Omelia (13-01-2019)
fr. Massimo Rossi


Il proverbio richiamato lo scorso 6 gennaio: "l'Epifania tutte le feste si porta via!" non è esatto... Il tempo di Natale si conclude oggi con la solennità del Battesimo di Gesù....E il Battesimo di Gesù inaugura la sua vita pubblica.
C'è subito da dire che le versioni riportate dagli evangelisti non sono concordi: per Luca e per Marco, Dio parla direttamente al Figlio; Matteo, invece, immagina che Dio parli al popolo: per il primo evangelista, dunque, la scena è una vera e propria epifania: il segno è accompagnato dalla voce, la quale attesta che l'uomo chiamato Gesù, poco più che trentenne, è Dio, e a Lui si deve l'omaggio della fede. Del resto, Matteo, così sensibile, forse più degli altri, all'istanza universale del messaggio cristiano, coglie l'occasione per rivolgersi a tutti, soprattutto a coloro che vivono le periferie della società e della fede, tanto per usare un'espressione cara al nostro Papa.
E in quella landa deserta e solitaria, come i guadi del Giordano, lontana dalla capitale politica e religiosa, terra di pagani, gente poco raccomandabile, malvista dalle autorità del Tempio, in quella regione nota come Galilea delle genti, Dio parla non a Suo Figlio, ma parla di Suo Figlio, al mondo che non lo conosce.
La pagina odierna, invece, attinta dall'opera di Luca, inquadra la vicenda all'interno della relazione intratrinitaria, espressione quasi impronunciabile, ma che indica molto semplicemente che la Trinità al completo è all'opera e le tre Persone restano in contatto, si parlano, si sostengono e, nella loro reciproca interdipendenza, garantiscono la riuscita dell'intero progetto di salvezza.
Noi, poveri mortali, non siamo in grado di intuire come l'Incarnazione non abbia in alcun modo allontanato il Figlio dal Padre e dallo Spirito Santo. Quanto alla Trinità e alle relazioni che legano le tre Persone - in antico si chiamavano processioni; mai termine fu più lontano e estraneo dall'immaginario collettivo! - tutto ciò che si può pensare e dire è reso possibile da quel tipo particolare di argomentazione che conosciamo come analogia entis; ma, se da un lato, questo escamotage, questo stratagemma linguistico consente di dire (e di conoscere) qualcosa a proposito di un argomento sul quale in verità sappiamo poco niente, pertanto possiamo dire poco niente, l'analogia entis ci ricorda anche che il mistero sulla Trinità rimane.
Parlando della Trinità ogni parola assume un significato altro...
Il caso dell'Incarnazione è forse l'esempio più significativo: dire che il Verbo è sceso dal Cielo e si è incarnato nel seno della Vergine, non significa affermare che sia uscito dalla Trinità, sia venuto giù dalle altezze ove abita l'Onnipotente, verso l'abisso profondo della terra...
La fede inaugura un nuovo modo di intendere la realtà: concetti come alto e basso, vicino e lontano, intimità e separazione, presenza e assenza,... assumono significati differenti e paradossalmente si possono affermare contemporaneamente delle stesse verità. Certamente avrete sentito spesso i preti parlare di "già e non ancora": è un'espressione tecnica, riferita ai sacramenti in particolare, con la quale si vuole affermare che la salvezza si attua, sì, nel sacramento, ma costituisce anche un appello alla vita, affinché ciascuno di noi realizzi ogni giorno questa salvezza, della quale, appunto, il sacramento è un anticipo, una primizia; l'Eucaristia ci consente di entrare in comunione con il Cristo, al tempo stesso ci provoca a costruire comunione tra noi.

Sicché, quel drammatico "Tutto è compiuto" che uscì come un sussurro dalle labbra del Signore morente, getta una luce - di giudizio? - sul "nulla è compiuto" della storia umana...
In questa opera di consacrazione del mondo, già realizzata per i meriti della passione di Cristo, ma ancora da completare attraverso la nostra collaborazione, non siamo soli: con noi è lo Spirito Santo. E anche la Parola di Dio è con noi; perché anche di noi il Padre dichiara: "mi compiaccio di te". Questo compiacimento divino è l'attestazione di un affetto reale, presente, ma contemporaneamente un compito, un mandato, una vocazione,...
Come ho detto all'inizio, il Battesimo di Gesù costituisce il mandato ufficiale che il Padre consegnò al Figlio, di annunciare il Vangelo, pagandone di persona tutto il prezzo: solo così, il figlio del falegname sarebbe diventato il Cristo.
Lo stesso vale per noi: ricevuto il Battesimo, ciascuno è chiamato a realizzare la propria vocazione cristiana, incarnando giorno per giorno quella identità che Dio gli ha rivelato durante il cammino di iniziazione cristiana, ma che richiederà tutta la vita per acquistare senso compiuto.
Già e non ancora!
Già cristiani fin dal Battesimo, ma non ancora cristiani consapevoli... così come il Maestro di Nazareth nacque già re dei Giudei, ma lo divenne a pieno titolo salendo sulla croce.

Un nuovo anno liturgico ci attende: l'augurio che rivolgo a voi, e anche a me, è di poter progredire nel cammino della fede, per giungere alla prossima Pasqua più consapevoli, e, perché no, anche più felici di chiamarci ed essere realmente figli di Dio.
Buon viaggio!