Omelia (01-11-2018)
fr. Massimo Rossi
Commento su Matteo 5,1-12

Auguri a tutti!
La Tradizionale festa di Ognissanti ci propone figure di uomini e donne che vissero la scelta cristiana in modo esemplare e guadagnarono giustamente un posto nel Calendario Romano. Dunque la Chiesa riconosce a questi fratelli e sorelle nella fede il merito di aver fatto della loro vita, in modo eccellente, ciò che tutti siamo chiamati a fare, individualmente e come comunità: un'occasione, l'unica, per rispondere al dono ricevuto, dando il meglio! Non c'è situazione che possa impedire di vivere pienamente la propria fede, come recita la formula delle promesse matrimoniali: "...nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia... fino alla morte ".
Il famoso discorso delle Beatitudini che ogni anno la liturgia propone in occasione dell'odierna solennità, è proprio la sintesi, il compendio delle esperienze, degli stati d'animo, nei quali possiamo sperimentare la presenza - assenza? - di Dio, il suo aiuto, le sue consolazioni.
Quest'anno vi propongo un esperimento da fare a casa... che è poi lo stesso proposto dal Vangelo di Matteo al cap.25, una pagina per molti aspetti affine al discorso della montagna.
La domanda è la stessa: QUANDO?
- Quando ci siamo sentiti poveri in spirito?
- Quando abbiamo pianto?
- Quando la mitezza è stata l'espressione della nostra interiorità?
- Quando abbiamo desiderato con tutto noi stessi la pace e ci siamo spesi in favore di questa?
- Quando la fame della giustizia ha guidato la nostra ricerca?
- Quando abbiamo usato misericordia?... e quando l'abbiamo implorata?
- Quando la purezza ha vinto in noi sull'ambiguità?
- Quando abbiamo assaporato il gusto amaro dell'odio, della riprovazione altrui?

In ognuna di queste situazioni, quantunque in modo diverso, sperimentiamo uno senso di povertà, di deprivazione, di smentita di quell'innato, forse istintivo, desiderio di "star bene"...
Eppure Gesù dichiara beati coloro che versano in simili condizioni.
Che cos'è, allora, e da dove nasce la beatitudine secondo il Vangelo?
La beatitudine nasce dalla consapevolezza di trovarsi dalla parte di Cristo, anche e soprattutto quando la conformità al figlio di Dio costa lacrime e sangue.
La beatitudine di cui sopra è molto, molto più che il semplice, momentaneo - e talvolta banale - star bene!
Nostro malgrado, confondiamo spesso la beatitudine con altri stati d'animo per lo più emotivi, che ben poco hanno a che vedere con la stessa, o per profondità, o per durata, e che rispondono sostanzialmente alla domanda: "Se mi fa star bene, perché no?".
E non mi riferisco solo ai più giovani, i quali, a detta dei vecchi, seguono passivamente il principio del piacere, nelle sue variegate declinazioni.
La beatitudine secondo Cristo non sempre - anzi, spesso no! - si accompagna a sensazioni piacevoli, positive, di appagamento,... quelle che, avvertite negli altri, ci fanno esclamare: "Beato te, beata te!", "Beati voi!".
E sì, c'è molta confusione su cos'è bene, non solo su che cos'è peccato!


Il discorso ci porterebbe molto lontano; esiste un male oggettivo, che, commesso, renda colpevoli di peccato? esiste un bene oggettivo, che cioè possa essere inteso e vissuto come bene per tutti?
Oppure il bene e il male ricevono la loro connotazione positiva, o negativa, nella misura in cui il soggetto ne diventa consapevole, in possesso, cioè, della piena facoltà di intendere e di volere, e non solo? Pensate soltanto a talune perversioni - lo dice anche il termine - che suscitano piacere in un individuo, mentre sono avvertite come un male reale e suscitano la riprovazione sociale...
Ripeto, il discorso è delicatissimo e molto complesso, per essere affrontato in modo esaustivo in questa sede. Detto in generale, se non fosse possibile identificare un male oggettivo e un bene oggettivo, nessuno, a cominciare dalla Chiesa, potrebbe arrogarsi l'autorità di indicare una strada, e di correggere coloro che ‘tralignano' per ricondurli sulla cosiddetta ‘via del bené. Ma non potrebbe esistere neppure uno stato di diritto, il quale annovera non atti buoni o cattivi, moralmente o religiosamente connotati, bensì azioni e condotte secondo la legge, o contrarie alla legge, che favoriscono, o pregiudicano l'ordine pubblico e l'integrità delle persone...
Quando la soggettività, certo essenziale all'autodeterminazione, diventa puro e cieco soggettivismo, è giocoforza che il principio del piacere, o del "mi sento - non mi sento", "mi fa star bene..." - chiamatelo come volete! - può condurre fatalmente a derive assai, assai pericolose!

Ma oggi è la festa di Tutti i Santi!
Stiamo facendo i conti con una pagina di Vangelo, tra le più esigenti e in controtendenza, rispetto ad un diffuso sentire, dal cui successo dipende anche il successo del mercato, quel grande, immenso, pressoché onnipotente deus ex machina del pensiero occidentale.
Ora, secondo il pensiero di Cristo, prima che della Chiesa, esistono dei beni assolutamente non negoziabili, per difendere i quali, si può giungere a rinunciare a sé stessi...
- la mitezza
- la giustizia
- la misericordia
- la purezza e trasparenza del cuore
- la pace
- la coerenza disarmata e disarmante della fede
Se anche per noi, questi sono beni non negoziabili, per i quali si può addirittura dare la vita, allora beati noi! Non siamo lontani dalla santità... o, come dice Gesù di Nazareth, non siamo lontani dal Regno dei Cieli.