Omelia (16-09-2018) |
padre Antonio Rungi |
Essere discepoli di Cristo è portare con dignità la propria croce La liturgia della parola di Dio di questa XXIV domenica del tempo ordinario viene dopo la celebrazione di due importanti feste della devozione popolare, quella dell'Esaltazione della Croce e quella della Madonna Addolorata. Proprio il Vangelo di questa domenica ci porta a riflettere sulla sequela di Cristo, mediante l'accettazione consapevole ed umile del mistero della Croce. Tutto il testo del Vangelo è incentrato sull'imminente passione e morte in croce del Signore, che lo stesso Gesù presenta ai discepoli come prospettiva non lontana, ma prossima della sua vita. Leggiamo, infatti, nel brano del Vangelo odierno che "Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Gesù intervista gli apostoli, coloro che stavano vicino a Lui dall'inizio del suo ministero pubblico per capire quali idea si erano fatti di Lui sia la gente che incontravano e con le quali parlavano e sia l'idea che essi stessi avevano elaborato nella loro mente e nel loro inconscio circa la sua missione. La risposta di questo sondaggio è molteplice, in quanto alcuni considerano Gesù Giovanni Battista, altri Elia o qualcuno degli antichi profeti. Sapevano che non era esattamente così, in quanto i soggetti richiamati erano dei tempi passati o dei tempi presenti, ma non erano certamente Gesù. La risposta quindi attiene non tanto all'identità anagrafica e storica, ma alla missione e al ruolo che Gesù stava svolgendo in quel contesto di itineranza evangelica. Ovvio, quindi che Gesù interpelli i diretti interessati alla sua missione, nella quale erano stati coinvolti, cioè i Dodici. E la risposta collegiale e collettiva, unanime nei contenuti è espressa da Pietro, a nome di tutti: "Tu sei il Cristo, il consacrato, l'inviato dal Padre, il Messia". Accolta questo atto di fede degli apostoli, Gesù può adesso liberamente parlare e alla luce del sole, senza mezze misure o metafore di ciò che lo attende, e cioè della sua passione e morte in croce. Infatti "cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere". Di fronte a questa sconvolgente rivelazione "Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo". Un discepolo che rimprovera il Maestro nel momento in cui dice tutta la verità, dice ciò che accadrà tra poco. Una cosa assurda allora e sempre. Gesù non può considerare valilo questo loro modo di pensare ed intendere la sua missione, per cui "voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Era evidente che tra i discepoli e Gesù c'era un distacco, perché non avevano compreso appieno la sua missione e la croce che affiorava all'orizzonte per Gesù, secondo loro era una sconfitta e non una salvezza. E' l'occasione per Gesù per fare catechesi e per far capire meglio cosa significhi per un suo discepolo seguirlo davvero e senza condizionamenti o mezze misure. Per cui, convoca la folla e i suoi discepoli e usa questo linguaggio esplicito per chiedere loro una vera ed sentita adesione alla sua persona e alla sua missione: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
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