Commento su Ne 8,2-4.5-6.8-10; Sal 18; 1Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21
Il filo conduttore delle letture di questa domenica è la Parola annunciata, ascoltata e vissuta, come la si recepisce, come la si vive.
Dopo aver celebrato l'epifania e il battesimo di Gesù, noi siamo ora convocati per ascoltare questa parola in comunità, formando un corpo e ciascuno è chiamato a fare la sua parte. La Parola, il verbo fatto carne, è patrimonio della comunità che si ritrova, con attenzione particolare verso chi ha più bisogno.
La liturgia mette anche in luce l'identità profonda della Chiesa: noi siamo un popolo radunato attorno alla Parola di Dio, siamo un popolo salvato dalla presenza vera di Cristo che "oggi" (come in ogni Eucarestia) è in mezzo a noi come Messia e Salvatore.
La seconda parte del brano evangelico ci mostra, con evidente parallelismo, pur nella distanza cronologica di ben cinque secoli, lo stesso momento della liturgia del sabato, uno dei pilastri della religiosità ebraica di cui parla la prima lettura.
Nella prima lettura del libro di Neemia, dopo l'esilio, Israele, riunito come un popolo in festa, celebra la liturgia della Parola e prende parte ad un pasto comune. La Parola di Dio risuona di nuovo alle orecchie del popolo di Israele: letta ad alta voce sulla piazza e spiegata dai leviti, suscitando l'entusiasmo, la commozione, la gioia in tutto il popolo. La parola di Dio è per tutti: uomini, donne, bambini, indistintamente. Riprendendo il racconto dell'A.T. ritroviamo in quel radunarsi di popolo la struttura e alcuni atteggiamenti propri delle nostre liturgie: leggere la Parola, ascoltare coloro che la spiegano, gridare al Signore la nostra fede. La Chiesa non può che cercare di fare tutto il possibile affinché la messa sia veramente il cuore del percorso di fede di tutti i fedeli.
Il Salmo responsoriale fa riferimento ai semplici e parla di emozioni: la legge del Signore produce insieme la conoscenza e la gioia, la parola del Signore "rende saggio il semplice" e "fa gioire il cuore". I versetti proclamano come la legge del Signore sia perfetta e la sua testimonianza sia stabile e aiuti e renda saggi i semplici.
La seconda lettura tratta dalla prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi ci presenta la Chiesa come un corpo nel quale ogni cristiano deve accettare il proprio ruolo dopo averlo individuato. Le membra nel corpo sono state distribuite in modo distinto, affinché tutte le membra abbiano eguale dignità.
Attraverso la metafora del corpo, San Paolo descrive i carismi di ciascuno. E ce ne sono tanti, che si adattano alle varie necessità della Chiesa, non lasciando alcuno con le mani in mano! Si tratta qui di tutti i carismi, anche quelli apparentemente più ‘semplici', legati alle realtà dove siamo e per ciò che facciamo. Nel piano di carità e di salvezza, che Dio ha disposto per tutti, il Signore ha fatto in modo che ciascuno, senza eccezioni, ne sia costruttore. Accettare questo posto voluto da lui significa seguire la nostra vocazione per poter realizzare il progetto di salvezza che lui ha destinato a ciascuno. Non è ammesso il disimpegno, perché sarebbe come fare mancare il nostro necessario apporto, creando un ‘vuoto' nell'edificazione del Regno e nella comunità.
Nella pagina di vangelo Gesù dà inizio alla sua attività pubblica. Egli torna nella sua Nazareth, accompagnato dalla fama di maestro autorevole e di operatore di prodigi. Entra nella sinagoga e partecipa alla liturgia del sabato, legge un passo di Isaia che annuncia "una buona notizia ai poveri, la liberazione per i prigionieri, la vista ai ciechi, la libertà agli oppressi" (Is 61,1-2). Gesù non fa dotte considerazioni sull'antichità del testo, sull'epoca in cui è stato redatto, ma afferma "oggi si è adempiuta questa scrittura". Colui nel quale "tutte le promesse di Dio sono divenute si" non può leggere la Parola divina senza metterla in pratica, realizzarla immediatamente. Fioriscono così i miracoli a favore di poveri, dei prigionieri, dei ciechi, degli oppressi.
Anche noi non dobbiamo leggere il vangelo al passato, ma al presente, nell'oggi della nostra vita davanti a Dio. Questo è l'atteggiamento giusto con il quale leggere la Scrittura e in particolare il Vangelo. E' l'atteggiamento di chi crede che ciò che legge personalmente o ascolta nella celebrazione in chiesa non è lettera morta, ma è viva e attuale.
Anche nel vangelo troviamo la Parola che convoca la comunità, che è proclamata solennemente all'assemblea, è spiegata, interpretata come messaggio di speranza, di gioia, di liberazione.
Essere cristiani non è solo un modo di dire, ma un modo di vivere la fede, che si esprime nel come pensiamo, come parliamo, come ci comportiamo, come realizziamo concretamente le stesse parole di Gesù venuto per essere a fianco dei più deboli e degli oppressi.
Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- Che importanza diamo alla Parola nell'impostare la nostra vita?
- La porzione privilegiata ai poveri fa parte del nostro menù?
- Le letture di oggi ripercorrono la struttura delle nostre messe domenicali: come le viviamo come coppia e come famiglia? Che ricaduta ha la partecipazione alla messa nella nostra vita?
don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino
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