Omelia (20-01-2019) |
diac. Vito Calella |
L'acqua della nostra umanità trasformata in vino di gratuità Il miracolo di Gesù compiuto a Cana di Galilea è una testimonianza custodita soltanto nel vangelo di Giovanni. Quel miracolo della trasformazione di acqua in vino avvenne e forse gli fu raccontato da Maria, la madre, che abitava insieme a lui. L'evangelista, guidato e ispirato dallo Spirito Santo, interpreta quell'episodio alla luce dell'evento della morte, sepoltura e risurrezione di Gesù, facendolo diventare un episodio che rivela la gloria del Signore risorto. La sua gloria risplende nell'evento della sua risurrezione, nell'ospitalità, per sempre, della nostra umanità nell'eternità della vita divina. Per questo motivo tutta la gloria della risurrezione si rivela nella sovrabbondanza inesauribile del dono dello Spirito Santo trasformante (segno del vino) messo a disposizione di tutta l'umanità. La sua gloria diventa la festa della gioia della nostra vita umana, perché le nostre azioni sono veramente trasformate dalla forza dello Spirito Santo e diventano relazioni di gratuità, tessitrici di comunione tra noi. Uniti nella carità siamo la sposa del vero sposo: Gesù Cristo, morto e risuscitato, fulcro centrale di tutta la nostra esistenza. Nel racconto delle nozze di Cana appaiono due gruppi: il primo è costituito da Maria, dai discepoli e da Gesù, invitati alle nozze. Il secondo gruppo è fatto dai servi della casa e dal maestro di sala. Lo sposo appare di sfuggita, senza nome: non dice nulla. La sposa non è nemmeno nominata. Alla luce dell'evento pasquale il vero sposo è Gesù. La sposa siamo tutti noi cristiani, che ci siamo lasciati trasformare e convertire dall'annuncio e dalla forza salvifica della morte e risurrezione di Gesù e abbiamo scoperto il dono dello Spirito Santo. Ci possiamo identificare in quei «discepoli che credettero in Lui» (Gv 2,11c). La festa delle nozze di Cana diventa per noi la festa della nuova ed eterna alleanza tra Dio e tutti noi, inaugurata con la morte e risurrezione di Gesù, eventi centrali per la nostra esistenza e per la storia di tutta l'umanità e di tutta la creazione, ricordati implicitamente dall'evangelista con linguaggio dell'ora: «Non è ancora giunta la mia ora» (Gv 2,4b): ciò che avvenne a Cana è segno anticipato della «manifestazione della gloria di Gesù» (Gv 2, 11b) che noi contempliamo nel crocifisso risuscitato e nella realizzazione della comunione di alleanza eterna tra noi e Dio. Per mezzo dell'evento pasquale di Cristo si realizza la profezia del profeta Isaia su Gerusalemme, per noi ora simbolo della nostra comunità cristiana contemplata dal profeta come una sposa che celebra nozze eterne con il suo Dio Creatore e Redentore. Nel gruppo della madre e dei discepoli, invitati alle nozze, si distacca la figura della madre di Gesù: la donna. Lei è la piena di grazia, è l'arca di questa nuova alleanza tra Dio e l'umanità, è colei che vive abitata dalla presenza dello Spirito Santo. Rappresenta, nella comunità dei credenti, quei cristiani che hanno veramente imparato a lasciar spazio d'azione alla Presenza viva del Risorto in loro, perché consapevoli del tesoro immenso che custodiscono nel vaso della loro umanità. Come Maria sono un piccolo resto di credenti, nella moltitudine dei battezzati, che si lasciano veramente guidare dalla presenza viva dello Spirito Santo; per questo diventano particolarmente sensibili alla «mancanza di vino», cioè a tutte quelle situazioni di ingiustizia, di non rispetto della dignità umana, di conflitto, di separazione, di depressione, di schiavitù che rovinano la festa della nuova ed eterna alleanza, perché il dono dello Spirito Santo, già donato e disponibile, è soffocato nei cuori di molta gente. Come Maria, non si lasciano scoraggiare dalla desolazione della «mancanza di vino» perché lo Spirito Santo, vivo in loro, li ha resi forti e fiduciosi nel potere trasformante della Parola del Cristo risorto e si ostinano a dire a tutti quelli che incontrano: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5). Il gruppo dei servi e del maestro di sala rappresenta il popolo Ebreo, custode di tutta la promessa dell'Antico Testamento. I servi potrebbero rappresentare i profeti che avevano obbedito alla Parola di Dio. Il maestro di sala potrebbe rappresentare il più grande dei profeti, colui che ha preparato la festa della venuta del Messia: Giovanni Battista. Non si sa se quei servi si annoverarono tra i discepoli che credettero in Gesù. Le sei giare di pietra rappresentano la tradizione religiosa di Israele, fortemente incentrata sull'obbedienza alle leggi contenute nelle Sacre Scritture, tra le quali, anche le pesanti prescrizioni di purificazione, che rendevano la vita di fede dipendente dai meriti accumulati, eccessivamente dipendente dall'iniziativa umana. La religione giudaica al tempo di Gesù era diventata come quelle giare di pietra: pesanti obblighi da assolvere mediante i numerosissimi precetti scritti nei libri sacri. La scarsità di acqua, presente in quelle giare di pietra rappresenta l'infedeltà, lo sconforto, la difficoltà a corrispondere alla volontà di Dio confidando solo ed esclusivamente nelle capacità dell'iniziativa umana. Per noi cristiani quelle giare di pietra possono rappresentare la nostra comunità cristiana, a volte vista da noi e da tanta gente di fuori come una istituzione pesante, una agenzia di servizi religiosi o una azienda di molteplici gruppi e attività pastorali, malati di attivismo senza l'anima essenziale della gratuità. Oppure possono rappresentare tutte quelle istituzioni sociali che appesantiscono le nostre relazioni umane con il peso di tanta burocrazia, smorzando ogni slancio di dono. I servi possono rappresentare oggi tutti quei cristiani battezzati che svolgono servizi nella nostra comunità, sotto la guida dei loro pastori, i maestri di sala. Identifichiamoci con essi e riconosciamo con umiltà le nostre inconsistenze e difficoltà di corrispondere umanamente alla volontà del Padre. Nell'umiltà del riconoscimento della scarsità dell'acqua delle nostre buone azioni e della pesantezza delle nostre istituzioni comunitarie, ci stupiamo della fiducia che Gesù accorda verso di noi. Il nostro Signore, il risorto, chiede a noi ora di riempire quelle giare di acqua, confida nelle nostre potenzialità. L'acqua delle giare, riempita fino all'orlo, rappresenta tutta la nostra buona volontà, tutte le nostre capacità umane, tutta la nostra intelligenza, tutti i nostri sentimenti, tutte le nostre qualità umane, tutta la nostra iniziativa umana. Gesù risorto, vivo in noi, realizza il miracolo di trasformare tutta «l'acqua» delle nostre iniziative umane e delle nostre relazioni in «vino» gioioso e inesauribile di gratuità. Il nostro modo di agire, radicato nella difesa degli interessi del nostro "io" viene allora trasformato per diventare materia di irradiazione, donazione della forza vitale dell'amore divino per tutta l'umanità e così la festa delle nozze di Cana diventa per noi oggi la gioia delle nostre relazioni umane glorificate dalla carità che ci rende tutti insieme, nel mondo, la sposa dello Sposo. |