Omelia (09-09-2018) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di padre Gianmarco Paris La domenica andiamo a Messa portando nel nostro corpo le esperienze vissute durante la settimana, con la mente che si pone le sue domande e il cuore che non può ignorare il desiderio di una vita più serena e piena. L'impatto con la Parola di Dio che ascoltiamo non è immediato né facile. Ma se ci diamo qualche minuto di tempo per ascoltare con la mente e il cuore, scopriamo che quella Parola oltrepassa la distanza del tempo e dello spazio e possiamo sentirla come rivolta a noi, come una voce che ci interpella. Nel brano di Vangelo di questa domenica vediamo Gesù in territorio pagano: qualcuno gli conduce un uomo "impedito nel parlare" con la speranza che Egli possa guarirlo. Gesù non si fa pregare, porta quell'uomo in disparte, gli tocca orecchie e lingua e lo guarisce. Poi, riportandolo agli altri, raccomanda che non divulghino la notizia. Invece la reazione della gente è entusiasta (ha fatto bene ogni cosa!) e ci ricorda la reazione di Dio quando ha contemplato la sua creazione (vide che era cosa buona). Il legame con il racconto della creazione ci apre la strada per comprendere il significato profondo del gesto di Gesù. Esso infatti non è solo un gesto di compassione per quell'uomo, ma è anche segno di quello che Gesù vuole e può fare per ogni uomo (anche i non giudei, come appunto era quel sordo muto). Gesù lo guarisce dalla sordità e dalla difficoltà di parlare toccandolo con la saliva: questo particolare ricorda il soffio del Creatore che ha dato vita all'uomo fatto di terra. Gesù si fa conoscere come Messia compiendo i gesti che il profeta Isaia ricorda nella prima lettura: guarisce le persone da ciò che impedisce loro di essere pienamente umane. Dio invia il suo Messia per rinnovare la Creazione, per ridare bellezza a ciò che l'aveva perduta. Il miracolo raccontato da Marco è dunque simbolico, ha un significato che va oltre il fatto che racconta. Riguarda la nostra difficoltà di ascoltare veramente gli altri e di dire quello che profondamente sentiamo e pensiamo. Gesù ci rende capaci di rapportarci agli altri in modo autentico. Gesù dopo il miracolo chiede il silenzio, e lo fa anche altre volte, soprattutto nel Vangelo di Marco. Non perché si pente di quello che fa, ma perché non vuole essere riconosciuto come il taumaturgo. Vuole invece che vediamo nei miracoli il segno di quello che Dio fa per l'umanità tutta. Il miracolo del sordomuto ci parla della nuova creazione, cioè del compimento dell'alleanza tra Dio e l'umanità. Gesù realizza la sua missione lasciando da parte i miracoli ("scendi ora dalla croce e ti crederemo", gli dicevano quelli che passavano sotto la croce). Essi servono per aiutare ad avere fede in quell'uomo che - unico e vero miracolo - dona totalmente se stesso per amore. Anche il miracolo del sordomuto porta là: ascoltare e parlare in verità significa sapersi donare agli altri. Significa per esempio, come ci insegna Giacomo nella seconda lettura, saper amare con i fatti e non con le parole, senza fare preferenze per le persone più in vista; anzi, preferendo i poveri e gli ultimi, come ha fatto Dio. |