Omelia (16-09-2018) |
don Luciano Cantini |
Perdersi è salvarsi Doveva soffrire molto, ed essere rifiutato La differenza tra la gente e i discepoli è che questa non aveva capito nulla della persona di Gesù mentre i discepoli avevano intuito che Gesù fosse il Messia. La risposta di Pietro è chiara: «Tu sei il Cristo» [Cristo deriva dal greco e significa "Unto", consacrato, in ebraico "messia"]. Quello che, invece, fa assomigliare i discepoli alla gente è non immaginare neppure il senso, il modo in cui Gesù avrebbe incarnato la sua missione: doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani. Le attese andavano nella direzione opposta, l'istituzione religiosa, la teologia, la predicazione e tutto il complesso della dinamica religiosa aveva piuttosto una idea trionfalistica del Messia. A duemila anni di distanza, e ben conoscendo come sono andati i fatti, nonostante l'esperienza pasquale, la dinamica religiosa e devozionale attuale non si discosta molto da quella di allora. Basta osservare quanto la tradizione popolare riserva nelle celebrazioni delle feste, nelle processioni e confrontarle col modesto andare per la strada del Signore Gesù. Pensiamo al contrasto, nelle manifestazioni della Settimana Santa, tra il Mistero celebrato e il modo con cui è raccontato dai riti popolari. Il Messia è colui che è votato al fallimento! Non solo, perché la sofferenza, la condanna e la messa a morte sono sanciti dalla massima autorità religiosa. Due sono le direzioni che siamo costretti a considerare: o Gesù era un falso profeta e conseguentemente un messia fasullo; o la falsità e la menzogna stavano nella religione e nelle sue istituzioni. Se questo vale per i discepoli di allora, nella loro confusione esistenziale, vale ancor più per noi discepoli di oggi, pur nella chiarezza dell'evento pasquale, nel ricomprendere il senso della nostra relazione con il Signore e le istituzioni ecclesiastiche. In questi nostri giorni, la bontà del Signore, fa saltare molti coperchi - molti altri ne dovranno venir fuori - che mostrano la debolezza umana, l'ipocrisia e l'immoralità di esponenti delle autorità religiose a tutti i livelli. È un dono della Provvidenza che ci chiede di ripensare molto della organizzazione ecclesiastica, della formazione dei suoi ministri, della responsabilizzazione dei laici.
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