Omelia (01-01-2019) |
don Alberto Brignoli |
Una Madre che sa di Dio, e un Dio che sa di Madre Chi di noi ha ancora i genitori in vita, o almeno uno di essi, e non vive più con loro da tempo, quando si avvicinano le feste di fine anno, si preoccupa di passare almeno un momento di festa con loro. E siccome in genere il cenone di san Silvestro, o comunque la serata dell'ultimo dell'anno tra amici e parenti, non vede la presenza dei nostri cari attempati, perché molti di loro faticano a stare svegli, e le pastiglie che prendono alla sera spesso li lasciano addormentati sul divano ben prima della fine del cinema che si erano promessi di guardare perché "è bello, fa piangere", allora il momento più sicuro da trascorrere con loro è il pranzo di Capodanno. Comodo per noi figli, perché così non ci dobbiamo preoccupare di cucinare nulla, considerato che magari siamo andati a letto alle prime luci dell'alba; piacevole per loro perché papà fa gli onori di casa ripetendo "Buon Anno a tutti!" almeno due volte al minuto (del resto, mica si ricorda di averlo detto poco prima...), mentre la mamma è alle prese con le migliori ricette del suo repertorio, rigorosamente composte da antipasto, primo, secondo, frutta secca, frutta fresca, dolce, ecc..., anche per far vedere che "non ci sono più le mogli brave cuoche di una volta" a una nuora che, se fosse per lei, mangerebbe solo due raviolini in brodo, oggi, vista l'abbuffata della sera precedente, bagnata da qualche sorsetto di vino in più...nei limiti di legge, ovviamente, perché stanotte (o stamattina...) alla guida si deve mettere lei per forza...il marito difficilmente si trova nelle condizioni di farlo, nonostante lui dica di sì... Quadretti di vita familiare, con la mamma comunque sempre protagonista, perché il primo giorno dell'anno, se siamo a casa, almeno il pranzo lo dedichiamo a lei. È con questi sentimenti che mi piace vivere il Banchetto Eucaristico del primo giorno dell'anno: da buon figlio che ricorre alla madre per il primo banchetto dell'anno, dedicandole il giusto tributo e il giusto onore. Certo, so bene che la solennità della Madre di Dio non è la cristianizzazione di un banchetto d'inizio anno di origini pagane. Ad ogni modo, i Romani, e prima ancora i Sabini, erano soliti, alle calende di gennaio, cioè nei primissimi giorni dell'anno, rendere tributo a una dea dell'abbondanza, chiamata Strenna, cui offrivano alcuni ramoscelli verdi (era impossibile avere frutti della terra, in inverno) come segno di propiziazione per l'anno che si accingevano a iniziare. Era una sorta di propiziazione della Madre Terra, della quale è rimasto solamente il nome, "strenna", a indicare i regali che ci si scambia in questo periodo. I cristiani non si lasciano scappare l'occasione, per cui cristianizzano questo culto offrendolo all'unica divinità femminile da essi venerata, la Madre di Gesù, che ben presto - precisamente nel 431 dopo Cristo, al Concilio di Efeso - viene definita, attraverso un dogma, non solo "Madre di Cristo", bensì "Madre di Dio", ovvero Madre di Colui che ha creato tutto, e quindi pure lei stessa. Questo grandissimo mistero, di una Madre che genera un figlio di cui in realtà è pure figlia, è stato definito attraverso quel Concilio come dogma, cioè come verità di fede imprescindibile per la Chiesa. E c'è anche chi ha provato a cantarlo in versi, realizzando una delle più alte pagine di letteratura di tutti i tempi: "Vergine madre, figlia del tuo Figlio, Umile ed alta più che creatura, Termine fisso d'eterno consiglio. Tu sé colei che l'umana natura Nobilitasti sì, che il suo Fattore Non disdegnò di farsi sua fattura". Al di là di tutto, oggi per noi questo mistero ci aiuta a dire che la persona più importante della nostra vita di fede è la stessa di cui diciamo essere la persona più amata della nostra vita, ovvero nostra madre. Ma quanto è meraviglioso sentire non solo che questa Madre "ha sapore a Dio", "sa di Dio", perché ha generato, oltre alla nostra umanità, anche la sua divinità; lo stesso Dio, alla fine, ci accorgiamo che ha "sapore a Madre", che " sa di Madre", perché ha capito che non c'è modo di attirare a sé l'umanità se non attraverso la manifestazione della sua dimensione materna. Ecco allora che Dio si rivela non solo come Padre, ma anche come Madre. Mi vengono alla mente, seppure ai tempi fossi solo un ragazzino da poco entrato in seminario, le parole che Papa Luciani, Giovanni Paolo I, pronunciò in un Angelus dell'unico mese, quello di settembre del 1978, in cui esercitò il suo pontificato: "Noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. E' papà; più ancora è madre. Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene, a tutti. I figlioli, se per caso sono malati, hanno un titolo di più per essere amati dalla mamma. E anche noi se per caso siamo malati di cattiveria, fuori di strada, abbiamo un titolo di più per essere amati dal Signore". Questo sguardo insieme materno e paterno di Dio sembra trovare eco nelle meravigliose parole con cui si aprono le letture di questo nuovo anno solare, e con le quali saremo benedetti al termine della messa, ovvero le parole della benedizione con cui Aronne benediceva il popolo di Dio nel deserto: "Il Signore ti custodisca, faccia splendere su di te il suo volto e ti conceda la pace". Dio si comporta proprio da Madre: custodisce i suoi figli con il suo amore, quando li vede piangere si fa riconoscere in volto da loro, finché da buoni bambini si addormentano, perché per merito del suo sguardo sentono una presenza sicura e viene loro concesso il dono della pace. Quel dono che oggi, in tutto il mondo, invochiamo in modo particolare. Quello che a noi manca, spesso, anche perché forse non glielo chiediamo abbastanza. |