Omelia (30-12-2018) |
diac. Vito Calella |
Cinque luci per le nostre famiglie Questo racconto evangelico del ritrovamento di Gesù nel tempio di Gerusalemme è un profondo messaggio per le nostre famiglie guardando alla famiglia di Nazareth. Cinque luci possono illuminare la vita delle nostre famiglie. 1ª luce: La famiglia è luogo di trasmissione della tradizione «I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa della Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza» (Lc 2, 41-42) Se l'evangelista Luca non nomina mai il nome di Maria e Giuseppe è per dire che essi rappresentano la tradizione. Secondo la cultura ebraica il padre è colui che ha il compito di educare i figli alla fedeltà a ciò che è stato tramandato dagli antenati. La madre rappresenta Israele, il popolo amato da Dio, perché tra Dio e il popolo c'è un rapporto sponsale. L'alleanza d'amore tra Dio e il popolo rende la sposa Israele come una madre feconda di figli. I genitori di Gesù erano fedeli osservanti della tradizione che prescriveva di fare tre pellegrinaggi all'anno verso il tempio di Gerusalemme: uno per la festa di Pasqua, il secondo per quella della Pentecoste e il terzo per la festa delle capanne (Cf. Dt 16,16). La gente povera come loro in realtà riusciva ad andare a Gerusalemme almeno una volta all'anno. L'episodio descritto dal Vangelo ricorda il pellegrinaggio in cui Gesù adolescente veniva riconosciuto ufficialmente dalla tradizione come un figlio della Legge, un adulto a pieno titolo del popolo di Israele. Quale messaggio per le nostre famiglie? La famiglia è il luogo per eccellenza in cui i genitori sono chiamati a trasmettere, soprattutto con l'esempio della loro vita, i valori della tradizione del proprio popolo e in questa tradizione occupa un posto centrale la tradizione religiosa, con tutta la ricchezza della sua storia. Per noi cristiani c'è un invito a considerare il dono di tutta la tradizione della Chiesa con tutto il suo immenso patrimonio di sapienza e spiritualità. 2ª Luce: Resistere in Gerusalemme, resistere, perseverare nella comunità. «Ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù resistette / perseverò a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero» (Lc 2, 43). Ricordando che l'età dei dodici anni era considerata l'età del passaggio nel mondo degli adulti, contempliamo la scelta personale fatta dall'adolescente Gesù, di «resistere o perseverare in Gerusalemme». Fu una scelta che richiedeva sacrificio, perseveranza, pazienza, perché lo stare nella tradizione significò per Gesù andare controcorrente e resistere in un contesto comunitario e religioso di non facile convivenza. Quale messaggio per le nostre famiglie? Per noi cristiani Gerusalemme rappresenta la nostra reale comunità cristiana di appartenenza, fatta di persone con nome e cognome, fatta di una fitta rete di relazioni da contemplare come un dono grande per la vita e la crescita sia personale, sia delle nostre famiglie. Spesso il nostro starci nella comunità è un resistere e perseverare, perché vogliamo starci con lo stesso atteggiamento critico, ma costruttivo di Gesù, sapendo rispettare le tradizioni, ma anche aperti a quei cambiamenti che il Vangelo stesso ci invita a operare riguardo al nostro modo di vivere le relazioni e alle scelte da fare in ambito di iniziative pastorali, che favoriscano veramente una crescita qualificata del nostro essere cristiani nel contesto culturale del nostro tempo. 3ª Luce: Resistere / perseverare nella comunità senza mai perdere il centro della nostra fede: il mistero pasquale della morte, sepoltura e risurrezione di Gesù. «Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte» (Lc 2, 44-47) L'evangelista Luca aveva già messo in bocca al vecchio Simeone la profezia su Gesù che sarebbe stato un segno di contraddizione in mezzo al suo popolo. Gesù è presentato al centro, come protagonista principale della discussione sui testi della Sacra Scrittura. Il clima non è tranquillo. I dottori della legge erano «fuori di sé» di fronte al modo di interpretare le Scritture di quel fanciullo venuto da Nazareth. Probabilmente Gesù già sapeva interpretare le Sacre Scritture sulla venuta del messia alla luce dei testi che presentano la figura misteriosa del servo sofferente, e non quella di un messia forte e glorioso, che doveva venire per restaurare il regno di Israele. La ricerca affannata di tre giorni da parte dei suoi genitori non è forse un richiamo