Omelia (23-12-2018)
diac. Vito Calella
La La gratitudine per l'incontro tra chi porta il Cristo e di chi è santificato da Cristo

I giorni immediati al Natale sono caratterizzati dalla frenesia degli ultimi acquisti per provvedere ai regali e ai cibi delle feste di Natale; per molti sono giorni frenetici degli ultimi preparativi per viaggiare e tornare ad incontrare familiari e amici. I treni, gli aerei, gli autobus sono pieni di gente che si mette in viaggio frettolosamente per ritornare nei paesi di origine o per godersi una vacanza.
In questo ambiente di frenesia e di fretta, carico d'attesa per la festa dell'incontro con persone a noi care, proviamo a identificarci nella giovanissima Maria. Anche lei «si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda» per salutare Elisabetta sua parente, gravida, già al sesto mese. Sentiamo l'intensità di quell' incontro tra due donne gravide. Dov'era l'anziano Zaccaria, rimasto muto? Non viene mai nominato, perché ciò che vale è la bellezza e la profondità di quell'incontro traboccante di gratitudine.
Contempliamo la gratitudine di Maria.
Lei era stata scelta per diventare la «Madre del Signore», e il suo "si" aveva permesso allo Spirito Santo di realizzare in lei l'alleanza nuova ed eterna del divino con l'umano. In quel suo corpo di carne già cresceva il Figlio di Dio, generato nel suo grembo. Maria si sentiva grata di essere divenuta arca della nuova ed eterna alleanza tra Dio e il suo popolo Israele.
Come Davide nella storia passata, aveva sussultato, danzando di fronte all'arca dell'alleanza, quando fu portata nella città di Gerusalemme (2 Sam 6,16) così il piccolo Giovanni «sussultò nel grembo di Elisabetta», perché Maria, arca della nuova ed eterna alleanza, non trasportava più le dieci parole della legge, ma tutta la Parola di Dio divenuta carne (Gv 1,14).
Contempliamo la gratitudine di Elisabetta che nasce dalla sua consapevolezza di essere la povera donna, sterile e anziana, riscattata e prediletta di Dio come tutti i poveri del mondo. Il suo stupore di essere visitata dalla «madre del suo Signore» amplificava ancora di più la sua gratitudine per sentire che veramente l'azione di Dio può capovolgere la situazione dei poveri: da sterile era divenuta la madre di colui che sarebbe stato il precursore del Messia.
Maria accolse la gratitudine di Elisabetta, riconobbe quanto è vera la predilezione di Dio per gli umili e i poveri e rispose prorompendo con il suo canto di lode.
Elisabetta accolse la gratitudine di Maria, riconobbe la grandezza del mistero di quella nuova arca dell'alleanza e rispose prorompendo in un grido di lode tutto rivolto a Maria, con quelle parole che anche noi facciamo nostre nella preghiera dell'Ave Maria: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo».
Quanti incontri faremo in questo tempo di Natale! Quanti baci e abbracci. Quanti scambi di regali avverranno, e alimenteranno la nostra gratitudine.
La visitazione di Maria a Elisabetta ci aiuta comprendere che la gratitudine più completa e più vera nasce quando, nell'incontro tra noi cristiani, c'è chi custodisce il dono di Cristo nel cuore e lo sa irradiare agli altri, come Maria, e c'è chi custodisce l'esperienza di essersi sentito riscattato da Dio dalla sua condizione di povertà e vergogna ad una condizione onore, come Elisabetta, e, senza gloriare se stesso, diventa una persona capace di contemplare e gioire per la fede degli altri.
Maria ha aperto la strada. Fra pochi giorni faremo memoria della nascita di Gesù e ci ricorderemo della realizzazione della promessa fatta dal profeta Michea sulla nascita del Messia nel piccolissimo villaggio di Betlemme.
Attraverso la lettera agli Ebrei il Cristo risorto ci parla oggi dicendo che lui ha «offerto il suo corpo una volta per sempre» nella morte di croce per la nostra salvezza e per mezzo di quell'offerta del suo corpo tutti «noi siamo stati santificati». Maria fece la sua parte. Ora tocca a noi dire il nostro "si" all'annuncio della morte e risurrezione di Gesù e lasciare che lo Spirito Santo ci santifichi dal di dentro e ci faccia vivere avendo la gioia di essere anche noi, come Maria, tempio dello Spirito Santo, custodi della Parola di Dio, trasmettitori della nostra gioia di avere Gesù al centro del nostro cuore. Potessimo trasmettere questo nei nostri incontri con gli altri!
Se ci sentiamo indegni e peccatori, pensiamo ad Elisabetta. Sentiamoci amati dal Padre nella nostra povertà, nella nostra sterilità e crediamo che Dio può trasformare ogni forma di povertà umana per farla diventare strumento a servizio della realizzazione del suo Regno di amore.
E ringraziamo immensamente il Signore per tutti gli incontri che abbiamo già avuto con quelle persone profondamente segnate dalla sofferenza della loro povertà, ma trasformate dalla misericordia di Dio: sono fratelli e sorelle che ci hanno trasmesso la stessa gioia di Elisabetta e magari sono stati loro a farci capire quanto bello è credere in Dio e nell'adempimento delle sue Parole nella nostra vita.