Omelia (01-01-2003) |
mons. Antonio Riboldi |
Maria, cara mamma Il Signore ci fa dono ancora di un tempo da vivere, con il nuovo anno che oggi inizia. Un dono che nasce dal suo cuore, è una grazia e dovrebbe essere tempo di gratitudine, di voglia di bene, perché si conosca quella pace del cuore, bene insopprimibile per gli uomini che Dio ama. Con Madre Teresa di Calcutta che ha saputo riempire tutti gli spazi della sua santa vita, faccio questo augurio: "Trova il tempo per pensare; è la fonte del potere. Trova il tempo per pregare. E' il più grande potere sulla terra. Trova il tempo per ridere. E' la musica dell'anima. Trova il tempo per giocare. E' il segreto della eterna giovinezza. Trova il tempo per amare. E' il privilegio dato da Dio. Trova il tempo per dare: la giornata diventa troppo corta. Trova il tempo per leggere. E' la fonte della saggezza. Trova il tempo di essere amico. E' la strada della felicità. Trova il tempo di lavorare. E' il prezzo del successo". Parole che sembrano interpretare l'augurio che viene da Dio a noi che ci sentiamo come oppressi dagli avvenimenti che turbano il nostro tempo e che il S. PAdre non ha esitato a definire i tempi dell'amarezza o del disgusto di Dio. Il Signore si rivolse a Mosè dicendo: Parla ad Aronne e ai suoi figli e riferisci loro: "Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda la pace" (Num. 6,22-27). E la voglia di pace è il grido che per fortuna oggi si fa grido della umanità che condanna ogni forma di violenza e ancora più guerre o minacce di guerre. Donateci, sembra urlino gli uomini ai responsabili della terra, la pace che è il necessario respiro dell'uomo: un respiro che a sua volta ci è stato dato nel momento della creazione; Dio ci ha fatti non per essere Caino, ma essere Abele: ossia ha voluto che noi conoscessimo cosa voglia dire essere suoi figli, Lui che è amore e vuole amore. Non è possibile che ci si abbandoni a progetti. di guerra che appaiono come gli abissi; esattamente il contrario della voglia di Paradiso che è nel profondo di tutti...anche qui, tra di noi, con la pace. Avranno la sensibilità tutti di ascoltare la voce unanime della gente? Il S. Padre nel suo messaggio che ogni anno invia per la pace, riprende i quattro pilastri su cui è necessario: i pilastri che indicò il Papa buono, Giovanni. XXIII nella sua "pacem in terris". Ricordiamoli anche noi, perché può darsi che anche nella nostra vita quotidiana qualcuno di questi pilastri manchi o facciamo nulla per costruirli. Sono: "La verità, la giustizia, l'amore e la libertà. La verità sarà fondamento della pace. Se ogni individuo con onestà prenderà coscienza, oltre che dei propri diritti, anche dei propri doveri verso gli altri. La giustizia edificherà la pace, se ciascuno concretamente rispetterà i diritti altrui e si sforzerà di adempiere i propri doveri pienamente verso gli altri. L'amore sarà fermento della pace, se la gente sentirà i bisogni degli altri come propri e condividerà con gli altri ciò che possiede, a cominciare dai valori dello spirito. La libertà infine, alimenterà la pace e la farà fruttificare se, nella scelta dei mezzi per raggiungerla, gli individui seguiranno la ragione e si assumeranno con coraggio la responsabilità delle proprie azioni" (n.3). Una costruzione questa della cattedrale della pace che chiede tanto coraggio, come è tutte le volte che ci si propone progetti che abbiano le dimensioni del cuore degli uomini. Occorre davvero che ci sentiamo tutti vivi della speranza che aggredisce i muri della disperazione. Scriveva il poeta Pablo Neruda: "Lentamente muore chi diventa schiavo della abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi e non rischia. Lentamente muore chi evita una passione o evita emozioni che fanno brillare gli occhi, che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti. Lentamente muore chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno, il sogno della pace. Lentamente muore chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare, chi passa la giornata a lamentarsi della propria sfortuna. