Omelia (27-01-2019)
don Alberto Brignoli
Vedere e ascoltare

Viviamo nel mondo della comunicazione attraverso la visione e l'ascolto. Se fino a un decennio fa per mettermi in contatto con una persona gli facevo una telefonata o tutt'al più mandavo un sms; se trent'anni fa per cercare una persona della quale da tempo avevo perso i contatti andavo a spulciare sulla vecchia rubrica telefonica di casa, o magari cercavo il suo cognome nell'elenco degli abbonati telefonici, sperando che in quel paese fossero pochi ad avere quel cognome; se - e qui siamo già nella "preistoria" - per cercare un amico o un'amica che venisse con noi all'oratorio dovevamo citofonare senza lasciare scampo al malcapitato che era costretto a chiedere "Chi è?" (visto che non c'erano ancora i videocitofoni, ma solo le vecchie veneziane verdi di plastica che si piegavano con un rumore percettibile a chilometri di distanza..); oggi basta un "click" (anzi, nemmeno più un "click", ma un "tap") per mettermi in contatto con una persona, e non solo in paese, ma a migliaia di chilometri di distanza, a una velocità che ormai si sta approssimando a quella della luce. Basta un piccolo smartphone (ne esistono alcuni dal peso di nove grammi, con lo schermo inferiore a un pollice...) per fare sapere a chiunque, in tempo reale, dove ti trovi, cosa stai facendo, con chi sei, dove sei stato, e via di seguito. E lo puoi fare con una foto, un'immagine, un video, un audio...la fantasia qui si scatena. L'importante è che tutti vedano e ascoltino. Che sia di persona, o attraverso il filtro di uno schermo o della realtà virtuale, poco importa: vedere e ascoltare stanno alla base di tutto. Il problema è "cosa" si vede e "chi" si ascolta.
Perché in realtà, la strategia della comunicazione basata sui sensi della vista e dell'udito non l'hanno inventata i geni delle telecomunicazioni: noi cristiani abbiamo un Maestro che su queste cose era fenomenale. Era capace di fare in modo che gli sguardi di tutti fossero fissi su di lui, e che le cose che diceva - anche le più profetiche - diventassero realtà all'istante, si compissero nel momento in cui i suoi uditori le stavano ascoltando. E alcuni di coloro che erano uditori e testimoni oculari sono diventati "ministri della sua Parola", e hanno trasmesso ciò che hanno visto e udito ai loro posteri, molti dei quali "hanno cercato di raccontare quegli avvenimenti, di fare ricerche accurate su ogni circostanza avvenuta e di scrivere un resoconto accurato perché noi, dopo tanti anni, potessimo renderci conto personalmente della solidità degli insegnamenti di Gesù che lungo i secoli ci sono stati tramandati e che, alla fine, anche noi abbiamo ricevuto". Così sono nati i Vangeli; così è nato il Vangelo di Luca, di cui, nelle parole che ho appena pronunciato, non ho fatto altro che riportare i primi versetti che abbiamo ascoltato poco fa, indirizzati a un "illustre Teofilo", talmente illustre che non solo non è mai esistito, ma che si identifica con ogni "amante di Dio" (è ciò che significa "Teofilo") che vedendo ciò che Gesù ha compiuto, e ascoltando ciò che lui ha detto attraverso la narrazione dei Vangeli, può divenire talmente grande nell'animo e talmente importante agli occhi di Dio da divenire "illustre" (in greco "kratistos", in latino "egregius"), il titolo dato ai nobili cavalieri che si "distinguevano dal gregge", dal popolo "pecorone" che andava dietro a tutte le mode e tutte le parole, per andare invece ad ascoltare parole "di qualità", parole "di vita", parole "che cambiano l'esistenza".
Eccola qui, la differenza tra i "Facebook" di oggi e il "Facebook" di Luca; eccola qui, la differenza tra l'"Instagram" di Gesù e l'"Instragam" della miglior "fashion blog influencer" di oggi. Considerato che un "post" su un social ha una "emivita" (si chiama così il periodo di vitalità, di interesse di un post sui social) di circa 42 minuti, i "maestri" di Instagram oggi per essere credibili devono "postarne" almeno una trentina al giorno.
Il nostro Maestro non ha avuto bisogno di questa frequenza. Ogni volta che "postava", ovvero diceva qualcosa o compiva un segno, un miracolo, un gesto su cui tutti puntavano gli occhi e a cui drizzavano le orecchie, restava detto e fatto per sempre. E oggi, dopo duemila anni di cristianesimo, siamo ancora qui ad ascoltare la sua Parola e a vedere i segni della sua presenza in mezzo a noi, in ogni uomo e in ogni donna di buona volontà che ascoltano la sua parola e la mettono in pratica.
E cosa dovremmo mettere in pratica, tanto per mettere in chiaro subito le cose? Che cosa dovremmo "portare a compimento", visto che oggi iniziamo ad ascoltare - e lo faremo per tutto l'anno - ciò che Luca ha a sua volta ascoltato, raccolto e messo per scritto per i posteri?
Ciò che Gesù ha letto citando il profeta Isaia nella sinagoga del suo paese, Nazareth:
"Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l'anno di grazia del Signore".
L'esordio di Gesù è proprio il "lieto annuncio" (questo il significato della parola "Vangelo"). Il suo "post" iniziale (e potremmo dire anche "definitivo") ci dice cosa dobbiamo fare per essere "fashion", ovvero "alla moda" secondo il Vangelo: ridare la vista ai ciechi (invece di avere le fette di salame sugli occhi, evitando così di guardare in faccia alla realtà), rimettere in libertà gli oppressi (invece di rimanere schiavi delle mode e dei modi di pensare di chi, silenziosamente, ci opprime con i suoi blog, twitt, post, e cose di questo tipo), proclamare l'anno di grazia del Signore (invece di pensare che Dio si diverte solo a farci del male, prendendosi gioco do noi e dell'umanità con tutta una serie di disgrazie e di castighi), e soprattutto, portare ai poveri questo lieto messaggio (invece di ritenere i poveri degli "sfigati", degli emarginati, dei buontemponi fannulloni o ancor peggio dei delinquenti da eliminare dalle nostre strade).
Accettiamo la sfida? Personalmente, mi verrebbe spontaneo dire di sì: ma non diamolo troppo per scontato, perché quel giorno, a Nazareth, Gesù non ebbe molti followers...
Ma questa è storia di domenica prossima.