Omelia (10-02-2019) |
don Giacomo Falco Brini |
Si fida chi si apre alla sfida A Nazareth, in sinagoga, la parola di Dio sulle labbra di Gesù, il rotolo di Isaia tra le sue mani, gli occhi di tutti su di Lui. Oggi si è compiuta questa scrittura: l'annunciatore e l'annunciato ora sono una cosa sola. Colui che tutti attendevano in Israele è lì, davanti a loro, in carne e ossa. Ora tutto il potere creatore e salvatore di Dio sta nella parola di Gesù, nella sua persona. Una meraviglia che inizialmente ha investito persino i nazareni. Poi però, sappiamo come è andata. La parola onnipotente di Dio agisce sempre, ma gli effetti non sono gli stessi per tutti. Chi le obbedisce, coglie i frutti di ciò che essa promette e dice. Chi le disobbedisce, non sperimenta la sua potenza creatrice e salvatrice; anzi, può addirittura difendersi da essa ad oltranza, fino ad aggredire come un nemico colui che la proferisce! Ecco cosa accadde a Nazareth quel sabato. E cosa accadrà anche in seguito a Gesù, davanti al quale l'umanità comincia a spaccarsi in due parti: quelli che l'ascoltano e si aprono alla sua grazia, e quelli che reagiscono e si induriscono. In mezzo c'è la lotta spirituale per superare le resistenze interiori alle sue parole. Ma Gesù, passando in mezzo a loro, si mise in cammino (Lc 4,30). Il versetto conclusivo del vangelo di domenica scorsa è icona della sua vita futura: il Signore passerà attraverso tutto quel mondo di rifiuti e peccati umani che gli piomberà addosso. Niente può fermare la parola di Dio, fin quando ci sarà anche solo un suo discepolo sulla terra: la parola di Dio infatti non è incatenata (2Tm 2,10). Né catene, né torture, né la stessa morte può fermare la sua corsa. Cosa avrà provato Gesù nella sua umanità per il rifiuto e il tentativo fratricida della sua città? Il vangelo di oggi invece si apre con una scena favorevole. Ma non siamo più a Nazareth. C'è gente che gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio (Lc 5,1). Gesù predica loro, ma non li convoca in una sinagoga. Persino un peschereccio può essere idoneo per la predicazione (Lc 5,2). A me una volta è capitato di predicare in spiaggia, sotto un ombrellone, uditorio di circa 7-8 giovani. Ero così contento di farlo che, ignaro di non aver crema protettiva addosso, mi sono preso una scottatura solare! Qualsiasi luogo può essere adatto ad annunciare la parola, in momenti opportuni o inopportuni (cfr. 2Tm 4,2). Mi sarebbe piaciuto sentire quel giorno cosa aveva predicato dalla quella barca. Qualcosa deve aver origliato Simone mentre lavava le reti con i suoi soci (Lc 5,2). Altrimenti, perché accordargli la barca e un po' della sua fiducia al termine della sua predicazione, quando si sentì invitato da Gesù a prendere il largo per una nuova battuta di pesca? La vita di fede è così. Durante il cammino si raggiungono dei climax nei quali si è invitati a entrare per una strada assurda, illogica. Ma se non fosse così, come si avvererebbe quella parola del profeta Isaia, per bocca del quale Dio ci dice: le mie vie non sono le vostre vie, i miei pensieri non sono i vostri pensieri? (Is 55,8) Se Pietro avesse fatto parlare il ruvido e sicuro pescatore che era, a quell'invito avrebbe risposto "mandando a quel paese" il profeta di Nazareth: "vuoi forse dare lezioni di pesca a me? Tra gli iniziati, si pesca di notte, non di giorno! E poi abbiamo appena smesso di lavare le reti..." Invece Pietro, senza nascondere la frustrazione di una notte sterile di pesca, si fida della parola di quello strano profeta (Lc 5,5). Dicci Pietro, che cosa ti ha spinto a fidarti davanti a tale richiesta? Hai forse cominciato ad accreditarlo dopo aver ascoltato la sua predicazione? O la tua piccola società di pesca stava fallendo e hai tentato il tutto per tutto? Oppure avevi sentito anche tu, come tutti i galilei, che questo profeta compiva prodigi che confermavano la sua parola? Ma sulla tua parola. L'unica cosa certa è che aver rilanciato le reti in mare aperto a causa della parola di Gesù ha fatto esplodere una pesca senza precedenti (Lc 5,6-7). Pietro l'ha vista con i suoi occhi, l'ha toccata con le sue mani. Chi obbedisce alla parola di Gesù entra nel mondo dell'impossibile che diventa improvvisamente possibile. Ma c'è di più, molto di più. Al vedere questo (Lc 5,8a). Gesù non è un parolaio che vende sogni da quattro soldi. Davanti a quella pesca, Pietro avverte di essere alla presenza di qualcuno che vive in un'altra dimensione. Perciò si butta alle sue ginocchia e gli chiede di allontanarsi da lui. Sempre, quando si vive un'autentica esperienza di Dio, l'uomo avverte subito la distanza incolmabile tra se stesso e Lui, tra il proprio essere peccatore e la grandezza di Dio. Ed è proprio lo stupore generato dal segno miracoloso a immetterlo in questo stato d'animo (Lc 5,9). Gesù ha qualcosa di più grande dell'ingente quantità di pesce da donare a Pietro: non temere, d'ora in poi sarai pescatore di uomini (Lc 5,10). Il luogo del nostro peccato, il luogo dove ci si accorge di essere infinitamente lontani da Dio, il luogo dove ci si vede perduti e ci si sente indegni, è il luogo dove siamo raggiunti dal suo amore che ci chiama e ci unisce alla sua stessa missione: salvare gli uomini dagli abissi della morte. Un "onoramore" (perdonate il neologismo) ancora oggi per me incomprensibile, anche se, come dico sempre a tutti, io sono solo una canna da pesca e per giunta pure difettosa. |