Omelia (04-11-2018) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Marco 12,28-34 Riprendiamo dal punto in cui eravamo rimasti tre giorni fa... ricordate, ho concluso l'omelia di Tutti i Santi, citando proprio le ultime parole di Gesù riportate dal Vangelo di oggi: "Non sei lontano dal Regno di Dio."; come dire: la fede è un buon punto di partenza, il migliore per raggiungere la beatitudine, non solo dopo la morte, ma anche in questa vita. Tuttavia è soltanto il punto di partenza! La fede è come le fondamenta: non si può interrompere la costruzione di una casa, dopo aver gettato le fondamenta! lo dice anche il Vangelo!! Ed eccoci appunto al Vangelo: la risposta del Signore alla domanda dello scriba, è in realtà una doppia risposta, anzi, tripla: il "comandamento primo primo" non riguarda immediatamente le verità su Dio, ma le nostre disposizioni interiori ad accoglierle e a obbedirvi: queste disposizioni interiori si riassumono in un solo verbo: ascoltare. Il termine, in ebraico ‘shmà', era talmente importante presso gli Israeliti da diventare il titolo della massima pronunciata dal Signore: come per noi il Magnificat, il Benedictus, il Nunc dimittis... per gli Ebrei era, ed è ancora, lo Shmà. Noi, come tutti, ascoltiamo poco... ci manca la disposizione all'ascolto; siamo onesti: non si può ascoltare la voce di Dio quando stiamo facendo altro! ci vuole tempo e spazio dedicati solo a Lui, affinché la Sua voce risuoni nella nostra mente e prenda casa nel nostro cuore. Ma il tempo da perdere per Dio non c'è mai, mentre le urgenze aumentano ogni giorno che passa! Famoso quel detto affisso sul portale di una chiesa: "Non permettere che le cose urgenti abbiano il sopravvento su quelle importanti!". Obbiezione: "Le so a memoria le parole del Vangelo: l'ho letto tante volte, e lo ascolto in chiesa, ogni domenica!...e poi, son mica un prete, o una suora!"... Mi permetto di sollevare più di un dubbio sul fatto che il cristiano medio abbia letto più volte il Vangelo, e anche sull'ascolto domenicale... La liturgia della Parola è la cenerentola della Messa... Quella che per il 90% dei fedeli rischia di essere l'unica occasione per ascoltare una pagina della Bibbia, va quasi sprecata, a motivo del via vai di coloro che arrivano all'ultimo momento, o addirittura in ritardo - e non sono pochi! -.... In parte è colpa di noi preti: secoli fa - pensate quale aberrazione, quale ipocrisia! - avevamo stabilito una norma, in base alla quale, il precetto festivo era soddisfatto, a condizione di arrivare in chiesa prima che il celebrante scoprisse il calice sull'altare, cioè al momento dell'offertorio. Chi fosse entrato in chiesa dopo, commetteva peccato grave e non poteva ricevere la Comunione, senza prima essersi confessato. Con l'avvento del Concilio, 60 anni fa, le cose, almeno sulla carta, cambiarono parecchio, anche in fatto di partecipazione del popolo di Dio agli atti di culto. Nonostante questo evento, un fatto epocale, dicevano gli osservatori del tempo, che certamente avrebbe segnato in modo indelebile la storia della Chiesa, la qualità della partecipazione della gente alla liturgia domenicale non è granché migliorata: da parte dei vecchi, perché vecchi; da parte dei giovani, perché giovani... Mi spiego: molti di coloro che hanno superato i sessant'anni, hanno conservato la mentalità e le abitudini di prima del Concilio. I più giovani invece, nati in un contesto sociale non più formalmente religioso, hanno risentito delle spinte centrifughe del costume, non educato all'ascolto; del resto, come si fa ad ascoltare, chi o che cosa si può ascoltare, immersi come siamo nel frastuono e nello stordimento generale, tra voci e messaggi contraddittori, nessuno dei quali, o quasi, è favorevole al Vangelo? Che si può dire? che si può fare? Possiamo arrenderci! Ci abbiamo provato, sinceramente e convintamene, ci abbiamo provato! "Ad impossibilia nemo tenetur!" scrivevano i latini; nessuno è obbligato a compiere l'impossibile. Le missions impossible le andiamo a vedere al cinema... a chi piace il genere. Con buona pace di san Paolo (cfr. Rm 12,1-2), conformarsi alla mentalità di questo mondo è pressoché inevitabile; troppo violente e seducenti le forze che remano contro! Ci eravamo illusi di poter cambiare il mondo... E invece è il mondo che ha cambiato noi! Oppure possiamo ancora crederci! A condizione di investire in questo ascolto le nostre energie migliori; e, naturalmente, una volta ascoltata la Parola, metterla in pratica con tutto noi stessi: cuore, spirito, mente, energie fisiche,... tutto! I comandi del Signore ruotano intorno all'amore: amore per Dio e amore per il prossimo. E l'amore di sé? (l'amore di sé) è la risultante degli altri due: pensare a Dio e al prossimo, donarsi a Dio e al prossimo, nelle sue diverse declinazioni - amore coniugale, amore familiare, amore di amicizia, amore di consacrazione, amore sacerdotale, rispetto per gli altri, servizio premuroso e gratuito,... - trasforma tutta la vita in un dono, che è il modo migliore di utilizzare il nostro tempo e diventare sempre più noi stessi. Un dono prezioso è il pensiero concreto più gradito, tanto per chi lo riceve, quanto per chi lo fa. Il donatore non dona qualcosa che non gli piace, e ce la mette tutta per presentarlo anche nel modo migliore. Dal canto suo, colui che lo riceve sa di non meritarlo, di non averne alcun diritto; ma lo aspetta e lo accoglie come manifestazione di amore sincero e disinteressato. Insomma, tutto contribuisce a fare del dono il cuore della festa! La solennità del Natale è il caso più chiaro del valore supremo del dono! Ma, attenzione: non mi riferisco in prima istanza ai regali che ci facciamo a vicenda il 25 dicembre! O, meglio, i nostri regali sono in certa misura una risposta al grande dono che Dio ci ha fatto: suo Figlio! Che meraviglia! Sembra una favola, una bellissima favola... forse troppo bella per essere vera. Il senso del Natale: "Come ho fatto a voi, così voi fate altrettanto l'uno per l'altro"; il senso della Pasqua: "Come io ho amato voi, così anche voi amatevi gli uni gli altri". Ebbene, siamo riusciti a svuotare del loro significato primitivo anche queste due parole, Natale e Pasqua; e vi abbiamo associato altri significati che molto poco hanno di evangelico... praticamente nulla. E così siamo di nuovo da capo. Non manca molto a Natale, meno di due mesi; già le strade del centro risplendono di luci e di colori che invitano a passeggiarvi e, nel frattempo, si inganna il tempo guardando le vetrine... Proprio a Natale, ricordiamoci di questa pagina di Vangelo: "Il Signore è l'unico Dio, amalo! e ama il tuo prossimo; così amerai bene anche te stesso!". Ah, dimenticavo: c'è un ultimo aspetto del comandamento dell'amore: la riconoscenza. Di questo parleremo a Pasqua... |