Omelia (23-09-2018) |
don Lucio D'Abbraccio |
Se uno vuole essere il primo, sia il servitore di tutti Il libro della Sapienza riporta alcuni passaggi del discorso in cui gli empi espongono la loro scelta esistenziale, caratterizzata dalla ricerca del piacere e dalla persecuzione del giusto. Una serie di espressioni descrive il loro proposito: «tendiamo insidie, vediamo, proviamo, mettiamolo alla prova, condanniamolo» (I Lettura). La figura del giusto è delineata in tre atti fondamentali: la fedeltà alla legge (regola interiore e stile di vita), la figliolanza divina e la persecuzione. Gli empi, dunque, opprimono e mettono a dura prova la pazienza del giusto, ma egli, nonostante queste dure prove, rimane fedele e non si lascia scoraggiare. Così è stato per nostro Signore Gesù. Gli hanno teso insidie, lo hanno odiato - come lui stesso esclama "Mi hanno odiato senza ragione" (Gv 15, 25) - ma Lui è rimasto fedele e non si è lasciato scoraggiare. Hanno teso insidie agli apostoli - "se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi" (Gv 15, 20) - e, anche loro non si sono scoraggiati e sono rimasti fedeli. Così sarà anche per noi. Più siamo fedeli a Cristo più ci perseguiteranno. Più siamo fedeli alla Parola del Signore più ci odieranno e cercheranno di tenderci insidie. Più siamo coerenti col nostro credo più ci emargineranno. Le persecuzioni, l'odio, le insidie, l'emarginazione non devono scoraggiarci ma devono renderci lieti, pieni di gioia, la stessa gioia che provarono gli apostoli quando "se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù" (At 5, 41). Chi decide e sceglie di seguire Gesù, è chiamato a condividere il suo stesso stile di vita all'insegna dell'umiltà e del servizio. Nel Vangelo abbiamo ascoltato che non appena giunsero a Cafàrnao e furono in casa Gesù chiese loro :«Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Questa domanda che Gesù fa agli apostoli è rivolta anche a noi. Gesù ci dice oggi: "Perché mi seguite? Perché mi venite dietro? Perché siete cristiani? Quali sono le vostre intenzioni?". Gli apostoli, ci dice l'evangelista, «tacevano». Perché rimasero ammutoliti? Perché - continua Marco - «Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande». Anche noi, di fronte a queste domande di Gesù, come i Dodici, restiamo in silenzio. Anche noi, come gli apostoli, pensiamo alla grandezza, al potere, al prestigio, al successo, al comando. Quante volte siamo tentati di usare la religione per ottenere cose che la religione condanna? Quante volte cerchiamo di usare la fede per ciò che la fede non vuole? Quante volte, attraverso la religione, vogliamo farci spazio in questa nostra società? Quante volte ci serviamo della religione per far carriera? Quante volte predichiamo l'amore fraterno, l'amore verso il prossimo e poi, con i nostri comportamenti, non cristiani, facciamo il contrario scandalizzando, in questo modo, i nostri fratelli? Gesù, per illustrare il servizio umile, abbraccia un bambino, identificandosi con esso. «Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: "Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti". E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: "Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato». Gesù, dunque, ci esorta a conformare i nostri comportamenti secondo i modelli del "servo" e del "bambino". Cristo Signore ci invita a diventare servitori di tutti senza pretese, accogliendolo nella persona dei suoi fratelli più piccoli, rinunciando ad essere considerati i migliori, i primi, i più grandi nelle nostre comunità parrocchiali, nei nostri paesi, città, società. Gesù contesta e condanna coloro che spendono la loro vita nel ricercare il prestigio; coloro che vogliono emergere ad ogni costo, molte volte calpestando, calunniando, diffamando, il fratello; coloro che danno sfogo di superbia, arroganza, presunzione, orgoglio. Dove c'è orgoglio e presunzione lì c'è violenza. La vera sapienza, ci dice l'apostolo Giacomo, viene dall'alto, è dono di Dio, è genuina ed è legata alla pace. La radice ultima del male, causa delle divisioni nella comunità, sta in un rapporto sbagliato con Dio. «Dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni» (II Lettura). Attraverso questa pagina del Vangelo, Gesù vuole dirci che la vera potenza, la vera grandezza è l'Amore, l'umiltà. Lui, il Verbo di Dio, che per opera dello Spirito Santo, si è degnato di incarnarsi nel seno della Vergine Maria facendosi uomo, è stato uguale a noi in tutto fuorché nel peccato. Il Re dell'universo è nato non in un palazzo ma in una stalla. Il Salvatore del mondo, dalla croce, ha perdonato coloro che lo avevano condannato. Non ha rimproverato, non ha castigato, ma ha perdonato. Ha dato la sua vita per tutti noi. Fino alla fine ha testimoniato il grande amore che Dio ha verso ciascuno di noi. Questa è la vera grandezza! Questa è la vera umiltà! L'umile non guarda nessuno dall'alto in basso. Così fa Dio, così fa Cristo, Dio fatto uomo. Quando Gesù lava i piedi ai Dodici la sera del giovedì santo, Egli guarda dal basso in alto; e proprio in quel momento ci dice di essere Dio. La lavanda dei piedi è una lezione di amore fraterno. Talvolta cerchiamo Dio in cose impensate. Non abbiamo capito niente! Dio lo troviamo nel prossimo, nei piccoli, negli indifesi, nei deboli, nei poveri, nei malati, in coloro che la società rifiuta ed allontana. Lì troviamo Dio. Per questo Gesù ci invita ad essere umili: per essere figli di Dio, per essere luce di Dio, per essere nell'amore di Dio. Papa Francesco nell'Esortazione Apostolica Gaudete et exsultate scrive: «Non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. La santità non ti rende meno umano, perché è l'incontro della tua debolezza con la forza della grazia» (n. 34). |