seguito, perché si sono sforzati di conoscerlo attraverso la lettura della sua parola.
Gli apostoli seguono il Cristo: per loro è essenziale la sua parola e a quel Gesù con il quale hanno condiviso tante avventure dicono: "Signore da chi andremo, tu solo hai parole di vita eterna".
E' necessario entrare in relazione con il Cristo per comprenderlo, per poter capire quello che lui ci dice e ci chiede di fare ogni giorno nella nostra vita quotidiana.
Nella prima lettura troviamo il racconto di come il profeta Giosuè, radunate tutte le tribù di Israele a Sichem, chiede al popolo di scegliere se continuare a servire gli dei o continuare a servire il Signore Dio che lo ha liberato dalla schiavitù dell'Egitto.
Afferma che, per quanto riguarda lui e la sua casa, continuerà a servire il Signore. Il popolo risponde che continueranno tutti a servire il Signore unico loro Dio che li ha liberati, e così i nostri padri, da una condizione servile e li ha aiutati durante tutto il cammino.
Giosuè, prima di chiedere al popolo la scelta, fa loro un resoconto degli avvenimenti più importanti, nei quali il Signore ha dimostrato di essere per loro un aiuto sostanziale. Dio li ha liberati, ha un progetto su di loro, ma ora è tempo di decidersi, devono fare una scelta spontanea e volontaria.
Anche oggi è essenziale scegliere: stare con il Cristo o stare con gli idoli umani? Oggi non è più necessario essere liberati dagli eserciti nemici, ma quanto siamo condizionati dal mondo consumistico che ruota quotidianamente intorno a noi? Non possiamo essere equivoci, dobbiamo scegliere, dobbiamo fare una scelta sicura, volontaria, da credenti.
La nostra esistenza sarà realizzata se sapremo vivere con il Cristo in tutte le situazioni ed avventure che la vita ha deciso per noi, dobbiamo essere costanti nella scelta fatta.
Dobbiamo condividere questa scelta con le persone che amiamo e indicarla a chi non sa decidersi.
E' necessario anche non chiudersi nel proprio gruppo, che dà sicurezza e nel quale, condividendo gli ideali, non ci si mette mai in discussione; è bene aprirsi al mondo, confrontarci con gli altri, per portare e testimoniare il nostro credo.
Il salmista con il ritornello del salmo33 "Gustate e vedete come è buono il Signore" vuole ricordarci che solo chi confida nel Signore e si rifugia in lui sarà salvo.
Nei versetti sentiamo la preghiera del popolo che loda il Signore in ogni tempo, esalta il suo nome insieme ai fratelli e solo così anche il povero sarà salvato da tutte le sue angosce.
L'apostolo Paolo nella seconda lettura parlando agli Efesini paragona l'amore degli sposi all'amore che Cristo ha per la sua Chiesa ed è proprio attraverso questo amore che può realizzarsi l'amore umano.
Esorta i fratelli a essere sottomessi gli uni agli altri, le mogli siano sottomesse ai mariti e questi amino le proprie mogli "come amano il proprio corpo, perché nessuno odia il proprio corpo anzi lo nutre e lo cura come Cristo ama e cura la sua Chiesa. Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una cosa sola."
Il termine "sottomesso" non va inteso come lo intendiamo noi, ma piuttosto riguarda la cultura di allora: enorme è l'abisso fra l'amore dei mariti nei confronti delle mogli e l'amore che Cristo ha avuto e ha anche oggi per la sua Chiesa, che non potranno mai essere simili.
Siamo noi che dobbiamo deciderci ad amare la Chiesa, santa ed immacolata, quella che Cristo ci ha lasciato tornando al Padre e quindi perfetta, ma la Chiesa è formata da uomini, quindi a volte è imperfetta e debole nei suoi rappresentanti. Proprio per queste deficienze della chiesa umana dobbiamo amarla e seguire gli insegnamenti che ci dà, insegnamenti che possono sembrarci difficili e incomprensibili.
La Chiesa ci offre e ci porta senz'altro la presenza di Dio, ma spesso ce lo fa solo intravvedere come avvolto in definizioni per noi irreali; la chiesa infatti è fatta di peccatori, gli uomini, ma bella e santa perché voluta dal Cristo.
L'apostolo Giovanni nel vangelo riferisce che molti discepoli di Gesù, trovando troppo duro il discorso di Gesù sull'Eucaristia, decidono di abbandonarlo; al contrario Pietro dichiara la propria fede in lui.
Gesù, infatti, sapendo che molti dei suoi discepoli non credevano disse loro che le parole che aveva detto erano parole di spirito e vita. Disse ancora che nessuno può venire a lui se non gli è concesso dal Padre: così molti di essi se ne andarono e non tornarono più.
Gesù chiese allora ai dodici se volevano andarsene anche loro; Pietro prendendo la parola disse: "Signore da chi andremo, tu hai parole di vita eterna, e noi abbiamo creduto e ti abbiamo conosciuto perché tu sei il santo di Dio".
Per molti discepoli il discorso di Gesù è duro, non riescono a comprendere come sia possibile "mangiare il suo corpo e bere il suo sangue", ma soprattutto, per quelli che si sono allontanati, il problema non è tanto il comprendere, ma l'accettare quello che avevano compreso. Avevano infatti capito che Gesù li chiamava ad una scelta radicale di vita, una scelta volontaria che implica vivere secondo quanto la sua Parola indica; seguire Cristo non è sempre facile, comporta sacrifici, cambio di mentalità, impostazione diversa della propria vita che forse, sino a quel momento, poteva essere buona e gioiosa.
Quando una persona si allontana dalla Parola di Cristo che, anche se dura, difficile, pesante, impossibile, è parola di vita, trova miriadi di "altri" pronti a darle suggerimenti, certezze, sicurezze provvisorie che non servono a realizzare nulla di vero e positivo per la propria esistenza.
Pietro conosce il Cristo perché ha creduto in lui, e lo stesso S. Agostino dice che è necessario credere per poter comprendere. Solo attraverso la fede, che viene da Dio, possiamo credere e finalmente conoscere quello che Cristo ci dice. Siamo pronti a credere quando la Parola ci sembra dura ma vera, un insegnamento duro ci porta a credere, le sdolcinatezze, anche se piacevoli, non formano nessuno.
Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- Gesù ci dice di essere il "pane disceso dal cielo"; per noi questo "pane" che cosa è?
- La comunione che Dio Padre ci ha dato come dono ci rende capaci di percorrere il cammino, anche se cosparso di difficoltà, per arrivare alla meta finale?
- Il popolo di Israele ha scelto di "servire" il Signore riconoscente per tutto quello che avevano ricevuto da Lui: noi siamo riconoscenti a Dio per la vita che ogni giorno ci dà?
- Siamo capaci di "servire" come ci indica Cristo?
- S. Paolo ci dice di essere "sottomessi gli uni agli altri": siamo sicuri, nelle nostre relazioni umane, di non prevaricare mai sugli altri?
- Gesù ci invita a mangiare il suo corpo per entrare in relazione con il Padre attraverso di lui: crediamo veramente che questo Gesù è colui che il Padre ha mandato per la nostra salvezza? Abbiamo ancora dei dubbi?
- Eucaristia significa ringraziamento: sappiamo dire grazie al Signore per aver voluto condividere la sua vita con la nostra?
Gianna e Aldo - CPM Genova