Omelia (30-09-2018) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Lo Spirito del dialogo e dell'apertura E' risaputo che tante volte, quando vediamo gli altri migliori di noi o più fortunati di noi possiamo essere colti da invidia e dal desiderio di possedere qualità che sono proprie di altri e di cui noi vorremmo disporre. Anche nell'ambito della medesima professione che si svolge possiamo usare gelosia nei confronti di colleghi che, lavorando sullo stesso campo, se la cavano meglio di noi e quando certuni raggiungono un traguardo o conseguono un premio, invidia e gelosia si accrescono. Vittime di orgoglio e di presunzione, in casi come questi dovremmo in realtà rallegrarci che altri siano migliori e che raggiungano meritate posizioni; altrettanto dovremmo essere contenti che altri svolgano il nostro lavoro con maggiore efficienza di noi, poiché ciò che conta è appunto che un determinato ruolo venga puntualmente eseguito. Dovremmo omettere di considerarci più meritori degli altri, come se soltanto noi avessimo qualità e carismi e riconoscere le qualità e le potenzialità altrui; e se questo vale in ambito della vita comune, ancora più valore assume nella vita cristiana. Sia nella prima lettura che nella pagina evangelica di oggi si parla di persone non appartenenti allo stesso partito intrapreso, non professanti la stessa fede e lontani dalla scelta di vita comune, che tuttavia vengono approvati quando svolgono la medesima opera dei credenti e dei profeti. Per meglio spiegarci, la pagina evangelica dei Numeri vede che, oltre ai 70 anziani prestabiliti al profetismo, che ricevono lo stesso spirito di profezia di Mosè, vi sono altri due uomini, apparentemente esclusi dalla grazia divina, che vengono parimenti rivestiti dello stesso spirito e che si mettono a profetizzare come tutti gli altri. Il che suscita lo stupore e la disapprovazione di Giosue, che sarà chiamato a condurre il popolo d'Israele all'interno della terra promessa. Questi non vorrebbe che due uomini, lontani dai primi 70, profetizzassero. Nella pagina del vangelo Gesù placa l'animo di Giovanni che ha visto qualcuno scacciare i demoni nel nome di Gesù pur non essendo suo discepolo. Nell'uno e nell'altro caso la soluzione è esaltante: non va impedito a nessuno di essere apportatori dei benefici della grazia di Dio e chiunque voglia operare nel nome di Gesù pur non essendo suo discepolo svolge sempre un'opera gradita allo stesso Signore: "Non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me." Un'opera buona qualsiasi, non importa da chi provenga, corrisponde sempre all'adempimento della volontà del Signore. Un qualsiasi atto d'amore è sempre il contrassegno della presenza di Dio in mezzo a noi, non importa se a compierlo è chi non ha la nostra stessa fede. Chiunque opera il bene viene da Dio e da Dio è approvato. Del resto non possiamo non riconoscere che tanti doni, carismi e qualità possono presenziare anche al di fuori della nostra religione, e non dovremmo meravigliarci nel constatare che vi sono eloquenti qualità anche presso altri popoli e altre religioni. Per il semplice motivo che lo stesso Spirito Santo, agente di santificazione e fautore di doni e di carismi, agisce ed edifica anche fuori dalla nostra religione e le risorse di umanità e di spiritualità edificante si trovano con abbondanza anche in altre dimensioni lontane dalla nostra. Esse sono opera dello stesso Spirito. Proprio per questo, specialmente attraverso i pontefici più recenti, la Chiesa pur riaffermando di essere l'unica depositaria della verità, pur annunciandosi come unica Istituzione voluta da Dio per la salvezza e pur rivendicando per sé la legittima autorità in ambito spirituale, non omette di considerare che parecchi elementi di edificazione spirituale si trovano anche presso altre professioni religiose. Siamo invitati certamente a guadare alla Chiesa come unica Madre e Maestra e ad attingere a lei tutti gli elementi di grazia e di salvezza, ciononostante non possiamo negare che lo Spirito Santo agisca anche in altri luoghi ben lontani da noi e che elementi di verità possono trovarsi anche nel mondo ateo oltre che nelle altre religioni. Che occorra usare prudenza e discrezione nei confronti delle chiese non cattoliche a scopo proselitistico è innegabile e non sarà mai abbastanza nella nostra pastorale raccomandare massima attenzione alle varie dottrine che ci vengono propinate; ciononostante non possiamo non considerare la varietà dei doni e delle risorse edificanti che ci vengono comunicati dalle religioni protestanti o da altre non cristiane. Personalmente sono sempre rimasto affascinato dagli scritti e dalle massime di saggezza di Confucio e anche diverse Sure del Corano mi sono parse molto belle ed edificanti. Lo Spirito Santo è davvero fautore di doni e di carismi e davvero soffia dove vuole e giammai dovremmo avere l'idea che esso sia appannaggio dei soli cristiani. Nelle sue "apologie" Giustino parlava dei "loci spermatikoi", ossia dei semi che lo stesso Verbo Incarnato ha disseminato presso tutte le culture in modo che, sia pure indirettamente, anche altri popoli e altre nazioni, possano aderire a Lui. Generalmente siamo propensi ad additare protestanti e non credenti quando si pronuncino su argomenti insulsi e fuori luogo; poche volte invece consideriamo il bene che essi possono comunicarci anche per la stessa edificazione della nostra Chiesa Cattolica. Non siamo noi a dover indirizzare lo Spirito Santo, ma lui ci indirizza a un giudizio più maturo ed equilibrato, che associ la prudenza con il dialogo e con l'apertura. |