Omelia (04-11-2018) |
diac. Vito Calella |
L'essere abitati da Dio fa la differenza «Ama il prossimo tuo come te stesso» (Mc 12,31 = Lv19,18b): se vuoi amare davvero il prossimo prendi come misura l'amore che tu dai a te stesso, alla tua vita, alla tua dignità umana, alla tua salute! «Ama il prossimo tuo come te stesso» ci ricorda la regola d'oro del Vangelo: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, voi fatelo a loro: questa è infatti la Legge e i Profeti» (Mt 7,12 = Lc 6,31). Sono parole di saggezza che valgono per tutti, credenti e non credenti. Se abbiamo un sano rispetto di noi stessi, perché non averlo anche verso gli altri? Ma per noi cristiani c'è qualcosa di più, che supera la saggezza di questo comandamento dell'Antico Testamento o del bel proverbio proposto da Gesù: «con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima, con tutto il nostro pensiero, con tutta la nostra forza», siamo abitazione di Dio, ospitiamo in noi il dono che il Cristo risorto ci ha fatto: il dono dello Spirito Santo. Il Cristo risorto ci è stato presentato oggi nella lettera agli Ebrei come «il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli [...], colui che ha offerto se stesso» per noi uomini e per la nostra salvezza. Gesù «ha offerto se stesso» nella morte di croce per donarci da sommo sacerdote, cioè da Risorto, il dono del suo Spirito. «Amare se stessi» è prima di tutto una esperienza di gratitudine, che nasce dallo stupore di contemplare la nostra corporeità vivente come abitazione di Dio, tempio vivo dello Spirito Santo: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?» (1Cor 3,16). Per noi cristiani «amare se stessi» non significa solo rispettare il proprio io, la propria salute, i propri progetti, i propri interessi, ma significa sentire con profonda gratitudine che Dio abita in noi, in questo nostro fragile corpo. Il Padre, per mezzo dello Spirito del Figlio risorto, presente in noi, accompagna con rispetto l'esercizio difficile della nostra libertà, sapendo che Lo possiamo riconoscere o rinnegare. Lui ci ha amati per primo, è già presente in noi, non occorre cercarlo fuori di noi. Noi cristiani «amiamo noi stessi» abitati da Dio! Cosa significa «amare Dio con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima, con tutto il nostro pensiero, con tutta la nostra forza»? È lasciare che Dio sia il Signore della nostra esistenza facendogli ospitalità in noi. È fare del nostro cuore e della nostra anima come un fragile vaso di terracotta che riconosce e lascia agire in noi il dono dello Spirito Santo, il dono della gratuità dell'amore. È farlo in modo libero e cosciente, con tutto il nostro pensiero e con tutte le nostre forze. Questo è possibile dedicando ogni giorno spazi e tempi di preghiera silenziosa, per affinarci all'ascolto e allo stare in comunione con la presenza divina in noi. «Ascolta Israele»: è un invito a non trascurare la preghiera del silenzio, irrorata della luce della Parola di Dio, ispirata dalla presenza dello Spirito Santo che ci illumina, ci fa comprendere il senso più profondo della vita. Altrimenti la nostra vita quotidiana corre via trascinata dal vortice delle tante cose da fare, a servizio dei nostri interessi personali. «Ama Dio con tutto il tuo cuore, con tua la nostra anima, con tutto il tuo pensiero, con tutta la tua forza»: significa vivere di quella gratitudine che nasce dallo stupore di riconoscere te stesso abitato dalla presenza di Dio. «Amare il prossimo tuo come te stesso»: significa contemplare ogni persona, che incrocia la tua esistenza, come "abitata dalla presenza dello stesso Spirito", così come tu sei abitazione di Dio. Cosa significa vivere gli incontri con gli altri contemplando in loro il dono di una esistenza abitata dallo stesso amore gratuito di Dio presente in noi? È un vivere da fratelli e sorelle, perché tutti siamo figli amati dell'unico Padre. È accogliere l'altro come dono e farsi dono nel rispetto profondo della sua condizione umana, qui ed ora. Se incontro l'ammalato, basterà la mia presenza silenziosa e solidale con la sua sofferenza, nel silenzio. Se incontro il diverso o il lontano dalla fede la mia presenza per lui sarà rispettosa e paziente come è stata quella di Dio per me. Se incontro il nemico che mi ha offeso, la mia presenza per lui sarà di perdono, come è stata l'offerta per me di Gesù sulla croce. Amare il prossimo è far irradiare il "me stesso" con lo Spirito Santo che abita in me; è un diventare luce e fuoco di gratuità in tutte le mie relazioni. Questo basta per «non essere lontani dal Regno di Dio». |