Omelia (20-01-2019)
don Luciano Cantini
L'acqua del Servo

Vi fu una festa

La festa è sempre un "mistero" e lo sappiamo bene, noi possiamo preparare, organizzare mille aspetti di una festa ma la festa non parte: la sala ben addobbata, un buffet in bella vista, della buona musica non sono sufficienti; la festa nasce da qualcosa al di fuori del programmato, da un insieme di fattori che sfuggono alla organizzazione per quanto accurata possa essere. Lo sperimentiamo spesso quando una festa improvvisata e senza organizzazione innesca allegria e quando invece, dopo aver preparato e organizzato l'impensabile, la festa non decolla e finisce stancamente. C'è un aspetto rituale di ogni festa che la rende riconoscibile: le cose preparate, il susseguirsi delle azioni, le abitudini, le tradizioni che concorrono a fare festa e riconoscerla come tale. Sociologi e antropologi, che studiano il divenire delle cose umane, nel tentativo di definire il senso della festa finiscono per assimilarla al rito, usando indifferentemente l'uno o l'altro termine; non capita invece nei discorsi sul rito, dove difficilmente parlando della ritualità che caratterizza l'espressione umana si arrivi a parlare anche di festa.


Venuto a mancare il vino

il vino è quell'elemento che ha la forza di rallegrare, di spingere la festa. In questo racconto la mancanza della festa è ben rappresentata dalla mancanza del vino.

Il fatto più pesante è che questa non è una festa qualsiasi, ma un matrimonio, alleanza tra un uomo ed una donna che è immagine dell'Alleanza tra Dio ed il suo popolo; il racconto delle nozze di Cana ci dice, tra le righe, che l'Alleanza con Dio è diventata "triste", langue di abitudine, di stanchezza; manca di novità, di brio; è cadenzata da una ritualità apparentemente solenne, formale, spesso ridondante ma inefficace nell'animo umano. La festa sembra non decollare.

Maria se ne accorge - le donne hanno sempre una marcia in più ed una sensibilità particolare - e mette in "azione" Gesù.


Non è ancora giunta la mia ora

All'invito di sua madre Gesù risponde che "non è ancora giunta la mia ora" ... Giovanni nel suo vangelo ci dice quando "è giunta l'ora" (Gv 17,1), quando inizia la sua passione per arrivare al momento in cui Gesù dona la sua vita. Giovanni collega questo primo "segno" all'ultimo segno quando dal petto squarciato di Gesù uscì sangue ed acqua (Gv 19,34).

Gesù compie tanti "miracoli" importanti che vanno incontro alle necessità dell'uomo come la salute, la fame, la vita... questo sembra quasi un miracolo inutile, sana la mancanza di qualcosa che pare superfluo, ma non lo è per Maria ed anche per il Signore perché l'uomo ha bisogno della festa come del pane.


Riempite d'acqua le anfore

Gesù fa mettere l'acqua nelle anfore quelle "per la purificazione rituale dei Giudei"; senza azzardare la ricerca di simboli e collegamenti, ma questo fatto potrebbe richiamare un'altra acqua versata da Gesù nel catino quando, come servo, si è messo a lavare i piedi dei suoi discepoli; era giunta l'ora e Gesù stava preparando i suoi discepoli perché comprendessero il dono che stavano per ricevere, quello della sua vita.

Così il vino che i servitori portarono a colui che dirigeva il banchetto, quel "vino buono" richiama il "Calice della nuova ed eterna Alleanza" (cfr. 1Cor 11,24-25) che Gesù dà da bere ai suoi discepoli durante l'Ultima Cena, il sangue che il Signore Gesù offre per la nostra salvezza.

Ecco l'importanza di questo "segno": Gesù completa quello che mancava alla festa che non era solo il vino, ma il dono della vita.

Come possiamo immaginare una festa se non c'è la capacità di farci dono reciproco, se dentro non ci mettiamo la vita? Dobbiamo metterci la vita, nelle nostre liturgie, nelle celebrazioni della Alleanza, nelle occasioni della storia: come i servi mettono l'acqua nelle anfore e come il Servo sui piedi dei discepoli, perché l'uomo scopra il senso del dono, della gratuità e dell'amore.

Allora si scoprirà il mistero della Festa.