Omelia (21-10-2018) |
Omelie.org (bambini) |
Nel Vangelo di oggi, Giacomo e Giovanni si avvicinano a Gesù e gli dicono così: "Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo... Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra". Cosa dite voi bambini? Io sono rimasta un po' perplessa di fronte a questa richiesta, per due motivi. Primo motivo: il verbo "volere" non mi è mai andato a genio. Non so i vostri genitori, ma i miei mi hanno sempre detto che "L'erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re". Cosa significa questo? Ve lo spiego con una storiella. C'era una volta un re che diceva sempre "voglio", "voglio" e non diceva mai per favore. Un giorno, mentre passeggiava nel bosco, vide un'erba che aveva dei fiorellini gialli tanto carini e pensò: "Quest'erba fa dei fiori molto più belli di quelli del mio giardino. Non è giusto che sia qui nel bosco." Il re, allora, comandò subito al suo seguito: "Voglio che quell'erba sia portata nel mio giardino e messa sotto la mia finestra, perché voglio vedere i fiorellini gialli la mattina quando mi sveglio. Voglio che il giardiniere reale venga immediatamente qui a prendere l'erba e voglio che la trapianti subito nella reggia." E così fu. Ma le cose non andarono come il re voleva: i fiorellini gialli non crescevano. Tutte le mattine il re si metteva a strillare: "Voglio i fiorellini gialli che mi piacciono tanto! Voglio che il giardiniere venga qui immediatamente! Il povero giardiniere faceva di tutto ma senza risultati. Il re, allora, fece un bando in cui si diceva che chi sarebbe stato capace di far crescere i fiorellini gialli sarebbe stato nominato principe. Vennero giardinieri da tutte le parti del mondo e il re continuava a dire: "Voglio che quell'erba faccia i fiorellini gialli". I giardinieri non ottenevano nessun risultato e l'erba stava cominciando a seccare. Un giorno arrivò a palazzo uno strano personaggio che disse al re: "Io sono il mago Babalù e so come far crescere l'erba che fa i fiorellini gialli." "Voglio saperlo! Voglio saperlo!" gridò subito il re. Il mago sorrise: "Non so se vostra maestà ne sarà capace. Bisogna chiedere all'erba di crescere dicendo sempre "per favore" e non bisogna mai dire "voglio" in sua presenza... né all'erba, né a nessun altro. Non appena l'erba sente dire "voglio", smette di crescere, anche se sta nei giardini del re." Il re dapprima si arrabbiò moltissimo e pensò: "Io sono il re! Cosa sono diventato re a fare se non posso dire "voglio" a nessuno, nemmeno all'erba!" Il re stava quasi per comandare: "Guardie, voglio che prendiate il mago Babalu' e gli tagliate la testa!"... ma si rese conto che, se faceva così, non avrebbe mai più visto quei bei fiorellini gialli. Cercò allora di calmarsi e disse: "Mago Babalù, ti ringrazio moltissimo del tuo consiglio. Se quello che hai detto è vero, voglio, anzi desidero che tu sia nominato principe. Ma sta attento: se mi hai mentito ti taglio subito la testa!". Il re andò subito nel giardino e disse all'erba: "Erba, erbuccia mia, vuoi fare per favore quei fiorellini gialli che a me piacciono tanto? Ti innaffierò quando vuoi e ti porterò i migliori concimi." Il re ebbe l'impressione che l'erba annuisse. La mattina dopo, quando il re si affacciò alla finestra, vide che l'erba aveva fatto dei bellissimi fiorellini gialli. Il re fu contentissimo: nominò principe il mago Babalù e gli fece sposare una sua figlia. Si fece una grande festa che durò tre giorni. Da quel giorno in poi il re non disse mai più "voglio" e fu sempre gentile con tutti. Cosa significa questo? Che non possiamo sempre ottenere tutto ciò che desideriamo se lo chiediamo con insistenza, con prepotenza, facendo i capricci... perché nemmeno un re (che anticamente era l'autorità massima) poteva ottenerlo in questo modo! Secondo motivo: proprio due apostoli, Giacomo e Giovanni, che vivevano sempre vicini al Maestro, che sentivano tutti i suoi discorsi in cui insegnava ad essere umili, pazienti, a non volere niente con arroganza, a servire e non a essere serviti, a non chiedere i primi posti per se stessi... proprio loro dicono di volere "sedere, nella gloria di Gesù, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra"! Evidentemente, i discepoli non avevano ancora capito che cosa significava seguire Gesù! Per loro essere così vicini al Maestro significava avere fatto una qualche carriera, aver fatto un passo in avanti per ottenere una certa posizione sociale. Ma Gesù sgonfia subito la loro pretesa. Egli non viene a stabilire un regno di questa terra uguale a tutti gli altri nei quali si conquista il potere per dominare e sfruttare! Nel regno di Gesù tutto è al rovescio, perché è il regno di Dio e non degli uomini. Il Signore non ha bisogno di dominare né di sfruttare, anzi! Egli è venuto sulla terra per amare e per questo si fa servo, partecipa ai bisogni di tutti, fa sempre del bene. Non solo. Egli è il servo che si mette in spalla la croce, che si lascia appendere alla croce e salva l'umanità donando la sua vita. Questa è la logica "al rovescio" del Vangelo: il più grande è colui che serve perché più ama. Gesù, come risposta ai due discepoli, chiede: "Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?". Cosa vuole dire? Bere il calice, per il popolo ebraico, significa accettare di morire. Gesù, che si stava incamminando verso Gerusalemme, stava andando proprio a morire e per questo dice "il calice che io bevo". Parla poi di battesimo, che significa immersione. Ci si può immergere nell'acqua per sport, per fare pesca subacquea, per divertirsi... ma, a volte, nell'acqua si può anche morire! Qui, nel Vangelo, vuol dire proprio "morire". Col battesimo, infatti, noi moriamo con Cristo. Ma non moriamo mica fisicamente!! Muore solo tutto ciò che di brutto c'è in noi, muore cioè l'uomo "vecchio"... e poi, proprio assieme a Gesù, risorgiamo ad una vita nuova, ad una vita "per sempre": rinasciamo come uomini "nuovi". Il nostro Maestro, dicendo queste parole agli apostoli, afferma che stargli vicino significa essere capaci di accettare di far morire tutto quello che in noi non va: i capricci, il desiderio di primeggiare, la superbia che ci fa prendere in giro i nostri compagni, l'egoismo, il volere tutto e subito... Capite anche voi allora che sedersi alla Sua destra e alla Sua sinistra non è come sedersi vicino al trono dei re che regnano su questa terra! Stare vicini a lui nella gloria è solo di chi, anche nei momenti difficili, è capace di seguirlo, di bere lo stesso calice, di accogliere lo stesso battesimo. Nel Regno di Dio non sono le persone a mettersi a servizio del re, ma è il Re, è Dio stesso che si fa servitore di tutti! E come lo fa? Donandoci suo Figlio che, con la sua morte e risurrezione, si è fatto servo per riscattarci, cioè per liberarci da ogni tipo di male e da ogni paura che potrebbero esserci nei nostri cuori. Con questo Suo dono siamo diventati fratelli di Gesù: anche noi "re". È, questa, una "parentela" davvero impegnativa... una parentela che ci chiede di "regnare" come ha fatto Gesù. Chi ci sta? Commento a cura di Maria Teresa Visonà |