Commento su Ap 7,2-4.9-14; Sal 23; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12
I Santi: la gente, noi li vediamo come persone "diverse", separate, strane, al di sopra e fuori dalle vicende umane normali, mentre la Bibbia afferma che:
- tutto il popolo d'Israele è "Santo" (Ef 19,3-6)
- tutto il popolo cristiano, ogni credente battezzato, è "Santo" (1Pt 2,9)
- è un ritornello che intercala le varie leggi del popolo ebraico e dice: "siate santi, perché io, Jahvè, vostro Dio, sono santo" (Lev 11,44-45;19,2)
- il Vangelo è ancora più deciso: "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli" (conclusione del capitolo delle Beatitudini: Mt 5,48)
- noi siamo Santi. Noi siamo chiamati a diventare santi, tutti.
Ma che cosa vuol dire essere - diventare - "santi"?
Nella Bibbia ci sono due concezioni di Santità:
1 Soprattutto nell'A.T. "Santo è la persona, o la cosa, diversa, separata, lontana
- che incute non solo rispetto, ma timore: davanti ad essa vado a testa china, mi tolgo i sandali; se la tocco, mi "brucio", resto fulminato
- Così Dio: tre volte Santo (Is 6,3).
- Solo le persone "sacre" si possono avvicinare "Chi vede Dio, muore".
Nello stesso tempo:
- il "Santo" affascina, perché è potente, è una forza "magica"
- di cui desidero impadronirmi per avere i favori, con riti, preghiere, gesti sacrificali.
Ma anche timore e desiderio, ripulsa e supplica.
Anche noi abbiamo talvolta questo atteggiamento verso Dio, il mondo dell'aldilà (santi, angeli): un misto di paura reverenziale e un desiderio di miracoli, quasi un senso magico della santità.
2 Già nel Vecchio Testamento e soprattutto nel Nuovo Testamento il Santo non è solo il lontano, l'inaccessibile, il terribile e fascinoso, ma è "colui che si fa vicino all'uomo per portargli la salvezza". "nessun popolo ha avuto un Dio così vicino come il nostro" (Dt 4,7)
In Gesù, Dio non solo si fa vicino all'uomo, ma si fa uomo, l'Emanuele (Dio con noi):
- si fa vedere, non spaventa più, si lascia toccare (e non fulmina, ma guarisce)
- si lascia persino picchiare (e perdona), si fa debole e povero, perde il suo aspetto fascinoso,
- non promette miracoli, ma si china sul povero, afflitto, oppresso, per portargli liberazione e salvezza.
Il "santo" rimane il "diverso", non per la sua lontananza o per la sua potenza, ma per la sua straordinaria capacità di amare, di condividere, di perdonare.
Più volte la Chiesa ha richiamato che la santità non è privilegio di solo alcuni, e per di più appartenenti a caste e ceti nobili, ma appartiene a tutti, perché tutti siamo chiamati alla santità, nella ordinaria quotidianità, nel lavoro, nella famiglia, nella società, nella comunità religiosa e laica.
Strumento perfetto per la santità e carta di identità della santità sono le otto Beatitudini, così come riportate nel vangelo di Matteo, che sono la proclamazione della salvezza che Dio offre a ognuno di noi, non nella teoria ma nella pratica della prossimità.
E a ben a guardare alla fine il tutto si riduce a quell'unico splendido comandamento dell'Amore: AMERAI il Signore Dio tuo con tutto te stesso; AMERAI il prossimo come te stesso.
E questa è semplicemente SANTITA', che non è quella sui Calendari, che sono solo esempio e memoria per sostenerci nel nostro cammino personale e di comunità, ma SANTITA' è quella semplice parolina di paragone: COME...e credetemi che di certo la strada per essere santi non è ne sarà una passeggiata se vogliamo applicare in pieno ogni giorno quel "come".
Domande
- Io, come persona, applico più una santità d'immagine richiamata nel Calendario, o mi impegno a vivere cristianamente me stesso?
- Io, come coppia, famiglia, faccio esperienza di santità nella quotidianità agendo nella normalità della vita, come Cristo ci chiede nella semplicità e umiltà?
- Io, come comunità, mi limito a ripercorrere una santità di tradizione, di rito, di quasi superstizione, di idealità, o mi impegno a una concreta di santità prossimale attraverso veri gesti di amore mediante le organizzazioni di volontariato presenti nella realtà comunitaria?