Omelia (16-12-2018)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Coomento su Sof 3,14-18; Is 12; Fil 4,4-7; Lc 3,10-18

Nella seconda domenica di Avvento, la liturgia ci invitava alla conversione necessaria per accogliere il Cristo che viene nel mondo per cambiare il corso della storia: Dio ci salva nel tempo e negli avvenimenti della nostra vita terrena.

La liturgia di questa domenica è improntata tutta sulla gioia che il cristiano deve avere perché la venuta del Cristo nel mondo è vicina.

Tutte e tre le letture invitano il cristiano alla gioia, perché si avvicina il natale del Signore. Viene ripetuto il termine "Rallegratevi, rallegratevi perché il Signore è vicino".

Il Signore viene, si incarna nella vergine Maria, realizza la salvezza dell'umanità.

In questa domenica anche i paramenti assumono un colore nuovo: il rosa, colore della gioia che ogni cristiano deve avere nel cuore, per testimoniare la presenza del Cristo in lui.


Nella prima lettura il profeta Sofonia, quasi come in una lirica, invita Gerusalemme a "rallegrarsi" perché il Dio di Israele è in mezzo a lei. Il Signore l'ha perdonata, non temerà più alcuna ingiustizia; per questo incita Gerusalemme a non lasciarsi cadere le braccia, ma ad esultare perché il Signore in mezzo a lei è un salvatore potente che le darà amore e gioia senza fine.

Anche a noi, in questo periodo di attesa, viene chiesto di "rallegrarci, di esultare, di gioire", perché il natale è vicino. Ma nella nostra vita quotidiana che risultanza ha questo invito a "rallegrarci"? siamo capaci, nelle nostre giornate, ad essere "gioiosi" nel cuore nonostante le attività frenetiche della famiglia, del lavoro, del volontariato? la sera arriva che quasi non ce ne accorgiamo e la cena non è ancora pronta! sappiamo affrontare tutto con il sorriso che ci viene dalla gioia interiore? Ma la gioia che sentiamo in noi deriva veramente dalla prossima venuta del Signore o piuttosto ci lasciamo immergere nell'atmosfera magica per la festa umana che ci accingiamo a celebrare?

Sembra quasi che la gioia non sia una qualità del cristiano; spesso, infatti, nelle nostre chiese vediamo gente con il volto triste, col capo reclinato su una spalla, si parla sottovoce per non dar fastidio, mentre quando si celebra l'Eucarestia dovrebbe trasparire dai nostri volti la gioia che viene dal condividere la presenza del Cristo in noi e nei fratelli.

Il profeta ci chiede di non lasciarci andare, ma di gioire perché il Signore ci accoglie, ci perdona, vive con noi per questo dobbiamo "rallegrarci".

Il ritornello del salmo responsoriale, tratto dal profeta Isaia, "Canta ed esulta perché grande in mezzo a te è il santo di Israele" ci invita ad attingere, come ad una fonte, la gioia del Signore.

Nei versetti il profeta proclama che solo il Signore è la sua salvezza e che si fiderà solo di lui. Invita tutti ad attingere acqua alle sorgenti della salvezza, annunciate a tutti i popoli la sua grandezza e le grandi opere che egli ha compiuto, cantate a lui e ringraziatelo.


Nella seconda lettura l'Apostolo Paolo parla ai fratelli di Filippi e li esorta ad essere lieti, a vivere nella pace ed ad essere nella gioia che viene dal Signore. Li invita ad essere amabili con tutti, al fine di comunicare al popolo i loro sentimenti di serenità. Gli ricorda che in qualsiasi circostanza, anche negativa, non si devono angustiare, ma devono pregare il Signore.

