Omelia (07-10-2018) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Marco 10,2-16 Molto si dice nella Bibbia sul tema del matrimonio; l'unione d'amore tra due sposi rappresenta l'icona più significativa dell'amore di Dio per il suo popolo, per l'umanità intera: un amore così grande e così gratuito, quello di Dio per noi, al punto di sacrificare la sua stessa vita per noi. Ma cominciamo dall'inizio, appunto, da Adamo ed Eva: la Genesi possiede due racconti della creazione dell'uomo, andateveli a leggere con comodo; li trovate ai capitoli 1 e 2. Sintetizzando al massimo, emergono alcuni aspetti fondamentali: l'immagine di Dio consiste nella relazione, possibile a condizione che due elementi vengano mantenuti in costante tensione: la differenza, o alterità, e l'incontro-comunione. L'immagine di Dio consiste nella fecondità: all'uomo è dato di continuare l'opera creatrice di Dio donando la vita; ed è su questa base che la teologia stabilisce il legame tra sessualità e funzione procreativa. Il primo libro della Bibbia, descrive la condizione umana di partenza: la solitudine, e la definisce un male; di riflesso, la creazione della donna è presentata come il dono fatto all'uomo di un aiuto che sia simile a lui (e che dunque ha a sua volta bisogno di aiuto); la donna, separata dall'uomo, ma solo per diventare con lui una sola carne, mette meglio in luce il dinamismo alterità/comunione che sta al cuore di ogni racconto. Due persone che non abbiano raggiunto la propria autonomia ben definita e consapevole, non possono entrare in un rapporto equilibrato e liberante. Accentuare il tema della differenza è importante, ma attenzione a non sbilanciare il discorso: è la Bibbia stessa a dirci che la scoperta e la percezione di una sintonia è altrettanto importante, quando fa dire ad Adamo: "Questa volta essa è carne della mia carne, e osso delle mie ossa." (Gen 2,23). La cosa, oltretutto, è rimarcata dall'impossibilità dell'uomo di trovare la risposta al suo bisogno di comunione nella creazione in genere e negli animali in particolare; il che equivale a dire che in questo caso c'è come un eccesso di alterità che impedisce di stabilire una relazione pienamente umana e umanizzante. Il concetto di fecondità rimane elemento decisivo della relazione, ma è possibile averne un'idea un po' più larga che non sia il semplice mettere al mondo un figlio. E' sufficiente, del resto, riflettere sul fatto che nello stesso nucleo familiare la nascita di un bambino è solo l'inizio di un lavoro in cui l'idea di fecondità riceve un'estensione incredibile: dal nutrimento materiale all'opera educativa. La riflessione sulla fondazione biblica del matrimonio deve confrontarsi con una fatto grave: il quadro della Genesi perfetto e idilliaco va immediatamente in crisi. Il peccato genera nella relazione una serie di guasti: la trasparenza (nudità) si trasforma in paura, vergogna, sospetto, diffidenza; la solidarietà si trasforma in accusa reciproca e scarico di responsabilità; la fatica e il dolore segnano il lavoro (rapporto dell'uomo con la terra) e la fecondità; l'equilibrio della relazione uomo-donna, segnata dal peccato, è minacciato dall'istinto, cieco e ingovernabile, di prevaricazione e di dominio (cfr. 3,16). Conosciamo tutti esempi di mariti-padroni, di mogli che comandano in casa...ove non si muove foglia che la moglie non voglia! Inutile aggiungere che anche la relazione con Dio ne esce compromessa: dall'amico che passeggiava con l'uomo e la donna nel giardino, Dio diventa prima un rivale, poi un giudice che fa paura; anche se alla fine, per iniziativa Sua, Dio si mette misericordiosamente a servizio dell'uomo e della donna, li veste con tuniche - nasce il senso del pudore - promette la vittoria sul male. La promessa si realizzerà nella persona di Cristo. Il quadro presentato dalla Genesi confluisce nel Vangelo, e il Signore lo accredita con l'autorità del Figlio di Dio! La fede che esprime la relazione con il Signore, si coniuga in fedeltà, nella relazione con il prossimo. I due comandamenti sono in verità un comandamento solo! Se ogni forma di amore è fondata sulla fiducia e su un impegno di fedeltà proporzionale al tipo di relazione, il rapporto che lega due persone davanti a Dio e alla Chiesa, per tutta la vita, ne è il paradigma, il modello più perfetto; al punto da connotare - la relazione coniugale - lo stesso amore di Cristo per la Chiesa. In questi termini san Paolo descrive il matrimonio, parlando contemporaneamente del rapporto tra i coniugi e di quello tra la Chiesa e il suo capo che è Cristo. L'apostolo dei pagani non si nasconde e non ci nasconde che "questo mistero è grande" (cfr. Ef 5); come a dire che il matrimonio tra Cristo e la Chiesa e, analogamente, quello tra due sposi, non è cosa facile, pertanto non è da prendersi alla leggera! "Bisogna imparare ad amarsi in questa vita... Bisogna imparare a lasciarsi quando è finita... Bisogna imparare a perdonarsi...": sono le parole di una recente, bellissima canzone di Ornella Vanoni: è vero, l'amore può mutare negli anni, la passione può stemperarsi, l'affetto affievolirsi, financo a spegnersi. Tuttavia, a meno che l'impegno non sia stato assunto sulle sabbie mobili di un macroscopico errore, la fedeltà alla promessa resta. Ma per mantenere la fedeltà è necessaria la fede! È una pericolosa illusione pensare che la fede manifestata il giorno delle nozze e mai più alimentata - e alimentata insieme! - possa reggere il ponte gettato tra l'uomo e la donna. Dirò di più: il ponte stesso è la fede! La storia recente, una tragica storia, ci ha insegnato che se un ponte non è costantemente tenuto sotto controllo con i necessari lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, quel ponte prima o poi crollerà, e la rovina sarà grande. Il Vangelo non parla di ponte, parla di casa costruita sulla roccia della fede, oppure sulla sabbia della superficialità (cfr. Mt 7,24-27): ma la sostanza è la stessa. Una fede forte, una fede adulta e matura è in grado di sostenere una scelta di vita fino alla fine. L'opera della fede è quella che più di ogni altra ci mantiene ad immagine e somiglianza di Dio. Per questa fede noi ci possiamo gloriare del nome di cristiani! ed esserlo veramente! |