Omelia (09-12-2018) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Convincerci non aspetta tempo Il profeta minore Baruc, segretario di Geremia nei tempi della deportazione, annuncia tempi di novità e di gioia imminente con il rientro prossimo degli Israeliti in patria; un evento del tutto gioioso e ricco di grandi realizzazioni a coronamento della speranza, che anima e sollecita sempre più i deportati. Perché in questo caso, omesso ogni intervento penalizzante da parte del Signore, si vede come Questi sia davvero egli stesso a prendere le iniziative a favore degli uomini che a lungo sono rimasti scoraggiati e sfiduciati dalle oppressioni e dalla cattività del popolo nemico. Si annuncia ora che Dio interviene con un atto di liberazione e di riscatto, per cui si invita alla letizia e alla gioia, perché le speranze non resteranno deluse. Il passo è allusivo a un avvenimento già avvenuto e inciso dalla storia, ciò nonostante il suo contenuto è destinato a perdurare a lungo e anche ai nostri giorni siamo invitati a non demordere nella speranza, poiché Dio interviene sempre a nostro vantaggio. Dio è Colui che viene a spezzare le catene di ogni tipo di schiavitù, sostenendoci costantemente e rinnovando la sua amicizia nei nostri confronti. Particolarmente a noi vicino come il Dio che viene, il Signore si mostra solidale nelle nostre apprensioni, condividendo i nostri assilli e i nostri problemi e liberandoci dalle nostre angosce, nel continuo sostegno nelle difficoltà, ma soprattutto viene a liberarci dal comune morbo distruttivo, che corrode i nostri rapporti oltre che distaccarci da lui: il peccato, che è il vero fautore di ogni sottomissione e di ogni schiavitù. Essere schiavi dei nostri peccati è la ragione principale per cui, secondo Sant'Agostino, Dio ha voluto raggiungersi facendosi uomo e prima ancora nostro medico e maestro: "Ma ecco, venne quell'Unico che era senza peccato per eliminare tutti i peccati: infatti un uomo meritevole di castigo non avrebbe potuto sciogliere chi era legato; un uomo colpevole non avrebbe potuto liberare chi meritava condanna.". Da uomo innocente, Cristo Figlio di Dio, ci ha raggiunti per liberarci dalla soggezione del peccato e se noi fossimo consapevoli della perniciosità profonda di questo male comprenderemmo senza riserve quanto sia esaltante questo suo intervento a nostro favore. Dio ci libera dal peccato perché questo è la causa di ogni male e di ogni altro decadimento. Anche inconsapevolmente, noi tuttavia avvertiamo una necessità reale di liberazione e di riscatto poiché siamo vittime di una oscura inquietudine e di un'occulta preclusione verso il bene che si presenta con subdole e ingannevoli apparenze di emancipazione. Siamo succubi di noi stessi nella forma della presunzione e del falso orgoglio, oppressi dalla soggezione delle illusioni del successo e del guadagno facile, della ricerca di denaro non di rado gratuita e illecita che è alla radice di tutti i mali sociali. Siamo in costante ricerca inconsapevole di ideali e valori da coltivare con radicalità. Ci illudiamo di trovarli nei costumi e nelle mode passeggere, nell'ingannevole propaganda di false virtù e in questi ultimi secoli nella tendenza sempre più dilagante, divenuta anch'essa una moda, a relativizzare o addirittura a combattere oggi riferimento all'etica e alla verità assoluta. Non solamente siamo invischiati dal peccato e dalle varie strutture di peccato, ma vi è anche una certa cultura che legittima il peccato e l'immoralità, presentando il disordine morale come un valore imperante. Una tendenza che si può riassumere ( e di fatto è questo il su slogan): "Chi è senza peccato, rimedi al più presto). Fu una situazione del tutto similare a questa appena descritta a meritare agli Israeliti il castigo della deportazione a Babilonia, ma adesso come allora Dio reagisce alle nostre ostinazioni con la promessa di affrancamento e di emancipazione dal peccato e da ogni tipo di male, che viene prima preannunciata nella promessa del Battista: "Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio." Sarà il Messia il nostro liberatore, che non verrà a riscattarci nonostante i nostri peccati, ma appunto perché vittime del peccato. Solo un Dio capace di entrare nella vita dell'uomo e di camminare passo dopo passo con lui percorrendo i suoi stessi sentieri è capace di riscattarci dal tarlo che maggiormente ci corrode come uomini e di restituirci così la nostra vera dignità, che è quella di essere figli di Dio. Nel suo Cristo Verbo Incarnato Dio verrà a riscattarci e irromperà nella nostra vita facendosi egli stesso partecipe della nostra condizione e diventando uno di noi, in tutto uomo, sebbene pur sempre Dio onnipotente e infinito. A noi non resta che gioire prestando attenzione alla promessa che Giovanni Battista ci rivolge dal deserto, che non è solamente il luogo geografico delle asperità, ma anche la dimensione di assoluta privazione e di degrado spirituale in cui siamo sommersi: il deserto dell'assenza e dalla manchevolezza procurataci. Il esso il Battista ci risolleva nell'annuncio della salvezza universale ventura e allo stesso tempo ci invita a predisporci ad essa: "Preparate la strada del Signore, raddrizzate i vostri sentieri". Un appello caldo e accorato a considerare seriamente la nostra situazione di peccato per potervi porre rimedio innanzitutto con un atto di umiltà che ci indica alla conversione e di conseguenza con la concretezza di atti speculari di avvenuto ravvedimento. Ma fin quando si rimanda a domani, non ci si convincerà mai perché convincersi dell'amore di Dio comporta il decidersi adesso, senza procrastinare. E questo è il tempo in cui siamo chiamati a convincerci della grandezza di questo amore, per deciderci risolutamente per lui. |