Omelia (02-09-2018) |
don Giovanni Berti |
Commedianti Della Fede Clicca qui per la vignetta della settimana. Quando è che un attore da' il meglio si se? Secondo me quando è capace di "scomparire" facendo emergere al meglio possibile il personaggio che è chiamato ad interpretare. Pensavo a questo proprio in questi giorni nei quali si è aperta la mostra del cinema di Venezia, una delle tante rassegne internazionali sulla settima arte, anche se è un discorso che vale anche per il teatro. L'attore e l'attrice davvero bravi sono capaci di rappresentare anche caratteri e modi di fare completamente diversi da quello che sono loro stessi nella vita reale, fuori dal set o dal palcoscenico. Un grande attore e una grande attrice rappresentano anche per noi che siamo spettatori storie che noi stessi non potremmo vivere, e nel tempo della rappresentazione o del film, ci fanno vivere storie diversissime. A volte anche possiamo trovare nell'attore e nell'attrice qualcosa di noi e della nostra esperienza anche se nella vita vera loro non sono come noi. Nel Vangelo i farisei e gli scribi, cioè coloro che si sentono rappresentanti e custodi della vera fede, sono li a controllare le parole e l'operato del Maestro di Galilea. Per loro Gesù è un trasgressore delle tradizioni e lo sono anche coloro che seguono i suoi insegnamenti, ma per lui sono loro ad essere dei veri e propri commedianti della fede. Il termine "ipocriti" che Gesù usa per i suoi accusatori, indica nella lingua greca (nella quale il Vangelo è stato scritto) la professione di "attore-attrice". Farisei e scribi per Gesù sono li a "recitare" la parte dei credenti in Dio e dei bravi esecutori del copione tradizioni religiose, molte delle quali che centrano poco con Dio. Questo rischio di una vita religiosa di facciata e "recitata" è un rischio presente da sempre nella tradizione ebraica, e infatti gli stessi profeti erano stati inviati da Dio in continuazione al popolo per tenere l'attenzione alta. Per questo Gesù cita il profeta Isaia, con la sua accusa di una fede fatta di esteriorità perfetta ma di cuore lontano, di un culto fatto secondo le regole che alla fine però non ha connessioni con la vita e l'incontro vero con Dio. Questa è proprio l'ipocrisia della fede, quando la vita religiosa si riduce in una recita di una parte che non tocca il cuore e la vita reale, e la vita religiosa diventa una serie limitata nel tempo di qualche gesto sacro, ma non diventa scelta profonda di vita. Gesù è venuto per davvero sulla terra come uomo, e non ha recitato una parte. La nostra fede ci insegna che lui come vero uomo e vero Dio ha voluto insegnare all'umanità che Dio non è una serie di azioni momentanee esteriori, ma una scelta profonda che cambia la propria vita vera e il mondo reale. L'accusa di Gesù fatta ai farisei e scribi di essere solo bravi attori nella religione, viene ora rivolta a noi oggi, a tutti i cristiani, gerarchie comprese, e anche io non posso non farmi interrogare. E allora mi domando: sono anche io un ipocrita della fede? Quello che dico e faccio come credente e anche come prete è solo una parte che recito a beneficio del pubblico della parrocchia e di chi mi conosce, oppure davvero scende nel cuore e mi interroga e mi muove nel profondo? Sto recitando o vivendo il mio Battesimo? Mi aggrappo a qualche tradizione e segno esteriore del cristianesimo come una specie di "scenografia e costumi" di una recita momentanea, oppure sono espressione di una ricerca e di una vita interiore vera di quel che davvero sono? Se un bravo attore di cinema o teatro è bene che "scompaia" come uomo facendo emergere il più possibile il suo personaggio, per un cristiano è importante il contrario, cioè che non trasformi la fede in una recita, ma la faccia diventare vita reale, e che il volto di Cristo non sia una maschera momentanea, un trucco bel fatto che dura la domenica, ma sia il nostro volto quotidiano, quello vero. Clicca qui per la vignetta della settimana. |