Omelia (16-12-2018)
don Giacomo Falco Brini
Nel deserto le domande, nella vita le risposte

Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio (Lc 3,6) diceva il vangelo di domenica scorsa, offrendoci un primo ritratto di Giovanni Battista nella configurazione del suo ministero. Ma chi, oggi come allora, sente il bisogno della salvezza di Dio? Può l'uomo il cui cuore non attende nulla e nemmeno avverte un bisogno di salvezza, "vedere" cos'è la salvezza di Dio e gioirne? Quella stessa pagina del vangelo dava qualche indizio. Perché se non si riconosce di aver creato/essere finiti in un burrone da cui è impossibile tirarsi fuori da soli, se non si riconosce di aver elevato colli o monti che fanno perdere il contatto con la realtà (=verità) di se stessi, come si può desiderare e sperare la salvezza di Dio? La parola di Dio venne su Giovanni, nel deserto (Lc 3,2), non sui palazzi dei potenti e dei notabili, e nemmeno sui sommi sacerdoti! (Lc 3,1) Perché solo in un deserto, luogo vuoto e denso di silenzio, l'uomo può udire la parola di Dio sempre nuova e creatrice (Os 2,16).


In questo tempo di Avvento siamo chiamati a stare davanti alla via del Signore preparandola, ovvero preparando noi stessi a riprenderla raddrizzando i suoi sentieri, dato che siamo abilissimi a curvarla per i nostri interessi (Lc 3,4), in modo che ogni burrone venga colmato e ogni monte o colle abbassato. E se davvero ci sarà questo atteggiamento/impegno davanti alla via del Signore, gli permetteremo di far cambiare le (nostre) vie tortuose in diritte, e quelle impervie in appianate (Lc 3,5). Il vangelo di oggi ci spiega come. La domanda di molti e, prima di ciò, i loro stessi passi diretti verso il deserto per ascoltare Giovanni (Lc 3,10), ci rivelano come ritrovare questo atteggiamento e il suo conseguente impegno. Che costoro si rechino da Giovanni nel deserto e siano disposti ad ascoltarlo è la prima lezione. Nell'indescrivibile delirio di onnipotenza comunicativa che investe la nostra società, è capace di uscirne solo chi ancora riconosce che, prima di parlare, bisogna saper ascoltare, che il primo modo di essere cristiano in questo tempo non è farsi avanti per affermare a tutti i costi la propria parola, ma saper indietreggiare per dar spazio e parola all'altro. Altrimenti, come si riuscirà ad accogliere la Parola dell'Altro?


La domanda "che cosa dobbiamo fare?" suppone inoltre capacità di riconoscere il proprio errore, ignoranza del da farsi secondo la volontà divina, quindi disponibilità a cercare di capirla e seguire le sue indicazioni. Giovanni la interpreta in tutta la sua purezza: chi ha 2 tuniche ne dia a chi non ne ha e chi ha da mangiare faccia altrettanto (Lc 3,11). E' un riassunto di vita che Dio richiede al credente di ieri e di oggi. Se nel mio armadio e nella mia dispensa, per non dire tutti gli altri luoghi dove dispongo di risorse, non vedo dei doni da condividere con gli altri, soprattutto poveri, ma solo un possesso da conservare, sono ancora tra coloro che proseguono lo scavo di abissi di ingiustizia tra gli uomini. A tal proposito, vi invito a leggere qui quello che un fratello della mia parrocchia ha pubblicato sulla sua pagina-facebook.


E' interessante notare che si avvicinino a Giovanni con la loro domanda anche pubblicani e soldati, categorie di persone dalla bieca reputazione in Israele, e tuttavia disponibili alla conversione (Lc 3,12-14). Al contrario, se sacerdoti, leviti e altri dottori della Legge vi si avvicinano, è solo per istruire subito un'indagine di polizia religiosa sulla sua figura (Gv 1,19-27). In ogni caso, Giovanni indica a tutti il compimento di un tempo lungamente atteso: egli è colui che apre l'accesso alla via del Signore, che si renderà pienamente visibile e comprensibile nella carne di Gesù. Ai pubblicani e ai soldati che lo interrogano, il succo delle risposte del Battista consiste nell'invito a una vita sobria ed onesta che non rechi danno al prossimo, ma piuttosto lo edifichi e lo rispetti, stando nel posto che la vita gli ha affidato. Un messaggio semplice e comprensibilissimo che stabilisce una continuità cristallina tra il ministero di Giovanni e quello di Gesù, tra l'Antico e il Nuovo Testamento.


Non possiamo non concludere con un breve cenno sulla profonda umiltà di Giovanni (Lc 3,15-18), icona del vero profeta di Dio, un uomo che dopo aver suscitato/provocato stupore e domande per le scelte che compie, sa spostarsi per cedere il posto a Cristo e aiuta gli altri a intravederlo giungere verso di noi. Se il vero discepolo è colui che sa condurre gli altri a Gesù, suscitando interrogativi e stupore tra gli uomini, allora la chiesa, comunità dei credenti, è veramente tale non quando ferma a se stessa gli altri, ma quando si fa ponte dell'incontro tra Cristo e l'uomo.