Omelia (25-11-2018)
don Mario Simula
Il Sangue dell'Amore

Il trono sul quale siede Gesù è un legno di vergogna e di disprezzo. E' ridondante di violenze e di sangue innocente. Raccoglie ogni tragedia umana, mettendola sotto lo sguardo e sopra il cuore di quel Condannato senza bellezza né splendore.

Chi crede di essere questo Maestro che mette in discussione la legge servile degli uomini? Chi vuole dominare un condannato di questa specie? A chi pretende di parlare un uomo ridotto in queste condizioni disumane, irriconoscibili, dalle sembianze di verme e non di uomo, molto simile ai morti gettati nelle fosse comuni, ai corpi sfigurati dalla fame, alle larve che trasmigrano, ai tanti senza nome, né dignità, né diritto ad esistere al contrario degli altri "che contano"?

Scenda dalla sua "altezza" e dimostri che cosa sa fare, quanto vale, come è irresistibile la sua potenza, come sono efficaci i suoi miracoli.

Eppure nessun trono è altrettanto sfolgorante e prezioso, così intensamente ambito da coloro che hanno capito i segreti dell'amore, come quello di Gesù. Su quel legno c'è il cuore di Dio che accetta il silenzio, il nascondimento, l'inesistenza, il disprezzo. Dio sa amare soltanto in questo modo.

Su quel legno c'è la nostra definitiva vittoria. Tutto verrà spazzato via di ciò che sa di presunzione umana, corrotta, ambiziosa, arrogante, sprezzante di ogni dignità e di ogni pietà.

Tutti gli altri poteri costruiti sul denaro grondante di sangue innocente, sull'orgoglio vano e passeggero, sulla volgare dilapidazione dei sentimenti, sull'illusione di poter dare ordini anche a Dio, verrà inghiottito da quel silenzio, sconvolgente e sconcertante, carico di mistero e indecifrabile.

Sono le tre del pomeriggio, ora della canicola. Eppure si fa notte su tutta la terra. Una notte cupa che ospita il pianto di coloro che nessuno consola, le lacrime che nessuno scorge, il grido degli inascoltati, le piaghe dell'umanità sofferente e ferita. Una notte in pieno giorno. Noi abbiamo la capacità e la libertà terribile di oscurare il sole, per far trionfare le tenebre. Ma sarà questione di attimi. All'alba del terzo giorno la luce inonderà la terra, come una marea travolgente e la vita prenderà il sopravvento su tutte le morti procurate dalla crudeltà e dall'indifferenza degli uomini.

Già una luce abbagliante si irradia dalla croce. Accanto al lamento doloroso come un vagito e che implora misericordia: "Ricordati di me!", si ode il tuono di Dio, un vento impetuoso che esplode lungo i sentieri della terra, che rimbalza di montagna in montagna, che attraversa mari e oceani.
"Oggi con me sarai nel paradiso".

Chi si unirà a quel delinquente perdonato per primo? Ogni povero, ogni ammutolito, ogni dileggiato del mondo, ogni vittima di violenza.

Si uniranno anche coloro che hanno seminato odio e tragedie? Può darsi. Se dovesse avvenire, lo faranno vestiti di cenere e di confusione, solcati di pianto e inconsolabili, per la stoltezza della loro vita.

Si credevano origine, ragione, garanzia del mondo. Padroni assoluti e incontrastati. Re di tutto e di tutti. Ora se ne vanno battendosi il petto, nella speranza che nel cuore di Dio sia rimasto un angolo di misericordia per loro, sperando che nel ricordo di Dio sia rimasta memoria del loro volto orribile per il quale risuona un assordante e disperante: "Non ti conosco!".

Quella regalità, quel trono, quell'amore mettono in discussione anche le nostre comunità. O ci pieghiamo con umiltà, tutti, ad adorare il Signore della vergogna e della più sublime bellezza o diventeremo irriconoscibili al cuore di Dio: "Non vi conosco". "Non conosci noi che sempre ti abbiamo pregato, che abbiamo osservato tutte le norme, che abbiamo avuto incarichi e responsabilità?". "Ma non avete amato. Non vi conosco". Ci offenderemo? Diremo che Dio è ingiusto? O anche noi ci batteremo il petto insieme cercandoci l'un l'altro per rendere più credibile il nostro pentimento e il nostro desiderio di intraprendere una vita nuova?


Tutti ti apparteniamo Gesù, re dal cuore incandescente. Tutti siamo stati trasferiti nel regno Tuo, Figlio dell'amore.

Gesù, Tu sei il primo e l'ultimo, il senso, la vita, l'energia, la presenza, la bellezza della giustizia e del perdono. Tu sei il primogenito di coloro che risorgono. Tu riconcili in te tutte le cose e tutti gli uomini.

Tu, col sangue amaro e prezioso della Croce, sei la pace per ogni creatura.

Ritorniamo ai tuoi piedi inchiodati alla croce. Sono come una sorgente inestinguibile che versa sangue sulle nostre miserie. Ti abbiamo disprezzato. Ti abbiamo dileggiato. Ci siamo presi gioco di Te.

E tu ci accogli, inguaribile frutto dell'amore, straripante misericordia, indicibile tenerezza, insaziabile dolcezza.

Ti chiediamo: ci accoglierai tutti? Anche tutti coloro che hanno costruito la vita sulla morte e sull'odio, sull'ingiustizia e sulla più tetra crudeltà?

Anche le nostre comunità mediocri e appannate, che cercano di riscaldarsi ai bracieri vacui delle chiusure?

Anche me, traditore quotidiano della tua bellezza?

Nel profondo del mio cuore c'è poco posto, Signore. Mi lascerai eternamente alla porta?

Gesù, Tu leggi nei miei pensieri mentre io, scrutando i tuoi occhi, mi accorgo che si velano di tristezza, perché il mio sguardo contempla altri orizzonti miopi, non i tuoi orizzonti infiniti.

Gesù, Tu ami tutti. Ami anche me. Ne sono sicuro. Io sono poco fedele. Tu sei fedele sempre.

"Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno. Non solo di me. Anche di tutti quelli che il tuo amore sa contenere e il mio scaccia, benché io sia il peggiore di tutti". Mi dispiace, in fondo, che tu ami tutti e vuoi salvare tutti. Tuttavia, piace a Te. E dà gioia anche a me.