Omelia (18-11-2018) |
padre Gian Franco Scarpitta |
L'incontro finale è Misericordia Oggi si tratta di un argomento che i teologi definiscono "escatologico", cioè relativo alle "cose ultime", che sopraggiungeranno al compimento della storia presente e che noi attendiamo man mano che il presente prosegue. Parlando con Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea mentre si stava ammirando la struttura architettonica del tempio di Gerusalemme, Gesù infatti inizia a parlare della futura distruzione dello stesso tempio del quale "non rimarrà pietra su pietra"(Mc 13, 1- 4), delineando ai suoi interlocutori una serie di eventi catastrofici quali l'avvento di falsi profeti, l'incedere di terremoti e altri eventi cosmici e la persecuzione ostinata dei credenti in Cristo. Quanto alla fine del tempio, essa effettivamente avverrà nel 70 d. C, accompagnata dalla persecuzione dei cristiani ad opera di Nerone; nella pagina odierna del Vangelo di Marco Gesù però si intrattiene su altre profezie che riguardano i "tempi ultimi", quelli cioè che riguardano l'epilogo della nostra storia e la venuta finale del Signore già preannunciata da Daniele (capp 7 e 12, I lettura) e descritta con un linguaggio fascinoso e sconvolgente. Gesù annuncia la sua venuta alla fine del tempo presente, il suo trionfo definitivo sul male e sulla morte e l'incombere del giudizio finale con la sua stessa venuta. Ciò che però deve affascinare è che Gesù sopraggiungerà per realizzare sì un giudizio, ma nell'ottica dell'incontro e della familiarità con l'uomo; questi sarà collocato al centro, come all'inizio della storia e sarà oggetto di misericordia e di amore. Gesù infatti, anche secondo il pensiero di qualche esegeta, nelle parole di Marco viene identificato come colui che ha riconciliato l'umanità al Padre facendosi dispensatore del perdono dei peccati e della misericordia del Padre, che ha risollevato le sorti del mondo offendo se stesso in riscatto per tutti. Ciò che avverrà definitivamente alla fine dei tempi si è quindi già realizzato ed è presente in germe anche ai nostri giorni: Dio ha incontrato l'uomo in Cristo Verbo incarnato, lo ha condotto alla salvezza per mezzo del legno della croce, ne ha risollevato le sorti e realizza di giorno in giorno il suo incontro con lui. Alla fine dei tempi verrà nuovamente nella gloria per radunare tutti gli uomini in un solo popolo e condurre tutti alla salvezza. Incontreremo quindi il Cristo che abbiamo già incontrato al presente quale fautore di riscatto dai peccati. Ora lo vediamo in maniera confusa, come attraverso uno specchio (1Cor 13, 12); alla fine dei tempi lo vedremo invece nel massimo del suo fulgore e della sua trasparenza. Al presente esercitiamo la fede e coltiviamo la speranza; domani vedremo Lui così come egli è. Saremo sottoposti certamente a un giudizio, ma non verrà omessa la misericordia da parte di colui che nella Croce ci ha usato misericordia e a cadere nella condanna saranno tutti coloro che semplicemente si saranno autoesclusi dall'amore e dalla sua misericordia. Dio giudicherà i vivi e i morti e ciascuno raccoglierà secondo la vita che avrà condotto su questa terra. Vi saranno fra gli uomini coloro che avranno perseverato nel bene e saranno salvati definitivamente regnando per sempre con Cristo; altri che avranno preferito il male al bene avranno firmato la propria condanna in eterno. Resta fermo che il Cristo del tempo finale non sarà un Dio vendicativo, ma il fautore della misericordia che ha dato luce al riscatto e alla salvezza. L'attesa del giudizio finale quindi non ci incute timore e non costringe nessuno a vivere nell'apprensione e nello sgomento; piuttosto dovrebbe rincuorarci a vivere in pienezza il tempo presente consapevoli che lo stesso Signore Risorto è presente già adesso in mezzo a noi, in una forma certamente misteriosa, ma pur sempre certa ed effettiva. Siamo esortati a rinnovare di giorno in giorno il dono della fede e a motivare sempre più la speranza affinché possiamo farci forte di questa presenza operando oggi nella prospettiva del domani. La certezza di un giudizio definitivo nei tempi ultimi non toglie spazio alla fiducia e non rende necessario che si pronostichi sulla data della fine dei tempi, poiché venire a conoscenza del giorno e dell'ora esatta in cui incontreremo il Signore ci distoglierebbe dall'entusiasmo e dalla virtù con cui siamo chiamati a vivere e ad operare oggi. Conoscere la data della fine incuterebbe inutili ansie e apprensioni che non ci esorterebbero ma ci deprimerebbero togliendo lo spazio alla positività e alla gioia con ci si predispone a un incontro piacevole. Forse anche per questo Gesù ci si rivela ignaro introno al tempo della fine, lasciando che questo sia prerogativa della sola onniscienza del Padre. Meglio continuare a sperare nella certezza di un mondo migliore venturo e così animarci ogni qual volta il male, la violenza e le ingiustizie ci inducono allo scoraggiamento. Meglio procedere nella carità operosa che scaturisce da una fede sincera e disinvolta, per incontrare nei poveri e nei derelitti lo stesso Signore che ci attende all'incontro finale; meglio darsi alle opere di edificazione vicendevole e alla testimonianza del Regno, lottando di volta in volta contro la nostra concupiscienza che ci induce a cedere al peccato e alla perversità. Meglio vivere il presente e costruire il palazzo del domani con perseveranza, mattone dopo mattone, convinti che non sarà una fatica inutile. Su come ci si dovrebbe atteggiare nella prospettiva dell'incontro finale con il Signore, mi sovviene riportare un piccolo racconto allusivo: Un medico era assillato da un paziente che aveva una gran paura di morire. «Come sarà quel momento dottore? Che mi succederà?»Il dottore aprì la porta della stanza per andarsene e il cagnolino del malato entrò di gran carriera. Abbaiando e scodinzolando di gioia, saltò sul letto e sommerse mani e volto del padrone di leccatine affettuose. Il dottore disse: «Sarà proprio così. Qualcuno aprirà la porta e...» |