Omelia (25-12-2018) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di don Marco Simeone Tante volte mi sono chiesto come è possibile vivere veramente il Natale, come io possa ancora vivere bene il Natale, nonostante le sovrastrutture e le abitudini che certamente non aiutano. Penso che ripartire dal Vangelo è l'unica strada vera, e allora proviamoci. Primo: il contesto storico. Mentre il potere, quello con la P maiuscola, l'imperatore di Roma, vuole contare il numero esatto degli uomini, per sapere quanti soldi gli può chiedere o quanti diventeranno i suoi soldati, c'è Qualcuno che muove le sorti della storia. Quando il male sembra prevalere, quando sembra che solo i violenti e i prepotenti sono premiati, Dio guida la storia e smaschera le illusioni. Questa è la prima notizia bella: per tutti noi (muniti di fede o attualmente in crisi) l'Eterno Padre ha inviato il Figlio a salvarci; forse il potere non se ne è nemmeno accorto (Erode insegna: scontro frontale col potere sarà terribile, eppure esso è destinato a fallire) ma l'arroganza dell'imperatore fa in modo che Gesù nasca proprio a Betlemme, compiendo così la profezia. Se avessimo la pazienza di non reagire subito forse ci accorgeremmo di come Dio agisce: Egli ci svela l'illusione di quando ci prendiamo troppo sul serio. Dio guida inesorabilmente la storia verso la pace e all'incontro con Lui. Secondo: la mangiatoia. C'è una logica perché un neonato, in mancanza di meglio, veniva adagiato in una mangiatoia (nella parte più interna della stalla, quindi più calda e sicura!); eppure il senso di fastidio cresce dentro di noi nella misura in cui l'immagine della stalla è sempre meno idealizzata e più realistica: un frate mi raccontò che un natale aveva fatto mettere del letame in uno spazio vicino al campanile per aiutare a rendersi conto della concretezza, non fu capito! Eppure dove viene accolto Gesù (non c'era posto per loro nell'albergo) è proprio lì che si dà il mangime ed Egli si da in cibo: perché funziona così. Noi abbiamo tanto bisogno di Dio... ma che fatica ad aprirgli la porta! S. Agostino, nelle more della conversione, pregava:"Signore, donami la castità, ma non subito..."; fa sorridere, ma siamo veramente migliori? Quanti bei fioretti inutili (non mangerò cioccolata, carne, etc.) pur di non mettere mano sui nervi scoperti della nostra vita. Ebbene Gesù parte da quel poco che siamo in grado di offrirgli, lui non si scandalizza di quello che ci trova dentro, anzi! È proprio lì che si dà in cibo, perché quella fame che abbiamo e che tentiamo di nascondere lì dentro, Lui è capace di saziarla. Terzo: l'angelo, e poi gli altri (le miriadi). Letteralmente significa: l'annunciatore, aggiungerei di buone notizie. Irrompe nella vita dei pastori, di notte, un angelo di Dio. Non penso che molti di noi abbiamo vissuto questa esperienza, che credo essere particolarmente toccante. Eppure il fatto che rifulga nella notte più buia una luce è l'immagine della libertà che Dio ha di intervenire, di stupirci con la Sua salvezza, a noi che tanto fatichiamo per salvarci da soli. Tante volte mi chiedo se sono così tanto chiuso sui miei progetti che se anche a me apparisse un angelo... sarei in grado di ascoltarlo? Dubito. Un po' come la parabola del ricco epulone e di Lazzaro, tante volte il Signore ci parla, e noi dovremmo avere la libertà di cuore di Samuele per potergli dire: "parla Signore che il tuo servo ti ascolta" oppure "eccomi, si compia in me la Tua parola". Il Signore lo sa e ci aiuta nella scelta, in ogni pagina difficile della Bibbia (difficile da credere perché troppo bella ) c'è la presenza degli angeli che aiutano noi uomini e donne a fare scelte, affidandoci alla Sua provvidenza. Ma l'angelo non è solo quello del presepe, bellino, con le ali e l'arpa; nella nostra vita anche gli altri umani possono svolgere questa funzione, anche le gioie, anche i dolori. Sì, pure quelli: forse sono messaggi troppo difficili da decodificare, ma anche il dolore ci parla, di noi, di Dio, degli altri... E questo Natale chi è il tuo angelo? Quarto (e ultimo): i pastori. Erano i "penultimi" perché la loro vita non li aiutava a rispettare tutte le regole e le prescrizioni della Legge del popolo ebraico: a contatto continuo con gli animali non erano mai puri, non potevano allontanarsi per i riti religiosi per non far morire gli animali od esporli alle razzie, per cui, il loro essere penultimi, non era una valutazione economico-culturale ma religiosa: eppure sono loro i prescelti. A loro viene annunciata la nascita di Gesù, il salvatore del mondo, e gli viene consegnato il segno di riconoscimento: le bende e la mangiatoia. Forse erano bende un po' speciali (Giuseppe e Maria non erano ricchi e forse le loro poche risorse le avevano concentrate in quelle bende) ma soprattutto un neonato nella mangiatoia di una stalla, questo non era certamente comune. Perché proprio a me? Chissà quante volte ci siamo chiesti questo o il suo contrario: perché a me no? Eppure loro vengono chiamati - cinematograficamente diremmo che gli hanno acceso un occhio di bue sopra - non potevano fare i vaghi! La festa di Natale è questo annuncio che stavolta è rivolto proprio a te, qui e ora, alla comunità dei credenti, alla chiesa, agli arrabbiati e ai pacifici, a chi semina zizzania e a chi cerca di tenere in ordine il giardino, ai buoni e ai cattivi... Poco più avanti il vangelo ci dirà che si metteranno in movimento subito, loro sì. Natale sarà tale la volta che, come i pastori, ci metteremo in movimento. Ogni anno viene l'angelo (che per noi è la liturgia) e ci chiama a vivere il mistero, bisogna proprio mettersi in movimento. Che questo sia Natale anche per te, con tutto il cuore, perché la gioia del cuore ti aspetta, di questa non fare più la dieta, la festa non è tempo di dieta... |