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo...Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità che è la pace nella giustizia e nella libertà". Non c'è allora che augurarci tutti di essere costruttori di pace a iniziare in noi stessi, se ci manca, per poi costruirla nella famiglia, nella comunità ovunque siamo. E' ciò che Dio ci chiede donandovi la vita. Ma oggi la Chiesa la dedica alla festività della Maternità di Maria Santissima, Madre di Dio. Luca ci parla del Suo giusto stupore davanti al figlio che aveva appena dato alla luce e che la confondeva vedendo tutto ciò che accadeva attorno a Lui. Non si immaginava mai forse che avrebbe conosciuto la gioia sublime di essere madre e per di più Madre dell'Altissimo, nell'umiltà della grotta: là dove c'è nulla che parli della superbia dell'uomo, lì dove regna il silenzio della povertà. E' stupita dal canto degli Angeli. Non sa darsi forse spiegazione neppure della visita inaspettata dei pastori che dopo aver visto il Bambino avvolto in fasce nella mangiatoia, come era stato detto loro dagli Angeli, se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, come era stato detto loro. "Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore". Il silenzio di Maria, Madre, si fa contemplazione di fronte ad un evento che l'aveva vista protagonista, scelta dal Padre. Ma nella sua umiltà, vedendo i primi segni del mistero che certamente era in quel bambino in fasce, già si chiedeva il senso della presenza del Figlio dell'Altissimo tra di noi. L'immensa gioia che accompagna nella nostre mamme, la nascita di un figlio viene sempre accompagnata dalla trepidazione. "Che sarà di questi figli? Quali i disegni di Dio? Quale il suo futuro? A tanti fa paura questa trepidazione. Ma l'amore di una mamma ha sogni di meraviglia, quella che Dio certamente ha posto in ogni uomo che Lui genera ed a cui traccia il sentiero della santità. Certamente questi furono i sentimenti delle nostre mamme: di mia mamma che facendomi grande contemplava il disegno di Dio che si snodava in un modo che a lei sembrava difficile ma stupendo. E un giorno mi disse da Vescovo: "Antonio, sono felice di essere tua madre, ma tanto felice!" Nella prima visita che da Vescovo feci alla mia parrocchia di origine, terminata la S. Messa, uscendo di chiesa, lei mi si mise a braccetto, fiera di essere mia mamma. E in un momento di estrema felicità, come le toccasse di diritto, porgeva a tutti la sua mano da baciare, al posto della mia. "Mamma che fai? le dissi: sono io il Vescovo". La sua risposta: "Se non c'ero io, non c'eri neppure tu". L'esempio di Maria che meditava nel suo cuore il futuro del figlio, è davvero la grandezza di chi ama il dono di Dio. Viene voglia di dire un grazie di cuore alle nostre mamme per tutto questo. Nelle sicure mani di Maria, viene spontaneo oggi deporre la nostra vita, il nostro impegno la stessa pace e pregarla con le parole di Grandmaison: Santa Maria, Madre di Dio, conservami un cuore di fanciullo puro e limpido come sorgente. Ottienimi un cuore semplice che non si ripieghi sulle proprie tristezze: un cuore generoso nel donarsi: pieno di tenera compassione: un cuore fedele e aperto, che non dimentichi alcun bene non serbi rancore per nessun male. Creami un cuore dolce e umile, che ami senza esigere di essere riamato, contento di scomparire in altri cuori sacrificandosi davanti al tuo figlio divino. Un cuore grande e indomabile, che nessuna ingratitudine lo possa chiudere e nessuna indifferenza stancare. E chiedo a Lei, che è davvero Mamma di tutti, senza eccezione: che stenda il suo velo sul mondo per trasmettere tenerezza e pace. BUON ANNO. |