Omelia (21-10-2018)
padre Antonio Rungi
Il potere e la gloria di Cristo Crocifisso

Nel tempo ordinario dell'anno liturgico sembra fuori luogo parlare di Cristo Crocifisso. Eppure la liturgia di questa XXIX domenica del tempo ordinario ci porta proprio a riflettere sul mistero centrale della nostra fede, che è la Pasqua di Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza.

E' Gesù stesso che forma la coscienza e l'intelligenza dei suoi discepoli a questo evento, apparentemente drammatico della vita di Gesù, ma in realtà l'opera più grande e stupenda dell'amore di Dio nei confronti dell'umanità, come soleva ripetere san Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti.

Gesù, infatti, nel brano del Vangelo di Marco di questa domenica, cerca di preparare gli apostoli allo scandalo della croce, ma anche di dare indicazioni precise circa la sua missione, che poi deve essere la missione di ogni suo vero discepolo: "il Figlio dell'uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti".

La missione di Cristo richiede adesione e risposta da parte dei discepoli, impegnati in altri discorsi: "Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».

Molti apostoli di Gesù, sull'esempio del Maestro, per testimoniare la fede in Lui moriranno martiri, in varie parti del mondo, a partire dal principe degli apostoli, San Pietro, morto martire a Roma e poi, di seguito tutti gli altri, fino ad essere inserito come martire anche un apostolo aggiunto, Paolo di Tarso, che non aveva conosciuto Gesù, anzi lo aveva perseguitato mandando a morte i cristiani, lui acerrimo nemico della nuova religione portata da Cristo. Fu poi Paolo a scrivere che non ci sia altro vanto che nella croce di Cristo, per ogni discepolo di questo unico e irripetibile Maestro.

Tuttavia, prima degli eventi della morte e risurrezione di Cristo, gli apostoli, come tutti gli esseri umani, ragionavano e programmavano, prospettavano il loro futuro come sistemazione e posti da occupare, più o meno prestigiosi nel Regno di Cristo, pensato e immaginato come un potere temporale.

Umanamente erano giustificati, ma non come discepoli di un Maestro che aveva fatto capire esattamente per cui era venuto e verso quale meta era diretto. Evidentemente stavano nei loro ragionamenti e non seguivano il pensiero del Maestro. Ecco perché si rivolgono al Maestro con la pretesa di chi deve ricevere una ricompensa, riconoscimento visibile del loro essere parte integrante del progetto di Cristo. Ad esprimere apertamente il loro pensiero sono i due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo».

Gesù ascolta e segue con attenzione ciò che stanno dicendo e chiedendo, per cui risponde subito: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Ebbene, cosa potevano chiedere degli esseri umani avidi di potere e di sistemazione? La richiesta è riportata testualmente nel brano del Vangelo: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».

Sedere nella gloria, cosa significava per loro? Significava occupare il primo posto nella scala del potere regale. E i primi posti erano, infatti e lo sono ancora, quelli che si pongono a lato, di chi presiede e di chi comanda.

Destra e sinistra, in questo caso non sono in opposizione, ma in convergenza. Potremmo capire il perché tante volte nel potere politico opposti schieramenti si mettano insieme per comandare e governare, sotto un leader, perché comunque c'è un interesse, e non un servizio, se non altro quello di dimostrare di essere capaci e più bravi e meritevoli degli altri. E il pensiero di Cristo è chiaro in merito: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono".

Alla conclusione del dialogo tra Gesù e i due apostoli troviamo questo invito a bere il calice e a rimandare la sistemazione definitiva, quella eterna, dei discepoli al giudizio del Padre, alla fine della loro vita. Sta di fatto che Gesù non promette posti e sistemazione ai suoi amici e seguaci, anzi chiede il sacrificio, l'accettazione della prova e della croce e la capacità di donarsi per una causa come quella del vangelo, soprattutto la scelta del servizio e non del comando: "Tra voi, tra i discepoli, però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Gesù modello supremo servizio alla causa dell'uomo, mediante il dono della vita.


Il modello di ispirazione di questo fondamentale atteggiamento è quello che troviamo espresso, anche nel brano della seconda lettura di questa domenica, tratto dalla lettera agli Ebrei.

Questo modello è Gesù Figlio di Dio "sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli e che ha preso parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato". Di fronte a questo modello di comportamento, siamo chiamato ad accostarci "con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno".

Accostarci, chiedere ed ottenere: è il cammino di conversione alla Croce di Cristo, il vero potere e la vera gloria di cui dobbiamo affannosamente cercarne il possesso.


E, infatti, nel brano della prima lettura di oggi, tratto dal profeta Isaia, che ci presenta la persona del Servo sofferente di Javhè ci viene ricordato, parlando del futuro Messia, nostro Signore Gesù Cristo che "al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità".

E' scolpita qui l'immagine e l'effige più vera e rispondente alla missione di Cristo sulla terra, che è quella di Gesù in Croce, di Gesù che offre la vita per noi, davanti alla quale dobbiamo umilmente prostrarci e riconoscere i nostri peccati, come diciamo oggi nella preghiera della colletta: "Dio della pace e del perdono, tu ci hai dato in Cristo il sommo sacerdote che è entrato nel santuario dei cieli in forza dell'unico sacrificio di espiazione; concedi a tutti noi di trovare grazia davanti a te, perché possiamo condividere fino in fondo il calice della tua volontà e partecipare pienamente alla morte redentrice del tuo Figlio". Amen.