Omelia (16-12-2018)
diac. Vito Calella
Le tre opere dello Spirito Santo, fuoco d'amore, fonti della nostra gioia

Il Signore risorto oggi ha parlato a noi e ci invita stare nella gioia.
«Gioisci figlia di Sion, esulta Israele, rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!» (Sof. 3,14).
«Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza» (Is, 12, 2b-3).
«Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi!» (Fil 4,4).
Non è la gioia del divertimento. È la gioia frutto dello Spirito Santo, che già abita in noi (Gl 5, 22), di quello «Spirito Santo e fuoco» con il quale siamo già stati battezzati dal Cristo nostro Signore, morto e risuscitato per noi e per la nostra salvezza. La promessa ricordata a noi dal Cristo risorto, che ha parlato a noi nel Vangelo di oggi per mezzo della testimonianza di Giovanni Battista, è già avvenuta in noi. Il fuoco inestinguibile della gratuità dell'amore di Dio è già acceso nei nostri cuori.
Per alcuni di noi è in questo momento un fuoco vivo, ardente, caloroso, capace di illuminare e riscaldare le nostre relazioni con legami di condivisione e rispetto reciproco; è un fuoco capace di bruciare ed estinguere in noi e tra noi la paglia dei nostri istinti egoistici di gola o avidità del consumismo, di lussuria o avidità del piacere, di brama del possedere, di tristezza, di collera, di accidia, di ambizioni, di invidie e di superbia.
Per altri di noi è un fuoco soffocato, ridotto a braci sotto la cenere delle situazioni irrisolte di conflitti, di divisioni e isolamenti, di irrigidimenti e difficoltà di conversione. Nonostante tutto è un fuoco inestinguibile perché la fedeltà di Dio all'alleanza con noi è eterna.
La fonte della nostra gioia è il dono dello Spirito Santo perché corrisponde alla nostra salvezza.
La nostra salvezza è una triplice opera che lo Spirito Santo realizza in noi.
Prima opera: non siamo dei condannati ma dei perdonati.
Seconda opera: non siamo più padroni di noi stessi, ma con la nostra libertà individuale camminiamo nella vita accompagnati dalla domanda: «che cosa dobbiamo fare?» (Lc 3, 10.12.14).
Terza opera: non siamo più soli, ma siamo in comunione.

Non siamo dei condannati, ma dei perdonati. Lo abbiamo ascoltato: «Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico! Non temere! Non lasciarti cadere le braccia!» (Sof 3, 15-16). Il Cristo risorto, il Signore, è già in mezzo a noi! È un salvatore potente. Non siamo più dei vinti a causa delle nostre fragilità e delle tante forme di oppressione dei nostri nemici. In Cristo Gesù, morto e risuscitato per noi, siamo amati dal Padre nella nostra povertà. Il Padre non ci vuole perfetti, ma ci vuole «rinnovati nel suo amore» (Sof.3,18), baciati dalla sua misericordia. Non ci vuole «angustiati» per i tanti problemi che ci affliggono, per i nemici che ci perseguitano, ma ci vuole figli fiduciosi in atteggiamento orante. In ogni nostra necessità e fatica «esponiamo a Lui le nostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti» (Fil 4, 6). Il perdono è opera dello Spirito Santo. La nostra preghiera è animata dallo Spirito Santo: siamo salvi, siamo forti nella prova, siamo nella gioia.

Non siamo più padroni di noi stessi, ma scegliamo con libertà di chiedere al Signore Gesù, non più a Giovanni Battista: «Che cosa dobbiamo fare?» Baciati dalla misericordia del Padre, sostenuti dalla certezza che Dio è con noi anche nelle difficoltà della vita, siamo gioiosi perché, lasciando agire lo Spirito Santo in noi, abbiamo finalmente imparato a gestire in modo giusto la nostra libertà. Non vogliamo più agire di testa nostra, diventando padroni di noi stessi, decidendo da noi stessi ciò che è bene e ciò che è male per noi. La nostra libertà è costantemente accompagnata dalla domanda, ascoltata oggi tre volte nel Vangelo: «Che cosa dobbiamo fare?» Abbiamo scoperto la sapienza e la luce della Parola di Dio che ci orienta a vivere le nostre relazioni nel segno della gratuità. Vogliamo fare la volontà di Dio perché in questa nostra scelta sta la nostra pace e la nostra gioia: «La pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodisce i nostri cuori e i nostri pensieri in Cristo Gesù» (Fil 4, 7). Vogliamo lasciarci guidare dallo Spirito del Cristo risorto che ci orienta a vivere le nostre relazioni nella condivisione e nel rispetto reciproco, illuminati dalla luce della sua Parola.

Non siamo più soli, ma in comunione, siamo uniti nella carità. La gioia che sperimentiamo non è individuale. È la gioia del sentirci tutti insieme uniti nella carità, siamo insieme «la figlia di Sion», siamo la «Gerusalemme che gioisce, che esulta, che si rallegra con tutto il cuore», siamo uniti in relazioni di «affabilità, di mitezza, di reciproca accoglienza». Con la nostra testimonianza di stare uniti nella carità irradiamo luce a tutta l'umanità che ci circonda, soprattutto a quell'umanità lontana dal Signore e vogliamo dire a tutti: «Il Signore è vicino!». La nostra gioia è la comunione nel Padre e nel Figlio per il dono dello Spirito Santo, fuoco di gratuità che arde in noi. Se siamo uniti nella carità facciamo la gioia del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, come abbiamo ascoltato: «Esulterà di gioia per te, il Signore Dio si rallegrerà per te con grida di gioia, come nei giorni di festa» (Sof 3, 18).
Sia questa la nostra gioia in questa festa del Natale, ormai prossima, in cui celebreremo il «Santo di Israele, grande in mezzo a noi».