Omelia (13-01-2019)
diac. Vito Calella
Lo «stare in preghiera» fa la differenza

Custodendo nel cuore e nella mente il racconto del Vangelo di Luca, scopriamo che il fatto in sé del battesimo di Gesù nel fiume Giordano è un dettaglio secondario. Giovanni Battista non è nemmeno nominato nella descrizione dell'evento. Gesù è mescolato tra la gente, ma anche quella scelta di stare in mezzo ai peccatori è secondaria. Lo stare inpreghiera fa la differenza. Grazie al suo stare in preghiera si realizzò una magnifica manifestazione divina: l'aprirsi dei cieli, il discendere corporeo dello Spirito Santo come colomba e l'ascolto della voce dal cielo, che rivelò l'identità di Gesù e il compiacimento del Padre: «Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento"» (Lc 3, 21-22).
All'evangelista Luca sta a cuore contemplare Gesù in atteggiamento costante di preghiera. Lo ripeterà per altre otto volte nel suo Vangelo (Lc 5,16; 6, 12; 9,18.28-29; 11,1; 22,41; 23,46). Praticare la preghiera fu la cura constante di Gesù di Nazareth, per perseverare in sintonia con la volontà del Padre e compiere la sua missione fino al compimento finale della sua morte di croce. Il tempo dedicato a pregare permetteva a Gesù di essere costantemente guidato dallo Spirito Santo nell'esercizio della sua missione a servizio del Regno di Dio.
Scegliere di pregare ogni giorno sia dunque la chiave essenziale per mantenere sempre vivo in noi il dono dello Spirito Santo, effuso nei nostri cuori, per non soffocare l'efficacia del dono del nostro battesimo. Tra tutte le attività programmate e cronometrate, di cui è piena la nostra giornata, la sacra scelta del nostro stare in preghiera, per vivere il l'incontro orante con la Parola di Dio, è il segreto per la buona riuscita di tutte le molteplici attività quotidiane.
Lo «stare in preghiera» apre i cieli liberandoli dalle nuvole dell'egoismo e del peccato.
La preghiera di Gesù nel giorno del suo battesimo inaugurò l'apertura dei cieli a favore di tutta l'umanità, cioè il dono della liberazione dai nostri peccati e dalle forze del male che offuscano l'orizzonte della vita. In quel giorno si realizzò la supplica che troviamo espressa nel libro del profeta Isaia: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63, 19a). Il profeta Isaia vedeva solo il cielo coperto della ribellione del popolo, del suo vagare lontano dalle vie del Signore. La manifestazione pubblica di Gesù, iniziata nel giorno del suo battesimo, fu paragonata all'aprirsi dei cieli per far irrompere la luce dell'iniziativa d'amore di Dio, che in Gesù veniva a riscattare il popolo dalla chiusura del peccato e dell'egoismo. Quella luce scende ancora oggi per liberarci dalla schiavitù del nostro peccato e delle conseguenze su di noi dell'egoismo di tutta l'umanità. I cieli squarciati nel giorno del battesimo di Gesù sono il riflesso della consolazione del popolo ascoltata nella prima lettura: «Consolate il mio popolo, parlate al cuore di Gerusalemme e ditele: è finita la tua schiavitù, è stata scontata la tua iniquità» (Is 40,1). Gesù è il Dio buon pastore che viene con la potenza della misericordia del Padre per condurci e radunarci, noi suo gregge, ai pascoli della pace.
La preghiera personale ravviva in noi la forza trasformante del nostro battesimo.
La nostra preghiera squarcia le nubi grigie delle nostre inconsistenze, infedeltà e pessimismi, come abbiamo ascoltato per mezzo dell'apostolo Paolo: «È apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2, 11-13).
Lo «stare in preghiera» rende possibili relazioni di gratuità.
La preghiera di Gesù nel giorno del suo battesimo permise alla sua umanità di accogliere liberamente il dono dello Spirito Santo, posato su di lui in forma «corporea» di colomba, in modo che tutte le sue relazioni con la gente, nello svolgersi della sua missione pubblica, fossero caratterizzate dalla pratica concreta della gratuità dell'amore. E così noi possiamo contemplare l'agire di Gesù di Nazareth, documentato nei racconti evangelici, che si rivela in vere e autentiche relazioni di accoglienza, di perdono, di tenerezza, di servizio.
La nostra preghiera ci allena e ci abilita ad essere artefici di opere buone di gratuità in tutte le nostre relazioni quotidiane perché Gesù «ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone» (Tt 2,14).
Lo «stare in preghiera» ci fa vivere centralizzati nel mistero pasquale di Cristo.
La preghiera di Gesù nel giorno del suo battesimo rivelò quanto Gesù amava la Parola di Dio e in essa si rispecchiava per comprendere e confermare la sua missione. Quella voce del Padre, venuta dal cielo celebra la consapevolezza di Gesù, maturata nella preghiera alla luce delle Sacre Scritture, della sua identità messianica nella linea del servo sofferente, preannunciata dai testi del servo di JHWH del profeta Isaia e dal salmo 2. E Gesù fu fedele fino in fondo alla sua vocazione e missione, compiendola con l'offerta del suo corpo e del suo sangue per tutti noi e per la nostra salvezza.
La nostra preghiera rende sempre viva in noi la voce della Parola di Dio. La Parola (voce) di Dio pregata ci orienta a centrare la nostra esistenza nel mistero della morte e risurrezione di Gesù e ci fa sentire fortemente la gioia di essere peccatori già perdonati, figli amati del Padre, già giustificati prima ancora di aver dato prova delle opere giuste da noi compiute. E questo è uno degli annunci più belli che possiamo offrire nel nostro essere missionari della Parola del Signore, come abbiamo ascoltato: «Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un'acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna» (Tt 3, 4-7).