Omelia (04-11-2018) |
Missionari della Via |
Commento su Marco 12,28-34 Uno scriba, ovvero un esperto della sacra Scrittura, si avvicina a Gesù per chiedergli quale sia il primo in ordine di importanza dei comandamenti. A quel tempo, questa era una discussione molto accesa. I dieci comandamenti erano stati interpretati e "sminuzzati" in una "selva di precetti" che rendevano impossibile la loro osservanza. Perciò si cercava di darne una priorità per riuscirsi ad orientare. Gesù nella sua risposta mette al primo posto l'amore per Dio che deve coinvolgere tutta la persona, distinguendolo dal secondo, ovvero l'amore per il prossimo, ma in modo sorprendente li qualifica come un unico comandamento. Vediamo meglio. La risposta di Gesù richiama anzitutto il famoso šema' yiśrā'ēl (ascolta Israele) di Deuteronomio 6,4-5 con cui iniziano i comandamenti. Dio inizia dicendoci: ascolta. Ascoltare vuol dire far spazio a quella parola che si ode, farla penetrare nel cuore e custodendola, far sì che si incarni nelle opere. Dall'ascolto entra la fede, entra la vita. Ascolta dunque; non rimanere chiuso, rinserrato nei tuoi pensieri e progetti. Ascolta: il Signore nostro Dio è l'unico Signore. È l'unico, non c'è ne sono altri. Eppure quante volte diamo il nostro cuore ad altri presunti "signori" che ci dominano e schiavizzano. Quante volte assolutizziamo ciò che ci dà piacere, ciò che è alla moda. Quante volte ci disperdiamo in spiritualità astratte, cercando qui e lì dove fondare la vita. Il nostro Dio è l'unico. Dunque lo amerai con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente. Gesù esprime le caratteristiche dell'amore per Dio, che deve coinvolgere tutta la persona e tutto il suo impegno. Vuol dire orientare a lui pensieri, affetto, volontà, cercandolo in ogni cosa, cercando di amarlo in ogni cosa, facendo con tutto il cuore ciò che qui e ora ci chiede. Risuona per tre volte: con tutto... Quante volte diamo tutto il nostro cuore, rimanendo delusi e magari traditi, a persone, progetti, lavoro, carriera. Possiamo dire di amare Dio con tutto noi stessi? Chissà come cambierebbe la nostra vita se provassimo a farlo! A questo comandamento, Gesù associa un comandamento che già c'era nell'Antico Testamento in Levitico 19,18, che è quello di amare il prossimo come se stessi. «Solo nella misura in cui ognuno sperimenta un sano amore per sé, come creatura nata dall'amore di Dio, fatta a sua immagine e somiglianza, è capace di amare gli altri con un amore autentico» (Sergio Briglia). Gesù così ci mostra che i due comandamenti seguono un certo ordine, ma ne formano uno solo, perché l'amore è un'unica realtà che abbraccia Dio e gli altri: non è a compartimenti stagni o escludente (uno lo amo l'altro no), ma è inclusivo. San Giovanni nella sua lettera dice che nessuno può amare Dio che non vede, se non ama il fratello che vede. Lo scriba gioisce per la risposta di Gesù e ne coglie il cuore: amare val più di tutti gli olocausti e i sacrifici, frase che riprende Osea 6,6 dove Dio aveva detto: «voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più di tutti gli olocausti». Spesso Dio tramite i profeti aveva rimproverato un culto vuoto, senza amore, ridotto a un ritualismo sterile. L'autenticità del nostro rapporto con Dio e del nostro amore per lui la si vede nell'amore che abbiamo verso gli altri. Possiamo pregare 10 ore al giorno per sentirci a posto, ma se quella preghiera non ci porta a cambiare nei nostri modi di fare, serve a ben poco. Ecco il cuore della nostra fede: amare Dio con tutto noi stessi e il nostro prossimo come noi stessi, anzi, Gesù dirà, come io vi ho amati, cioè nella misura della croce, dando la vita per gli altri. L'amore potremmo dire che è il termometro della fede ed è l'anima della stessa. Che il Signore ci aiuti a fare della nostra vita un capolavoro d'amore. |