Omelia (16-09-2018) |
don Mario Simula |
Quando la nostra mentalità rassomiglia a quella del maligno Più cresce la fede nella dolcissima verità che "Gesù è il Cristo", Figlio di Dio, e più devo accogliere le conseguenze di questa professione di fede. Sono conseguenze scomode, faticose, difficili, insidiose. Gesù le riassume in poche parole. Chi crede dovrà soffrire molto. Per un grande valore si paga un caro prezzo. Per ciò che dà senso alla vita, ci può essere chiesta la vita. E' quanto è capitato al servo del Signore: "presenta il dorso ai flagellatori, le guance a coloro che gli strappano la barba; non sottrae la faccia agli insulti e agli sputi". Il suo amore si manifesta in tutto il suo splendore attraverso la sofferenza. Anche se in Gesù c'è una certezza incrollabile: "Il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?". Chi crede è rifiutato. Ciò che conta, ci condanna spesso al rifiuto, al disprezzo, all'impopolarità, all'umiliazione. Il plauso, la stima incondizionata, una rete di protezione illusoria, una claque "pagata", fedele e adulatoria, cortigiana e servile è frutto del vuoto del cuore e dei pensieri. Chi crede rischia la morte. Anzi viene ucciso. Chi pensa rischia. Chi ha il coraggio di esprimersi, rischia. Chi esprime ciò di cui è convinto, è additato con disprezzo e si scava la fossa. Chi avrà avuto il coraggio della perseveranza conoscerà la gioia della risurrezione, "perché il Signore protegge i piccoli e salva i miseri". Il risultato della sofferenza è la vita, inattesa e sorprendente. Le ossa inaridite e date per definitivamente sconfitte, si assembleranno, si rivestiranno di carne e di nervi. Rivivranno. Creando stupore e gioia. Pensiamo attentamente a Pietro. Perché Gesù, subito dopo la professione solenne di fede, lo considera come satana? Il motivo è uno solo. Pietro vuole convincere Gesù a "distrarsi" dal suo cammino verso la croce. In lui si insinua una strada molto più facile e in discesa. Il pensare degli uomini, e non quello di Dio, prende il sopravvento nella sua mente e nel suo cuore. Gesù pensa e vive in modo diverso. Ce lo dice esplicitamente. Chi ama la propria vita la perde. La vita è un dono se lo doni. Altrimenti è un giocattolo che custodisci finché ti interessa. Dopo lo butti, lo sprechi, gli fai violenza. E' quanto vediamo e soffriamo nel mondo, ogni giorno e in molte situazioni, complesse o normali. Ama la tua vita e spendila. Senza incasso. Senza aspettative. Mettila sul bancone, lungo la strada, ben curata e custodita, perché tutti la possano sperimentare come un regalo che metti a disposizione di ogni povero che ti passa accanto. Chi perde la propria vita la trova. Chi non fa ammuffire la vita, tenendosela stretta, veste gli altri di gioia e distribuisce gioia. Chi svuota i propri guardaroba a favore di chi gli passa accanto, li riempie di felicità e non li troverà più vuoti. Come avveniva ai santi: più donavano e più possedevano. Fino alla sovrabbondanza. Chi custodisce egoisticamente la vita, si ripiega su se stesso. Non vede altro che il suo centro del mondo: l'ombelico. Un piccolissimo mondo che acceca tutto il mondo che ci circonda. Se il tuo sguardo si ripiega, non vede altro che se stesso. Il suo campo di scoperta è ristretto fino a scomparire. Gesù non possiede nulla. Sa accogliere ogni gesto di attenzione che gli viene dagli altri. Da essi dipende. In essi ha fiducia. Ad essi si affida per vivere e continuare ad esistere. Sa accogliere ogni gesto di bontà, con immensa gratitudine. Non si perde d'animo, se non trova nemmeno una pietra sulla quale posare il capo. La vita non gli appartiene. Non la misura, frammento per frammento, per poterla conservare soltanto per se stesso, mettendola sotto il materasso. Chi non spende per amore la sua vita è come se non la possedesse. Dare la propria vita è l'opera massima che rende autentica la fede. La fede, senza le opere dell'amore in se stessa è morta. E' un albero rinsecchito. «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà». Io voglio seguire Gesù, a qualsiasi costo. Perché amo Gesù con tutto me stesso. Scelgo, dunque, la strada di chi rinnega se stesso. Non si disprezza. Non si svaluta. Ma non si lascia nemmeno corrodere dall'ambizione, dalla presunzione, dalla prepotenza. Rinnega se stesso per essere in grado di prendere ogni giorno la croce. La croce della mia vita, dei miei dolori, dei miei insuccessi, delle mie paure, delle mie disfatte. E seguo Gesù, da mendicante, da povero, da malcapitato che si mette nelle mani del Samaritano buono e misericordioso. Sembro non esistere se faccio così. In realtà sono lo strumento più adatto per Iddio, la sua forza semplice ed efficace. Lui ci accoglie nella nostra debolezza, per confondere i potenti. Voglio essere questo "nulla", pur di essergli "utile". Gesù. quando sembra che non voglia farmi nessuno "sconto", in realtà mi stai rivelando l'amore più grande che il tuo cuore può darmi. Mi stai mettendo sulla tua strada, mi chiedi di seguirti, mi domandi con semplicità di portare la mia croce e di rassomigliarti mentre tu porti la tua. Quanto mi è difficile spendere, senza calcoli la mia vita, fino a sacrificarla! Non riesco a comprendere come questo percorso sia l'unico sicuro per trovarla e custodirla per il tuo Regno. Faccio troppi ragionamenti. Protesto per ogni cosa che mi contraddice. Mi irrito davanti agli insuccessi. Voglio essere "qualcuno" agli occhi di tutti, dimenticando di essere me stesso ai tuoi occhi. Rifiuto ogni umiliazione. Contesto ogni disattenzione. Mi sento al centro di un mondo inesistente. L'unico mondo che mi dovrebbe appagare è quello che tu mi fai scoprire. Un mondo di amore e di dono. Un mondo che si apre davanti a me come un terreno da dissodare con il servizio, con una fede operosa e credibile. Signore, mi sento come Pietro: non un discepolo docile, ma un orgoglioso che vuole suggerire a te la strada giusta, che scansa la sofferenza e cerca il successo, la tranquillità, il quieto vivere. Hai ragione se mi dici: Tu sei per me satana. Va' indietro a me. Non voglio essere il contrario di ciò che tu pensi per me. Voglio amare, accetto la sofferenza quotidiana, abbraccio la croce che mi appartiene come condizione, ti seguo, il mio piede sopra ogni tua orma. Fino a poter dire: "non sono più io che vivo, ma Cristo Gesù vive in me". |