Commento su Mt 11,16-19
«A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: "Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!". È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: "È indemoniato". È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: "Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori". Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».
Mt 11,16-19
Come vivere questa Parola?
Come giustamente ci insegna Sant'Ignazio di Loyola, l'uomo è soggetto all'azione contrapposta di due spiriti, uno che invita al bene e uno che invita al male. Spetta a noi imparare a discernere ciò che proviene dall'uno e ciò che proviene dall'altro, con la capacità di prendere confidenza con i sommovimenti del nostro mondo interiore. Se veramente vogliamo il bene e siamo attratti dallo spirito buono, allora ci lasceremo guidare dalla gioia per tutto ciò che è vero, nobile, giusto, ciò che è virtù e merita lode (Fil 4,8). Se è vero che ogni giorno ha la sua pena e che siamo chiamati ogni giorno ad assumerci la nostra mole di impegni, la luce di ogni giorno ci chiama ad entrare nella porta stretta del regno, ad entrare nella gioia delle piccole cose trasfigurate dai raggi tiepidi della presenza del Signore. Egli si china su di noi, si fa prossimo, amico, fratello, chiede con discrezione un po' di attenzione da parte nostra, senza la sfacciataggine di chi indispettisce, senza la pretesa di chi impone, senza la prepotenza di chi provoca.
Ti chiedo, Signore, di darmi quotidianamente la sapienza di abbassarmi a vivere bene le piccole cose, di leggere nel profondo gli avvenimenti, di non giudicare dall'apparenza, di non lasciarmi trasportare dai giudizi a cui spesso gli altri tentano di provocarmi con la loro malizia. La vera gioia è quella che solo Tu puoi donarmi.
La voce di un poeta
"[Il parroco è] un uomo che, senza far parte di nessuna classe sociale, appartiene a tutte ugualmente: alle inferiori, per la sua vita povera e spesso per l'umiltà dei suoi natali; alle più elevate, per l'educazione, per la scienza, la nobiltà degli affetti ispirati a una religione che è tutta carità. Un uomo che sa tutto, che ha diritto di dire tutto, e la cui parola scende nelle intelligenze e nei cuori con l'autorità di una missione e con l'impero di una legge divina"
A. de Lamartine
Don Enrico Emili - enricoemili@tiscali.it