Omelia (28-10-2018)
don Maurizio Prandi
La compassione: verità di Dio, responsabilità dell'uomo!

Il vangelo di Marco, lo sappiamo, risponde a due domande principali:

- chi è Gesù (ed è il contenuto della prima prima parte, fino al capitolo 8),
- chi è il discepolo (nella seconda parte).

Rispetto alla seconda domanda, il capitolo 10, che abbiamo ascoltato nelle ultime domeniche, gioca un ruolo fondamentale per poter capire. Nel ritiro che venerdì mattina padre Lino ha predicato ai presbiteri della nostra Diocesi, diceva: il discepolo, etimologicamente, è l'apprendista! La vita cristiana, la vita di fede, mette tutti in questa condizione, tutti! E allora mi dico: il papa è un apprendista, il vescovo, il prete, tutti siamo apprendisti e la bellezza del cap. 10 del vangelo di Marco sta anche in questo. Gesù, alle persone che incontra, alle persone che lo hanno raggiunto, chiede di apprendere, di imparare. Da come gli sposi si donano e si accolgono, fino ai bambini, passando per i poveri (va, vendi quello che hai, dallo ai poveri...), da tutti dobbiamo imparare.


Di più. A chi gli vuole stare particolarmente vicino, Gesù chiede di imparare questo: vicinanza non è questione di potere o di gloria o di importanza o di successo; vicinanza è essere immersi nel suo amore, nella sua vita, nel suo dono. In questo senso il vangelo di oggi è il vertice del cammino del discepolo, perché Bartimeo, che possiede tutte queste caratteristiche, lo seguirà in questa ultima tappa del cammino della sua vita. Il verbo camminare: torna un verbo che abbiamo incontrato in questi primi giorni della novena ai santi e ai defunti. Siamo a Gerico, che è l'ultima tappa per i pellegrini che si recano a Gerusalemme; anche per Gesù e per i suoi, una compagnia particolare quella cui si affida Gesù per la parte più difficile del pellegrinaggio: la salita verso Gerusalemme ha come protagonista Gesù, che si circonda di gente certamente fallibile, dal cuore indurito, arrivista, ma anche guarita ed entusiasta (come Bartimeo...).


Bartimeo viene proposto come il modello del vero discepolo:

- non Giacomo e Giovanni che desiderano sedere accanto a Gesù, ma Bartimeo, che sentendosi chiamato balza in piedi;

- non quel tale che aveva osservato fin da piccolo i comandamenti ed incapace di osservare la richiesta di Gesù, ma Bartimeo, che sentendosi chiamato getta via tutto quello che possiede: il mantello che lo ripara dal freddo e dalle intemperie. N.B. il nostro amico lascia per sempre quel mantello; il vangelo è molto chiaro: una volta conosciuto Gesù, non lo va a riprendere!

- non i discepoli e la folla che attorniano Gesù, ma uno che ha un nome e un padre (quindi una storia), e che occupando un posto ai bordi della strada, possibilmente lì deve rimanere (lo sgridavano perché tacesse...);

- non chi esclude, ma chi ha compassione. E qui Bartimeo - scrive don Daniele Simonazzi - ci fa fare un salto importante in avanti, sì perché Bartimeo per primo ha pietà di Gesù!


Sapete, lo ripeto spesso, che il verbo greco che sta sotto alla parola pietà è il verbo del coinvolgimento. Chiedendo pietà si chiede all'altro di coinvolgersi nella vita di chi gli sta di fronte. Bartimeo chiedendo a Gesù la pietà gli chiede semplicemente di essere se stesso: sei Dio? Non puoi chiamarti fuori! Sii te stesso! In questo senso quando qualcuno si avvicina e ci chiede di aver pietà, ci fa un grande favore perché ci dà la possibilità di essere cristiani, di essere noi stessi.


Bartimeo oggi ci dice una cosa importantissima: la verità di Dio e di conseguenza la responsabilità dell'uomo, è la compassione! Il cieco ha visto la compassione e non riprende il mantello perché potrebbe servire ad altri, il cieco si mette per strada con Gesù perché ha compassione di lui, della sua scelta, della sua condizione di solitudine, di fatica, di paura nel salire a Gerusalemme.


Che Dio sia nei panni della compassione ce lo hanno ricordato le letture di oggi: anche se la folla va (vangelo), la compassione fa fermare Dio, questo Dio che conduce il suo popolo (prima lettura), ma il suo sguardo non è sui forti, sui vincenti, ma sul cieco e sullo zoppo, sulla donna incinta e sulla partoriente; e la seconda lettura che afferma la solidarietà di Gesù, che condivide il sacerdozio degli uomini: la lettera agli Ebrei evidenzia la "debolezza" umana del sacerdote, che condivide in tutto l'ordinaria situazione di tutti, ed è quindi "anche lui rivestito di debolezza". Debolezza che Gesù assume nella sua assoluta innocenza: dalla sua nascita a Betlemme, al battesimo di Giovanni Battista, fino, (e a quel momento lo accompagnerà anche Bartimeo con quel seguiva che è un imperfetto durativo scrivono i biblisti) alla morte tra i malfattori!