Convertirsi alla gioia
Celebriamo oggi la terza domenica di Avvento e Natale si fa più prossimo nel tempo e nelle risposte che attende da ciascuno di noi.
Certo non è facile gioire davanti alle tante notizie tristi a livello personale, familiare, sociale, italiano e mondiale, ma bisogna provare a vivere comunque nella gioia che viene dal cielo. Convertirsi alla gioia questo è il primo dovere.
La liturgia della parola che è incentrata sulla conversione e sulla speranza di un cambiamento personale e generale ci aiuta a camminare spediti verso il Natale di quest'anno e ci invita al gaudio che può derivare dall'incontro con Cristo nell'Eucaristia, nella carità verso il prossimo, nell'impegno personale a rispondere alla chiamata alla santità secondo il proprio stato di vita.
Le tre letture bibliche e il salmo responsoriale sono un forte appello alla conversione e alla maturazione responsabile verso i compiti che ognuno si è assunto nella vita e nella fede.
Un forte appello ed incoraggiamento nella direzione di riscoprire la gioia ci viene dal profeta Sofonia, che invita il popolo santo di Dio a rallegrarsi e a gridare di gioia e ad esultare e a cantare per la riconquistata libertà.
Nasce quella speranza nel popolo d'Israele che vede il suo futuro con positività, senza più temere altri disastri. Il tutto perché il suo Signore è in mezzo al popolo ed è il suo vero salvatore. La certezza di avere un Dio dalla sua parte determina in esso l'apertura alla gioia e alla speranza in un futuro migliore.
A Sofonia gli fa eco il testo del Samo responsoriale, tratto dal profeta Isaia, il profeta dell'Avvento, nel quale viene espressa una vera professione di fede nel Signore, riconosciuto come Dio salvatore, nel quale aver fiducia e abbandonarsi completamente. Infatti, accostandosi al Signore, tutto il popolo assaporerà la gioia, la serenità, la tranquillità, il rendimento di lode e di grazia.
Da qui l'invito della liturgia di questa domenica del gaudio a rallegrarsi sempre nel Signore, perché Egli ci è vicino, non ci abbandona mai. E' l'apostolo Paolo che nel brano della lettera ai Filippesi ci indirizza verso questa direzione di marcia interiore: "Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. E non una gioia occasionale, ma permanente che investe tutta la nostra esistenza. E per essere nella gioia, è necessario essere amabili e affabili verso tutti. Non ci deve turbare nulla e non dobbiamo angustiarci per le cose che non vanno. Al contrario, si deve fare spazio la preghiera, la supplica e il ringraziamento a Dio per tutto quello che abbiamo. Solo così abiterà in noi la pace di Dio, che supera ogni intelligenza. D'altra parte, solo la pace potrà custodire nel modo migliore i nostri cuori e le nostre menti in Cristo Gesù.
Per raggiungere questa pace interiore o di coscienza, di serenità e di rettitudine personale, oltre che istituzionale è urgente mettersi in sintonia con quanto ci dice il precursore, Giovanni Battista, nel brano del vangelo di oggi.
Prima di tutto bisogna essere generosi e sensibili verso i fratelli che si trovano in necessità. Ci viene raccomandato che «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
In poche parole, bisogna condividere vestiti, cibi e beni materiali che si posseggono in abbondanza e sono superflui ed eccessivi per le nostre normali esigenze. L'avarizia non è uno stile di vita che un cristiano può avere.
Seconda cosa, bisogna essere onesti e non approfittare di nessuno: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
In terzo luogo, rispettare tutti, senza pretendere nulla: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Questo cambiamento di rotta nella propria vita sia individuale che comunitaria si rende indispensabile in vista della venuta del Signore. E ciò riguarda noi stessi e l'intera umanità. Dobbiamo domandarci e noi che cosa possiamo e dobbiamo fare per far migliorare noi stessi e gli altri?
Anche in questo caso, Giovanni ci esorta a non arrogarci compiti, finzioni e missioni che non sono nostre. Di fronte alla gente che lo considera il Messi, egli precisa qual è la sua missione e il suo compito in ragione proprio della venuta del Salvatore: «Io battezzo con acqua; ma dopo di me, viene colui che è più forte di me, a cui io non sono degno nemmeno di slegare i lacci dei sandali". E parlando direttamente di Gesù, come unico Salvatore e Messia sottolinea che Egli battezzerà in Spirito Santo e fuoco e farà la selezione tra i buoni e i cattivi, come si fa quando si secerne il grano. Gesù è il giudice, è colui che tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile. Evidente riferimento al giudizio universale quando verranno radunati i popoli di tutta la terra e giudicati per l'immediato cammino eterno di ciascuno di esso.
Nell'attesa di cieli nuovi e terra nuova, dove regnerà stabile la giustizia e la pace, chiediamo a Dio, fonte della vita e della gioia, di rinnovarci con la potenza del suo Spirito, perché possiamo correre sulla via dei suoi comandamenti, e possiamo portare a tutti gli uomini il lieto annunzio del Salvatore, Gesù Cristo nostro Signore. Amen.