Omelia (09-09-2018)
padre Antonio Rungi
La rivoluzione dell'amore tenero e generoso di Dio

La liturgia della parola di Dio della XXIII domenica del tempo ordinario ci immerge nel mistero dell'amore di Dio che è in grado di cambiare le sorti delle singole persone e dell'umanità intera. Nel testo della prima lettura, tratta dal profeta Isaia, c'è questo forte appello a non temere rispetto alle sorti negative che possono affiorare dal mondo, perché c'è vicino a noi il Signore che non abbandona l'essere umano al suo destino, ma lo risolleva e lo porta sempre più in alto nel grado della sua dignità di persona e di popolo. Una forte parola di incoraggiamento per tutti, nelle prove della vita e della sofferenza della quotidianità che riguarda ogni persona umana: "Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete!". Il Signore viene a salvarci, viene a dare il sollievo e il conforto, al punto tale che "si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi... lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto. Anche la natura cambia volto e fisionomia davanti al Dio che viene a salvarci, al punto tale che scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa, la terra bruciata diventerà una palude e il suolo riarso sorgenti d'acqua". Questa modificazione sostanziale delle persone e delle cose ci conferma la bontà di un Dio che ama le creature e la creazione, che non è distante da esse, ma gli è sempre vicino con la benedizione e la protezione, con la salvaguardia di quello che è il creato.


Anche l'apostolo Giacomo, nel brano della seconda lettura di oggi, ci chiede un profondo cambiamento di mentalità e di atteggiamento, rispetto ai ricchi e ai poveri, ai potenti e ai deboli. Il cristiano non deve favorire e parteggiare per nessuno, per lui tutti sono uguali e tutti sono fratelli, senza distinzioni di tasca, vestiti, anelli e segni esteriori di potenza economica, militare e politica. Tutti siamo uguali davanti a Dio. E per farci comprendere esattamente questo discorso, l'Apostolo porta un esempio di vita sociale ed ipotizza una situazione reale e abbastanza ricorrente al suo tempo, come ai nostri giorni: "Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali. Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?".

Quante volte si verificano queste cose, anche nelle nostre assemblee liturgiche, con i posti riservati, con il cerimoniale da osservare, permessi e autorizzazioni da ottenere, anche per un breve saluto o un incontro con un'autorità religiosa. Ci si trincerà dietro a motivi di sicurezza e poi alla fine chi ha protezioni e raccomandazioni ottiene ciò che agli altri non è concesso. Di queste cose se ne vedono molte in tutti gli ambienti sociali, compresi quelli ecclesiastici.

Perciò l'apostolo ammonisce alla fine di questo brano: "Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?". La scelta dei poveri è la scelta preferenziale dell'amore di Dio verso l'uomo.


Questo amore immenso e tenero di Dio, che Gesù, Figlio di Dio, manifesta in tutte quelle circostanze in cui la vita è stata severa con la persona, rendendola invalida o inabile. Gesù non chiude gli occhi davanti alla sofferenza dei fratelli e sana le ferita del cuore e del corpo, ridando alla persona la dignità che merita e il posto che le spetta nel consesso sociale. Sappiamo benissimo come i limiti umani, le inabilità fisiche erano emarginanti al tempo di Gesù e come escludevano dalla vita chi era affetto da una limitazione. Solo negli ultimi decenni si è fatta strada, nel nostro tempo, la cultura dell'accoglienza, della valorizzazione e integrazione del diversamente abile, che oltre ad avere una sua dignità ha anche doni e pregi da mettere a servizio della comunità.

Nel Vangelo di oggi è riportato, infatti, uno dei miracoli operati da Gesù, quella della guarigione di un sordomuto. E' interessante seguire tutto l'iter che porta alla guarigione dell'infermo: Gesù "lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente".

Il rito della guarigione, così come descritto nel vangelo di oggi, è stato inserito nella liturgia del sacramento del battesimo. Al fine della celebrazione, il sacerdote o diacono svolge il significativo rito dell'Effatà. Il celebrante tocca, con il pollice, le orecchie e le labbra dei singoli battezzati, dicendo: "Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola, e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre. Amen".

Esattamente quello che fede il malato guarito, dopo aver ottenuto il miracolo da Gesù, il quale "comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!". Ecco il miracolo dell'amore di Dio che fa udire i sordi nella mente e i muti nei sentimenti per aprirci tutti alla comunione con lui e con i fratelli.


Sia questa la nostra preghiera, oggi, giorno del Signore, giorno in cui cui Cristo in modo particolare ci vuole comunicare il suo amore, mediante il dono dell'eucaristia: "O Padre, che scegli i piccoli e i poveri per farli ricchi nella fede ed eredi del tuo regno, aiutaci a dire la tua parola di coraggio a tutti gli smarriti di cuore, perché si sciolgano le loro lingue e tanta umanità malata, incapace perfino di pregarti, canti con noi le tue meraviglie. Amen.