Paolo invita anche noi ad essere amabili con tutti, a comportarci da veri fratelli in Cristo con le persone che incontriamo nelle nostre giornate, a far trasparire in ogni azione quel Gesù che è in noi e che ci accompagna nel cammino della nostra esistenza. Cristo è sempre con noi, ma spesso siamo noi che non lo sentiamo, perché travolti da mille cose umane e, a volte, ci dimentichiamo di lui. Quando riusciamo a vivere veramente secondo la Parola, allora diventiamo veri testimoni di quella gioia che viene solo da Dio.

Paolo ci esorta ancora a pregare e soprattutto, quando ci troviamo in difficoltà, a condividere con il Signore i problemi e ad avere fiducia in lui.

Paolo scrive questa lettera quando già aveva i capelli grigi, quando, dopo aver affrontato mille disavventure, viaggi, predicazioni difficili, arrivato alla vecchiaia, incita i fratelli e noi a rallegrarci, ad essere nella gioia sempre, perché solo la gioia ci porta la speranza del domani.


L'evangelista Luca, nel brano di vangelo, ci ricorda come il Battista esortasse quelli che battezzava ad una vera conversione mediante opere buone e un comportamento giusto e di amore. Per comprendere bene quello che dovevano fare, le folle interrogavano Giovanni e questi rispondeva loro: "chi ha due tuniche le dia a chi non ne ha e così chi ha da mangiare faccia altrettanto", ai pubblicani diceva di non esigere niente di più di quello che gli era stato fissato e ai soldati diceva di accontentarsi della propria paga senza estorcere niente a nessuno.

Sentendolo parlare le folle, cominciarono a pensare che fosse lui il Cristo annunciato. Giovanni disse loro che lui battezzava con acqua, ma colui che verrà, al quale io non sono degno neppure di slegargli i calzari, vi battezzerà in Spirito e fuoco. Egli raccoglierà il frumento nel granaio, ma brucerà la paglia nel fuoco.


La predicazione del Battista ci vuole far comprendere l'importanza di scoprire che esiste il prossimo. Troppo spesso sentiamo dire: "ma in fondo io non faccio niente di male, vivo la mia vita, non faccio male a nessuno, vivo con la mia famiglia e basta"; però verrebbe da dire "non fai neppure niente di bene per gli altri". Tutti cerchiamo la felicità, ma quale felicità cerchiamo, quale felicità ci può dare la gioia? Giovanni ci invita a comprendere che solo con la condivisione con il nostro prossimo potremmo trovare la gioia che viene dal rinunciare all'egoismo personale insito in noi e ad accogliere l'altro che, a sua volta, ha bisogno di condividere con noi la sua ricerca di gioia.

Se noi accettiamo il "prossimo" accogliamo anche "Il Signore" nella nostra vita.

Giovanni vuole dirci che il Messia che deve venire è l'unico Gesù Cristo, Figlio di Dio, Dio a sua volta, unico salvatore del mondo.

Giovanni ha testimoniato nella sua vita il Cristo che stava per nascere al mondo, ma non è stato creduto, pur nella sua coerenza di vita. Tutti noi oggi dobbiamo vivere nella testimonianza vera dei valori cristiani, anche se molto spesso non siamo credibili.

Giovanni è piuttosto severo quando risponde alle folle sulle opere che devono fare oltre al convertirsi, ma diventa dolce quando parla di quel Gesù che presto sarà con gli uomini.


Per la riflessione di coppia e di famiglia:

- Siamo capaci di liberare il cuore per accogliere il Cristo che viene per la nostra salvezza?

- Il profeta Sofonia invita Gerusalemme a "Rallegrarsi per la venuta del Signore"; noi siamo capaci di "rallegrarci" perché il Signore ci ama e viene a condividere la nostra vita terrena?

- Non basta essere cristiani, essere praticanti, ma dobbiamo essere "testimoni credibili" nel mondo in cui viviamo: accogliamo il "prossimo" con la gioia che ci dona il Cristo?

- Crediamo che il Messia che sta per venire è l'Unico Gesù Cristo? Il nostro cuore si riempie di gioia per questa realtà?


Gianna e Aldo - CPM Genova