al mistero pasquale della morte e risurrezione che si compirà proprio su quel loro figlioletto, resistente e perseverante nel tempio di Gerusalemme, proprio tra coloro che un giorno lo condanneranno a morte? Quale messaggio per le nostre famiglie? Il nostro perseverare / resistere nella comunità cristiana sia finalizzato ad un unico scopo: centralizzare l'esistenza individuale e l'esistenza di ogni nostra famiglia nel mistero pasquale di Cristo. Detto in altre parole: centralizzare la vita nell'offerta gratuita di tutto ciò che siamo e abbiamo, anche a costo di tanto sacrificio, di entrare in contraddizione, in conflitto con chi fa fatica ad entrare nella logica della gratuità. . 4ª luce: Stare nelle cose del Padre: l'opzione fondamentale di Gesù, la nostra vita nello Spirito Santo. «Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto così?". Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo. Ed egli rispose: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo stare nelle cose del Padre mio?" Ma essi non compresero le sue parole» (Lc 2, 48-50) Lo stupore dei genitori diverso da quello dei dottori della legge. Non è negativo. È quello stupore che nasce dalla incomprensione di fronte a qualcosa di nuovo, di misterioso, imprendibile. Accettare la novità è sempre difficile, ma affascinante. I genitori rimasero stupiti di fronte alle scelte che Gesù, adolescente, era già in grado di fare. Qui ci troviamo di fronte alle prime parole pronunciate direttamente da Gesù nel Vangelo di Luca: parole pronunciate con due domande. La prima domanda: «Perché mi cercavate?» La domanda rivela che Gesù prese giustamente le distanze dai suoi genitori nell'esercizio della sua libertà. Lui era già in grado di fare la sua opzione fondamentale. In cosa consiste? La risposta è contenuta nella seconda domanda: «Non sapevate che devo stare nelle cose del Padre mio?» Accettiamo l'incomprensione del significato dell'espressione generica «stare nelle cose del Padre», come Maria e Giuseppe, che non compresero quelle parole. In quell'espressione detta da Gesù sta contenuto tutto il mistero di Dio Padre nel quale Gesù vuole dimorare. «Stare nelle cose del Padre»: una cosa del Padre è la sua volontà. «Stare nelle cose del Padre» fu l'opzione fondamentale di Gesù, già chiara all'età di dodici anni, di fare unicamente la volontà del Padre in ogni istante della sua vita. Gesù, il Messia inviato dal Padre, lui che è il compimento di tutta la Rivelazione divina, fece la volontà del Padre rimanendo sottomesso ai suoi genitori, crescendo in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e agli uomini per quasi trent'anni, nel silenzio e nel nascondimento assoluto, nel villaggio di Nazareth. Poi fu obbediente alla volontà del Padre in tutte le fasi della sua vita pubblica, fino alla sua morte di croce. «Stare nelle cose del Padre»: un'altra cosa del Padre è l'amore che lo unisce eternamente al Figlio, la gratuità dell'amore divino che si rivela a noi come Spirito Santo. «Stare nelle cose del Padre» sarà la scelta di Gesù di lasciarsi battezzare da Giovanni nel fiume Giordano, per lasciarsi condurre dallo Spirito Santo nella sua missione. Le cose del Padre si possono contemplare nella vittoria costante di Gesù sulle tentazioni, nei suoi incontri, soprattutto con i poveri, ammalati, esclusi e peccatori, nei suoi insegnamenti in parabole e discorsi, nei suoi miracoli. Tutto era animato dalla forza dello Spirito Santo, che lo guidava e lo sosteneva nel vivere in ogni istante in sintonia con la volontà del Padre. «Stare nelle cose del Padre»: un'altra cosa del Padre è l'evento della morte, sepoltura e risurrezione. «Stare nelle cose del Padre» divenne la scelta di essere fedele fino in fondo al progetto di alleanza che il Padre voleva realizzare con tutta l'umanità e si compì nell'evento drammatico della morte di croce. Guidato dallo Spirito Santo Gesù affrontò la grande prova della donazione totale di tutta la sua vita nella morte di croce, accettando l'apparente fallimento di tutta la sua missione terrena. Nell'ora del Getsemani rinnovò la sua opzione fondamentale: «Non sia fatta la mia, ma la tua volontà»: «stare nelle cose del Padre». La forza della gratuità dell'amore divino riscattò quel suo corpo crocifisso e depositato nel sepolcro trasfigurandolo in un corpo vivo e glorioso per sempre. Quale messaggio per le nostre famiglie? Le due domande rivolte da Gesù ai suoi genitori sono rivolte