Troverete
La "poesia" del Natale rende tutto facile: si va in chiesa e troviamo l'immagine del bambinello tra candele e fiori; se abbiamo fatto il presepe in casa neanche dobbiamo muoverci. Se andiamo a giro per negozi e supermercati troviamo di tutto: ghirlande, luci, palle colorate, panettoni e dolci della tradizione, ma del bambinello non c'è traccia se non nei negozi specializzati o su qualche scafale un po' nascosto nei magazzini "cinesi".
Lasciando la poesia ed entrando nel mistero troviamo invece il "grande timore" che assalì i pastori nel mezzo della notte mentre stavano "facendo la guardia al loro gregge"... quella notte diventò come il giorno e "li avvolse di luce". Poi di nuovo il buio di sempre, le stelle e la luna di tutte le notti. Ma una parola rimbombava nei loro cuori: "troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia".
Facile a dirsi, meno facile è decidere cosa fare: bisognava muoversi, spengere il fuoco, radunare le pecore, lasciare il luogo comodo che avevamo trovato e cominciare ad andare... dove? Cercare nelle stalle, nelle periferie del paese, provare ora qui, ora là. Non c'è la torcia del telefonino, né il faretto puntato sulla grotta, se vogliamo "trovare" bisogna fare la fatica del "cercare", e prima ancora "lasciare".
Se vogliamo "trovare" è necessario prima "lasciare": per mettersi sulla strada occorre abbandonare ogni sicurezza, il tepore della casa, la certezza del pranzo preparato, le porte blindate. Proprio il contrario di quello che desideriamo, il contrario di quel "decreto sicurezza" che abbiamo lasciato votare ignari del fatto che ogni tentativo di difesa allarga l'orizzonte dei nemici, senza pensare che il nemico peggiore ce lo portiamo dentro: Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive (Mc 7,14).
Il "cercare" è azione di libertà dai preconcetti e dai condizionamenti anche perché "L'essenziale è invisibile agli occhi" [A. De Saint-Exupery]. Cercare prima ancora di essere una azione fisica è un fatto di cuore che percepisce che qualcosa gli manca per continuare a vivere. Cercare significa anche liberarsi dalle paure: quella della insufficienza, dei tentativi andati a vuoto, del fallimento, del ricominciare da capo, delle vie tortuose, dei tunnel chiusi; cercare è liberarsi dalla paura dell'altro, quello che cerca la stessa cosa e potrebbe sottrarla, per gustare la bellezza del cecare insieme, del condividere la stessa strada e gli stessi bisogni con chi non conoscevamo prima; cercare è liberarsi dalle abitudini, dal già visto, dalla strada certa. Non c'è un Tom-tom capace di guidare verso una metà che non sappiamo dove sia.
"Trovare" è l'aspetto del natale più difficile perché non è detto che si trovi ciò che si è cercato o cosa pensavamo di trovare. Dio è imprevedibile e incredibile: è il Dio della gloria ma non abita nella gloria, è il Dio della luce ma non abita nella luce, non è un Dio palese ma un Dio che ama nascondersi. Eppure ci consegna dei segni per essere riconosciuto: un bambino, le fasce, la mangiatoia.
Un bambino: è il segno della debolezza, non vive se qualcuno non si prende cura di lui, ma è un segno rischioso perché la tenerezza di un bambino ci fa precipitare di nuovo nella poesia del natale. Invece c'è da domandarci come mai Dio ha scelto di manifestarsi in chi non è forte, né potente, non esercita alcun potere, la cui prospettiva è quella della morte ignominiosa di un condannato.
Le fasce sono il vestito che lo avvolge come il sudario che Pietro e Giovani trovarono avvolto in un luogo a parte (Gv 20,7). Sono un vestito leggero, quasi trasparente che permette di guardare attraverso l'umanità di quel bambino; non lo imbacucca, non lo traveste, non lo addobba come le nostre case e le nostre strade in questi giorni.
La mangiatoia non è una culla, non è neppure destinata agli uomini, rivestita di paglia pungente è il segno del rifiuto: Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto (Gv 1,11). Assomiglia tanto alla Croce su cui si consuma l'ultimo e definitivo rifiuto di Dio da parte dell'umanità.
Ecco, i segni annunciati ci liberano dalla poesia o dalla favola del natale ma ci mettono nella prospettiva bella, entusiasmante, di diventare cercatori di Dio perché ogni giorno della nostra vita diventi Natale.