Omelia (04-11-2018) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Rocco Pezzimenti 1. Il racconto evangelico odierno è il proseguimento di una discussione che Gesù intrattiene con i sadducei sulla resurrezione. Molti l'avevano ascoltata e uno di questi aveva riconosciuto che il Salvatore aveva risposto bene per cui pone una domanda: "Qual è il primo di tutti i comandamenti?". Il Maestro risponde con sintetica chiarezza: "Il primo è: Ascolta Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore" e poi aggiunge che per questo merita di essere amato con tutte le nostre forze e facoltà, nessuna esclusa. Ma subito si affretta ad aggiungere che il secondo, come conseguenza, è: "Ama il prossimo tuo come te stesso. Non ci sono altri comandamenti maggiori di questi". 2. Lo scriba, postosi come esaminatore, risponde in modo apparentemente saccente: "Bene, Maestro, hai detto con tutta verità: Egli è l'unico e non c'è altri che lui". È per questo che merita di essere amato con una donazione totale che supera "tutti gli olocausti e ai sacrifici". Ora è Gesù che apprezza la risposta dello scriba ed afferma: "Non sei lontano dal Regno di Dio". Lo incoraggia come a dire: continua, sei sulla buona strada, ma quel "non sei lontano" sembra nascondere ben altro. Sembra quasi voler svelare un mistero. Quel "non sei lontano" evidenzia che si deve ancora camminare, quasi quei due comandamenti devono ancora essere completati nella via della perfezione. 3. Il Maestro ha in mente una meta che svelerà al momento opportuno tramite il sacrificio della Croce. Pian piano farà capire, ammaestrando i suoi discepoli, che egli stesso si identifica con quel Dio che merita di essere amato con tutte le forze che abbiamo a disposizione. Poi, giunto al culmine, prossimo al momento del grande sacrificio dirà: "Vi do un comandamento nuovo". Nuovo, perché non appartiene alla legge secondo l'intenzione dello scriba. Nuovo, perché indica la meta, il compimento della legge, il coronamento del suo sacrificio: "Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato". È un rovesciamento totale perché cambia la misura dell'amore: non più le nostre capacità, ma la sua donazione. 4. Paolo ci dà la spiegazione di questo mistero. Il sacrificio sacerdotale del Signore è unico e irripetibile. Se le figure sacerdotali di Israele passavano con la morte, per il Salvatore non è così. È questo il Cristo "perché rimane in eterno, ha un sacerdozio non transitorio e perciò può salvare perfettamente coloro che per lui si accostano a Dio". La perennità di questo sacerdozio dipende dal fatto che egli, in ogni istante, intercede a nostro favore presso il Padre. 5. Paolo vuole essere ancora più chiaro. Gli altri sacerdoti sono "uomini gravati d'infermità". Per redimerci occorreva un altro sommo sacerdote. Uno nuovo, "santo, innocente, incontaminato". Proprio perché, come figura divina, in possesso di queste caratteristiche "non ha bisogno ogni giorno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati, poi per quelli del popolo". In quanto agnello senza macchia diviene sacrificio perenne di redenzione. |