Omelia (17-02-2019)
don Luciano Cantini
Rallegratevi ed esultate

Rallegratevi in quel giorno

Papa Francesco ha preso spunto proprio dalle "beatitudini" per dare un titolo alla sua Esortazione sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo, sostenendo che il Signore ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un'esistenza mediocre, annacquata, inconsistente.

Troppo spesso abbiamo dato alla santità connotati scontati, immagini prevedibili, contorni definiti; siamo propensi a buttare l'occhio sull'eroismo del martirio, la sofferenza della malattia, l'elevazione della preghiera... quando non accompagniamo l'idea di santità a visioni mistiche o fatti che superano la naturalità delle cose. Molto meno presente, nell'idea comune della santità, l'immagine della festa, della gioia, della allegria.

Papa Francesco, invece, ci aiuta a riflettere sul cammino della santità che è alla portata di tutti: I santi della porta accanto.

Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità "della porta accanto", di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un'altra espressione, "la classe media della santità"
(EeG n.7).


Beati voi

La chiamata alla santità è espressa, in questa pagina del vangelo, con le "Beatitudini". Mentre in Matteo il "discorso della montagna" occupa una parte centrale del suo vangelo, Luca ne fa una occasione di passaggio tra il discorso programmatico nella sinagoga di Nazareth e la lenta salita al calvario. In Luca le parole si fanno dirette, coinvolgenti, non sono generiche affermazioni, in linea di principio ma dirette a ciascuno di noi che oggi ascoltiamo questa parola. Il "voi" al plurale ci libera da una idea individualistica di santità che è lontanissima dal pensiero di Dio; infatti Dio ha costituito un popolo che fosse custode della Alleanza e si incamminasse sulla via della santità. Non possiamo scoprire l'identità cristiana senza l'appartenenza a un popolo.

Luca non parla di una povertà "di spirito" ma di essere «poveri» e basta (cfr Lc 6,20), e così ci invita anche a un'esistenza austera e spoglia. In questo modo, ci chiama a condividere la vita dei più bisognosi, la vita che hanno condotto gli Apostoli e in definitiva a conformarci a Gesù, che «da ricco che era, si è fatto povero» (2 Cor 8,9). Essere poveri nel cuore, questo è santità (EeG n.70).

Gesù non loda la situazione di indigenza conseguenza dell'egoismo di altri contro cui bisogna agire, non condanna le gioie di cui possiamo godere nella nostra vita, neppure dirci che la beatitudine sarà qualcosa di cui godremo solo in cielo o qualcosa di solamente spirituale. La beatitudine sfugge alle logiche umane; se si ritiene di essere felici quando si ha tutto ciò che si desidera, al contrario la gioia risiede nel donare tutto. Gesù si mette dalla parte di coloro che lasciarono tutto e lo seguirono (Lc 5,11).


Beati voi, quando gli uomini vi odieranno

Il cristianesimo non si vive quando tutt'intorno ci sono le condizioni favorevoli, la fede non va nella stessa direzione delle cose umane.

In una società alienata, intrappolata in una trama politica, mediatica, economica, culturale e persino religiosa che ostacola l'autentico sviluppo umano e sociale, vivere le Beatitudini diventa difficile e può essere addirittura una cosa malvista, sospetta, ridicolizzata (EeG n.91).

Siamo testimoni, ancora oggi, delle persecuzioni contro i cristiani: ci sono fatti di sangue che in tante parti del mondo si manifestano contro i cristiani, siano essi cattolici, o evangelici o copti... Coloro che perseguitano Cristo nei suoi fedeli non fanno differenze di confessioni: li perseguitano semplicemente perché sono cristiani (papa Francesco 20.11.14). Non è un problema che deriva dall'Islam né alcun'altra religione: cercano di giustificare con la religione i loro atti criminali, ma in realtà è l'infelicità personale a dare le mosse a tale nefandezza.

C'è anche un modo più sottile quando metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame. Passare da persone ridicole, fuori del tempo e della storia è esperienza comune nella nostra società, che magari si è appropriata dei simboli cristiani riducendone la portata. Invettive e parole d'odio sono diventate virali, in una irrazionale crescita del populismo pur sbandierando simboli di amore.

Contro l'individualismo di questa epoca postmoderna che tende a isolarci dagli altri dobbiamo essere gelosi custodi dei piccoli gesti di amore, delle parole capaci di costruire legami, occorre imparare a conoscersi meglio per poter così prendersi cura gli uni degli altri.