Omelia (27-01-2019)
don Giacomo Falco Brini
Il Messia di Isaia e di Luca

Stavo pensando che l'ouverture del vangelo di Luca (Lc 1,1-4) potrebbe assolvere oggi ad un grande compito educativo riguardo ai temi della relazione e della comunicazione umani. Nell'era digitale in cui ci troviamo immersi, basta il solo apparire di una notizia o di un'unica voce che riporti la notizia, perché la rete l'accolga e se ne faccia carico nella trasmissione. Le fonti, il metodo, lo scopo dello scritto che Luca precisa con scarna chiarezza, sembrano oggi fattori irrilevanti per appurare l'attendibilità delle cose che si comunicano. Velocità, viralità, impatto dell'immagine, opinabilità, omologazione alla cultura imperante ed altri ingredienti, la fanno da padroni nel confezionamento e nella credibilità di una notizia. Logico che ci sia un problema di "bufale" o "fake". Molto meglio il termine inglese, proprio non mi va di chiamare le menzogne delle "bufale": mi sembrano tanto un'offesa all'animale che ci permette di ricavare un'ottima mozzarella...
Luca dunque assicura che il racconto che ci offre non l'ha inventato lui, che non si tratta nemmeno di una "fiction" creata su una storia vera, ma di una trama di fatti accaduti e ben documentati quale frutto di una seria ricerca. Lo scritto poi serve al lettore per verificare da se stesso che non solo non si tratta di leggende, ma per fondare più in profondità gli insegnamenti ricevuti in materia di fede, affinché non rimangano in superficie ad un livello soltanto emotivo. Anche in questo scopo dichiarato, quale lezione per l'uomo contemporaneo! Quante parole, quante valutazioni, quante affermazioni e quante scelte dettate soltanto da come ci si sente nella pancia! Urge il lavoro di tutti per recuperare altre dimensioni della vita che la rendano più umana e capace di costruire qualcosa di solido, se non vogliamo rimanere in balìa di una liquidità che non produce futuro. Zygmunt Bauman docet.
La liturgia della parola ci fa balzare dal prologo del vangelo al cap.4, e precisamente in Galilea, nella sinagoga di Nazareth. Il salto serve a ricordarci l'episodio che inaugura il ministero pubblico di Gesù. Guidato e sostenuto dallo Spirito, il ministero di Gesù ha degli inizi molto promettenti: la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti gli rendevano lode (Lc 4,14-15). Ma vedremo subito (vangelo di domenica prossima) che le promesse non corrisponderanno alle attese. Secondo molti esegeti, Luca è il teologo della continuità/unità tra antico e nuovo testamento. Infatti, qui a Gesù viene dato il rotolo di Isaia e, dopo aver pronunziato il passo che riguarda una profezia sul Messia (Is 61,1-2), offre un commento brevissimo agli uditori suscitando grande stupore e subito dopo scandalo (Lc 4,21). In sostanza, che cosa ha detto Gesù? Che nella sua persona si è compiuta quella sacra scrittura. Egli è il Messia atteso da secoli, l'inviato di Dio che non ricorre a mezzi satanici (cfr. 4,1-13) per manifestarsi agli uomini. Solo chi riconosce il senso della sua missione, tutto contenuto nella profezia di Isaia, può accreditarlo e comprendere il volto e l'opera di Dio.
Il testo di Isaia fa proclamare solennemente al Messia che è venuto per instaurare l'anno di grazia del Signore (Lc 4,19), cioè l'inizio di una nuova era, il tempo della Misericordia che si offre ad ogni uomo, ma a partire da poveri, prigionieri, ciechi, oppressi. Che significa? Che l'avvio del Regno di Dio avviene, per sua volontà, cominciando da un annuncio e un azione che si dirige prima agli ultimi del mondo, tutti quelli che non contano niente, gli esclusi, quelli che vivono immersi nella sofferenza. Eppure ci sono tantissimi che continuano a pensare e credere che Gesù sia un Messia che mette tra parentesi questa scelta, come se fosse qualcosa di opzionale. Credo che una delle opere più compiute del diavolo sia quella di convincere tanti "credenti" che nella propria fede gli ultimi si possano continuare a mettere da parte. E' notizia di questi giorni che un messaggio è comparso davanti alla parrocchia di S. Eustachio a Roma, nella quale l'autore ammoniva severamente il parroco per l'accoglienza e il servizio prestato a molti poveri all'interno della chiesa. Riporto fedelmente il contenuto: "caro reverendo, la chiesa è la casa del Signore, non dei poveri!!! Risponderai davanti a Dio dei sacrilegi/profanazioni compiuti in questa chiesa". In fondo però, anche questo grosso equivoco sul Signore, era già previsto dal vangelo. La seconda parte che leggeremo domenica prossima ce lo spiegherà meglio. Caro Luca, anche oggi per molti si compie la scrittura in chi accoglie Gesù esattamente come si presenta. Ma non si compie ancora in chi non crede che tu abbia fatto una ricerca accurata e che ci abbia raccontato in modo ordinato ogni cosa sulla storia di Gesù!