Omelia (28-10-2018)
don Luciano Cantini
Dentro la strada

Partiva da Gèrico

Da Gerico a Gerusalemme c'è una giornata di cammino, un sentiero in salita non solo per il dislivello dei monti. La salita di Gesù va oltre per inerpicarsi sul Calvario, con quale animo è complicato immaginarlo; per tre volte aveva parlato della sua fine imminente tra l'incomprensione di Pietro e la prospettiva fuorviante di Giacomo e Giovanni, ancora lo seguono i discepoli ed una folla... fin dove? Fin dove arriva la loro visuale.

Lungo quella strada, sul ciglio della emarginazione, c'era anche Bartimèo a mendicare.

È significativo che tra tanti che Gesù ha incontrato di lui si ricordi il nome; era diventato cieco, incapace di percepire in pieno la realtà che lo circonda, la storia che gli passa accanto. La sua cecità però non gli impedisce di essere attento con l'udito, di "sentire" la realtà in movimento, di scandagliarne il senso. Oggi sappiamo che l'organo dell'equilibrio risiede negli orecchi, questo potrebbe aiutarci nella nostra riflessione, su come prendiamo coscienza della nostra storia e del mondo che ci circonda: Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? (Mc 8, 17-18).


Cominciò a gridare

La vicenda di Bartimeo inizia proprio dall'ascolto, coglie il fatto che sta passando il Nazareno, ma anche che si sta allontanando. È necessario gridare per farsi sentire: è il grido di ogni sofferente, di ogni emarginato, di ogni perdente, di coloro che si trovano bloccati - o costretti - sul ciglio della strada della storia. Oggi, al posto di Bartimeo ci sono gli esclusi dalla nostra società, i poveri, migranti, disoccupati, tutte le persone la cui voce rimane inascoltata.

Intorno ci sono sempre i benpensanti che si preoccupano che non sia turbato il loro andare della vita: lo rimproveravano perché tacesse. Nella vita frenetica e egoistica di oggi, siamo talmente concentrati sui problemi personali da non ascoltare il grido degli altri, il bisognoso diventa un disturbatore, uno che crea problemi. E storia di sempre, di chi è cieco e sordo perché non vuol vedere e non vuole sentire, allora impone il silenzio (in quanti luoghi è impedita la libertà del giornalismo e quante lotte perché il potente di turno occupi i posti chiave della comunicazione!), si costruiscono muri perché quel grido rimanga dall'altra parte della nostra esistenza.

Anche nelle chiese si chiede il silenzio ed il raccoglimento, come se le grida degli uomini debbano rimanere fuori, non riguardassero Dio.

Gesù ascolta quel grido e si ferma, non va incontro ma coinvolge coloro che gli stavano d'intorno e che nascondevano la sua presenza: «Chiamatelo!». Le barriere devono saltare e gli animi si devono raccordare, il grido di uno deve diventare il grido dell'altro.


Balzò in piedi

Il cambiamento è immediato e radicale: balza in piedi e getta il mantello, si libera di "tutto quello che ha" (cfr, Mc 10,21), non è più solo, va verso Gesù al buio, come ogni cammino di fede, sorretto dagli altri. La vita riprende possesso di Bartimèo, il Nazareno diventa Rabbunì (mio maestro) e la richiesta di pietà acquista un significato preciso: la vista.

La fede compie il suo miracolo: gli apre gli occhi e lo mette in movimento. «Va', la tua fede ti ha salvato», dice Gesù, che è molto di più di una vista riacquisita perché coinvolge tutto il suo essere, la dimensione della vita che era fin dall'inizio, prima che il peccato guastasse ogni aspetto della esistenza.

Il peccato ha questo effetto: ci impoverisce e ci isola. È una cecità dello spirito, che impedisce di vedere l'essenziale, di fissare lo sguardo sull'amore che dà la vita; e conduce poco alla volta a soffermarsi su ciò che è superficiale, fino a rendere insensibili agli altri e al bene (papa Francesco).

«Va', la tua fede ti ha salvato», è la Fede che ci salva, ci fa entrare nella liberazione. Bartimèo si mette a seguire Gesù su quella stessa strada che lo aveva tenuto seduto ai margini a mendicare. La fede diventa il punto per una nuova partenza, di una dinamica nuova della vita: passa dal ciglio periferico (para ten odon = nei pressi della via) a dentro la strada (en te odo = nella via).