a ciascuno di noi: La domanda è rivolta a noi: Perché mi cercate? Che cosa ci aspettiamo da Gesù? Fargli fare quello che vogliamo noi? Stiamo attenti a non strattonare Gesù per portarlo sulle nostre strade. Importante è tenere il cuore sempre aperto alla novità che il Vangelo ci propone. Qual è questa novità? Custodiamo oggi la novità facendo nostra l'espressione «stare nelle cose del Padre». Alla luce dell'evento centrale della morte e risurrezione di Gesù, «stare nelle cose del Padre» potrebbe tradursi in «stare nei doni e nel frutto dello Spirito Santo», dono del Cristo risorto per ciascuno di noi. Quello stesso «Spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore» (Is 11, 2) che si posò su Gesù, si infonde nei nostri cuori perché anche noi possiamo «stare nelle cose del Padre», facendo la volontà di Dio in ogni istante della nostra vita, facendo cioè prevalere anche nelle nostre relazioni familiari la forza della gratuità dell'amore divino, perché il frutto dello Spirito sono le seguenti cose del Padre: «amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sè» (Gl 5, 21-22). 5ª luce: Uno Stare nelle cose del Padre alimentato dalla una vita contemplativa «Partì dunque con loro e tornò a Nazareth e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2, 51-52) In questa ultima parte abbiamo degli accenni storici sulla vita di Gesù nella famiglia di Nazareth, con Maria e Giuseppe. In quello che ci dice Luca sulla vita di Nazareth possiamo cogliere tre messaggi per la vita delle nostre famiglie. Il 1° messaggio: la sottomissione di Gesù ai genitori mette in risalto la sottomissione dei figli ai genitori. «Gesù era loro sottomesso». Nella cultura del popolo ebraico la sottomissione del figlio ai genitori significava lasciarsi modellare dai genitori, assimilare i loro valori. Maria e Giuseppe attingevano dalla Torah i valori di riferimento della loro vita quotidiana. I comandamenti contenuti nella sacre scritture erano importanti punti di riferimento. E poi erano coscienti del compito che Dio aveva assegnato loro in quanto genitori di Gesù, conforme l'esortazione del libro del Deuteronomio al cap. 6,4-7: «Ascolta Israele, il Signore è il tuo Dio. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutte la tua anima e con tutti i tuoi beni. Questi precetti che oggi ti do li ti siano fissi nel cuore, li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per strada, quando ti coricherai e quando ti alzerai». Un messaggio per le nostre famiglie: la Parola di Dio sia sempre il vostro punto di riferimento e di questa Parola di Dio, voi genitori, ne dovreste continuamente parlale ai vostri figli. Obbedire ai genitori significò per Gesù accogliere gli insegnamenti dalla Parola di Dio dalla bocca e dalla testimonianza di vita di Giuseppe e di Maria. Il 2° messaggio: la custodia di tutte queste cose nel cuore di Maria. «Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore». Maria e Giuseppe trovarono di fronte alla novità di assistere all'atteggiamento di Gesù che non interpretava in modo tradizionale gli insegnamenti delle Sacre Scrittura. I genitori rimasero stupiti dalla scelta di un cammino nuovo che Gesù voleva fare: stare nelle cose del Padre. Noi, alla luce di tutto ciò che Gesù ha detto e fatto e illuminati dall'evento della sua morte e risurrezione, vogliamo camminare cercando di comprendere e vivere il senso dello «stare nelle cose del Padre». Maria non capì subito, ma ha accolse la novità anche quando sembrava non capirla: «serbava tutte queste cose nel suo cuore». Iniziava in lei un processo di trasformazione che la fece passare dall'essere madre di Gesù al diventare progressivamente discepola di Cristo. Il processo di discernimento di Maria diventi anche il nostro cammino di fede. Il 3° messaggio: il crescere umano e spirituale nella quotidianità. «Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini». Con queste pochissime parole si riassumono quasi trent'anni di vita nascosta di Gesù nel silenzio della quotidianità a Nazareth. La maggior parte del tempo vissuto tra noi Gesù lo trascorse nel silenzio della quotidianità, nello sperduto villaggio rurale di Nazareth. Per noi il messaggio: di fronte a ciò che accade nella nostra vita, con tempi di silenzio e di ascolto orante della Parola di Dio, impariamo a vivere in atteggiamento di discernimento spirituale, sapendo contemplare i segni della presenza di Dio nella nostra esistenza quotidiana. |