Omelia (14-10-2018) |
diac. Vito Calella |
Se hai, hai per dare senza pretendere nulla in cambio Chiediamo la ricchezza dello «Spirito di sapienza» per accogliere in noi oggi l'insegnamento di Gesù risorto, il quale ha ci ha parlato con una «parola viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio», capace di penetrare nel più profondo della nostra anima e provocare la nostra libertà di scelta. Identifichiamoci con Gesù, con i suoi sentimenti di profonda tristezza e di fallimento per non essere riuscito a liberare dalla schiavitù o demonio dell'attaccamento al denaro e ai beni materiali, «radice di tutti i mali» (1Tm 6, 10a), quell'uomo ricco, pur essendo credente, praticante e osservante dei comandamenti. Una delle scelte libere più impegnative da fare personalmente, di fronte alla quale Gesù può solo attendere senza forzare, è quella del tesoro sul quale investire tutta la nostra vita. Siamo messi di fronte a due possibilità: o legare il nostro cuore al denaro e ai beni che ci siamo conquistati, entrando nella dinamica dell'accumulo delle cose materiali che ci danno sicurezza, oppure legare il nostro cuore allo sguardo penetrante e amorevole di Gesù risorto, che ci offre la ricchezza del suo Spirito, uno «Spirito di sapienza», che vale molto di più di «scettri e troni», cioè di ogni posizione sociale di potere. Lo Spirito di sapienza, donato oggi a noi dal Cristo Risorto, a confronto con l'oro, l'argento, il conto in banca, la casa, il lavoro, l'automobile, il cellulare di ultima generazione, la tecnologia più avanzata, è una ricchezza che rende tutte queste cose come se fossero «un po' di sabbia e di fango». Possedere lo Spirito del Risorto è garanzia di vita eterna. Possedere le ricchezze di questo mondo è garanzia di impossibilità di appartenere al Regno di Dio, così come è impossibile che «un cammello passi per la cruna di un ago». Quell'uomo molto ricco si era affannato a correre lungo la strada, per raggiungere Gesù e gettarsi in ginocchio davanti a lui; quel suo correre affannato manifestava tutta la sua insoddisfazione. Sapeva infatti di confidare nei suoi beni, ma percepiva che le ricchezze saturavano il suo cuore e non davano la vita eterna, non gli facevano cioè sperimentare una pienezza di senso della sua esistenza e una vera felicità. Tuttavia non fu capace di cambiare, non si lasciò arrendere allo sguardo penetrante e amorevole del Maestro buono, non se la senti di fidarsi dei cinque inviti di Gesù: andare, vendere tutto, dare ai poveri, poi venire e seguire il Signore. Quell'uomo scelse di rimanere schiavo dei beni che possedeva. Ognuno di noi oggi si trova di fronte alla scelta di prendere sul serio l'accoglienza dello sguardo profondo e amorevole di Gesù. Dall'accoglienza dello sguardo profondo e amorevole di Gesù impariamo ad avere uno sguardo profondo e amorevole verso gli altri, a partire dai più poveri. La scelta di accogliere e confidare nel dono dello Spirito del Risorto, piuttosto che confidare nell'accumulo delle cose che abbiamo, passa attraverso questo gioco di sguardi. Lo sguardo profondo e amorevole di Gesù si rinnova oggi nell'incrocio di sguardi tra noi e il dono dell'Eucarestia. Contemplando il pane e il vino, che diventano per noi corpo donato e sangue versato, lasciamoci arrendere dallo sguardo profondo e amorevole di Gesù che dona tutto se stesso per noi, per la nostra salvezza, per la remissione dei nostri peccati! Ma questo sguardo di comunione tra me e Gesù non si esaurisce qui in chiesa: diventa il suo invito ad andare fuori della chiesa per incrociare i nostri sguardi con quelli dei poveri, dei sofferenti, degli ultimi, ed essere disposti a donare ciò che siamo e che abbiamo. «Andare, vendere tutto e darlo ai poveri» si traduce in uno stile di condivisione, che supera la logica del calcolo e dello scambio di mercato nelle nostre relazioni, basata sull' «Io di do se tu mi dai». Vuol dire vivere tutte le nostre relazioni con gli altri secondo la logica della gratuità: «Se ho, ho per dare, senza pretendere nulla in cambio». «Venire e seguire Gesù» diventa un camminare stupiti dei miracoli che fa la dinamica del dono gratuito nelle nostre relazioni: a nessuno manca nulla del necessario per vivere bene e con dignità, e si potrà sperimentare addirittura la sovrabbondanza del centuplo, perché abbiamo cercato il Regno di Dio e la sua giustizia e il resto ci è stato dato in eccedenza (Mt 6,23). Il Regno di Dio in mezzo a noi è l'affermarsi di gesti di gratuità in una rete di relazioni determinate da calcolo di interessi personali, dove impariamo a vivere del "tutto è dono" della nostra vita, delle nostre capacità, dei nostri averi e del "tutto è donato" confidando nella provvidenza del Padre che non fa mancare nulla ai suoi figli. |